Federico Ercole per Dagospia
William McKinley, il venticinquesimo presidente degli Stati Uniti, è ricordato per le sue politiche economiche protezioniste estreme, per la soffocante campagna elettorale con con la quale vinse le elezioni, per la guerra contro gli spagnoli a Cuba e per essere stato assassinato da un anarchico polacco chiamato Leon Czolgosz. Durante i mandati di McKinley tuttavia l’America del profitto prosperò. Questo aneddotico “incipit” storico è utile per spiegare un contesto fantascientifico, ovvero il futuro remoto è un po’ western di The Outer Worlds, gioco di ruolo appena uscito per Switch Nintendo ma già disponibile per PlayStation 4, XBox One e PC.
Nel videogame la sorte di William McKinley è infatti l’evento dal quale si scatena l’ucronia, che significa una storia alternativa del mondo modificata da un evento particolare, come ad esempio ne La Svastica sul Sole di Philip Dick o in Wolfenstein, entrambe opere dove i nazisti hanno vinto la guerra invece di essere sconfitti dagli alleati.
In The Outer Worlds il presidente McKinley non viene ucciso dall’anarchico, Theodore Roosvelt non gli succede e gli Stati Uniti evitano la grande depressione, diventando una potenza economica ancora più aggressiva, classista ed egemonica, fondata sulle corporazioni e il colonialismo.
Quest’America super-capitalistica giungerà, grazie alle sue tecnologie, fino nello spazio profondo, occupando e industrializzando i pianeti del sistema di Alcione. È su una nave di coloni che comincia la nostra storia, perché uno scienziato ribelle e ricercato ci risveglia dall’ibernazione rivelandoci di essere stati abbandonati alla deriva nel vuoto per decenni insieme ad altre centinaia di esseri umani, scartati come accessori mai utilizzati e sostituti da altri più convenienti.
DIALETTICA E PROIETTILI
The Outer Worlds è un “open world” contenuto malgrado la sua dimensione galattica ci offra la possibilità di viaggiare tra i diversi pianeti di Alcione; non si tratta quindi di un gioco di ruolo immenso e lo si può completare in una ventina di ore, seguendo la scia variabile di una più che pregevole narrazione fantascientifica ispirata alla letteratura di Robert Scheckley, Frederick Brown o Douglas Adams, una sci-fi il contaminata da umorismo e acute speculazioni socio-politiche.
Tuttavia il sistema planetario di Alcione offre decine di missioni secondarie, vere e proprie novellette all’interno del romanzo interattivo che prolungano notevolmente l’esperienza, alimentano il fascino della cornice e consentono al giocatore di personalizzare con più profondità il proprio personaggio. Inoltre le attività opzionali possiedono la stessa qualità di scrittura già evidente durante lo svolgimento della trama principale, ed è proprio in questo andamento letterario, composto da dialoghi comici e surreali, sarcastici e illuminanti, critici e talvolta persino filosofici, il valore artistico più brillante di The Outer Worlds.
I panorami alieni sono gradevoli e talvolta ispirati però può anche capitare che siano insignificanti, il combattimento con le armi da fuoco o da mischia è dilettevole ma non entusiasmante e poco realistico, le creature mostruose non troppo varie e numerose, invece non c’è mediocrità nelle parole che scambiamo su Alcione perché sono memorabili ed esemplari come quelle di un grande libro di fantascienza. Quindi, invece di specializzarsi troppo su pistole e fucili o sulle fallimentari e sciatte abilità “stealth”, conviene invece consumare i punti esperienza aumentando il carisma e l’arte della dialettica, così da trarre la massima soddisfazione dall’interazione con i personaggi e riuscire a “vincere” il gioco quasi solo con le parole.
Su Nintendo Switch The Outer Worlds appare inevitabilmente più povero, almeno in superficie, che sulle altre piattaforme; ma giocarlo in portatile e con le cuffie trasforma l’esperienza in maniera sorprendente, favorendo inoltre quell’illusione di vivere un’avventura letteraria.
L’ARTE DI OBSIDIAN
The Outer Worlds è l’ultimo lavoro della californiana Obsidian Entertainment già responsabile di grandi giochi di ruolo come Fallout New Vegas, Pillars of Eternity, gli eccezionali South Park, il sottovalutato spionistico Alpha Protocol.
Non si tratta del capolavoro di Obsidian, ma questa giocosa fantascienza ironica, ispirata e impegnata anche quando più spassosa, riesce a distinguersi e ad appassionare con le sue innumerevoli letture e possibilità di interpretazione, così che The Outer Worlds risulta assai più avvincente e godibile di tanti giochi di ruolo “open-world” milionari dall’intreccio narrativo così diluito e insignificante da togliere al giocatore la volontà e il desiderio di concluderne il racconto, lasciandolo smarrito nel grigiore di una vastità senza scopo né causa.