Federico Ercole per Dagospia
C’è un preludio “anime” in un teatro dell’opera di Tokyo, cosa assai bizzarra per un videogame che verterà sul pop giapponese, ma efficace nel restituire un sentore di melodramma imminente o nel porre le basi di una tragedia e ci ricorda inoltre il lontano e indimenticabile Parasite Eve.
Tra il pubblico, illustrato come una serie di ombre indistinte, siede una ragazzina che assiste estasiata alla rappresentazione quand’ecco che si scatena un incubo in stile Leftovers, precipitandoci nelle zone più oscure dei confini della realtà: dapprima gli spettatori, poi l’orchestra e infine i cantanti cominciano a dissolversi in un nulla, scomparendo uno dopo l’altro e il teatro infine resta vuoto, se non per la giovane, sconvolta ragazza che ha visto l’adorata sorella, star dell’opera, cessare di esistere davanti ai suoi occhi.
La ragazzina si chiama Tsubasa e la ritroviamo cinque anni dopo, ormai diciottenne e pettoruta. Tsubasa è uscita a stento dalla depressione grazie all’amicizia dell’amico Itsuki che cominceremo a controllare proprio alla ricerca di questa, decisa a partecipare ad un provino per diventare una cantante, come la sorella scomparsa, una “Idol”, ovvero quelle stelle (bravissime, bellissime, spesso sfruttate fino all’esaurimento da biechi agenti) che trascorrono come meteore nel panorama della musica pop giapponese.
Ma durante il concorso ritorna l’orrore: il presentatore dell’evento, già mellifluo, si trasforma in una parodia mostruosa e perfida di se stesso e le persone cominciano di nuovo a sparire. Si apre una porta verso chissà quale altrove, dove anche Tsubasa è risucchiata, così nei panni di Itsuki, la seguiamo. Sono trascorsi solo dieci minuti e siamo già coinvolti in un stramba ma innegabile epica, sommersi di nozioni che fatichiamo a razionalizzare e pronti a combattere.
Torna quindi su Switch Nintendo in una versione ampliata, quel Tokyo Mirage Sessions FE che uscì sulla povera e incompresa Wii U nel 2015 e al quale in occidente allora giocarono in “poche dozzine”. Si tratta di una fusione, tra la saga strategica di Fire Emblem e Shin Megami Tensei, serie Atlus di videogame di ruolo dalla potente identità artistica ambientati solitamente tra giovani giapponesi, fondendo il quotidiano con deliranti quanto affascinanti universi fantastici.
E’ un “crossover” sbilanciato a favore di Shin Megami Tensei, tuttavia il risultato è un videogame dai contenuti bizzarri e originali, un passatempo squisitamente lisergico che non nega il piacere strategico del gioco di ruolo classico e neppure una narrazione appassionante e imperdibile per chi ama la cultura giapponese contemporanea.
SETE DI “PERFORMA”
La mole di temi e contenuti di Tokyo Mirage Sessions è travolgente, ma non confusionaria per come riesce a miscelare un presente quasi plausibile e quindi comprensibile, con meravigliose astruserie. La migliore è il concetto di “Performa”, alla base di tutto l’intreccio narrativo e delle dinamiche ludiche. Il Performa è descritto come l’energia che muove e alimenta la creatività artistica dell’essere umano, una sostanza metafisica ambita da malvagie presenze extra-dimensionali, la forza responsabile delle sparizioni, che si nutre di creatività e idee.
Il potere del Performa trasfigura in eroi sovrannaturali i ragazzi protagonisti del gioco, divenuti vascelli in grado di accogliere in essi degli spiriti guerrieri immemori provenienti dall’immaginario fantasy di Fire Emblem; d’altronde, ci dice un personaggio del gioco, che: “tra le più ancestrali testimonianze di arte performativa c’è quella della danza nei rituali religiosi, con l’obiettivo di invocare il potere di dio nel danzatore”.
Ecco quindi che i protagonisti del gioco, per diventare più forti, oltre che combattere mille battaglie, dovranno diventare anche cantanti, attori, ballerini, insomma idoli pop amati da migliaia di fan. Cosa non difficile poiché l’agenzia segreta che si occupa di sventare la minaccia dall’altrove è anche una celeberrima casa discografica delle Idol più note e agenzia di lancio per i nuovi talenti.
Questa narrazione sbilenca, tra il materialismo e il lavoro quotidiano di un’industria crea-stelle e fanatismo otaku, tra concerti di canzoni nippo-pop cantate da sensuali e carismatiche “idol” dalle forme generose e vagamente ostentate in un erotismo sfumato, e la dimensione mostruosa e simbolica di un favoloso psicanalitico e giovanilistico, favoriscono un’esperienza piacevolmente allucinata e profonda.
Tokyo Mirage Sessions FE è uno spettacolo estetico per i suoi panorami, le creature e i personaggi, grazie allo stile “manga” quasi astratto e policromatico di una direzione artistica che non necessita di tecnologie avveniristiche o di 4K per evidenziare il suo splendore. Eccezionale è anche la colonna sonora, tra inquietudini elettro-rock-horror, i motivetti pop più melensi e accattivanti, qualche rarissima deriva nel sinfonico.
L’ARTE CI TRAE SEMPRE VERSO L’ALTO
Come da tradizione i combattimenti sono a turni, strutturati in maniera da favorire la riflessione per una reazione tattica contro l’avversario sempre meditata. Le battaglie, seppure nella loro lentezza strategica, risultano varie e spettacolari, sia per la varietà e la bizzarria del bestiario che per gli effetti visionari delle magie e degli attacchi. Si combatte molto e si legge molto (i sottotitoli sono solo in inglese), perlustrando piccole zone della “vera” Tokyo e vastissimi, talvolta ripetitivi ma sempre immaginifici labirinti.
Nel frattempo, mentre diventiamo artisti migliori, acquisiamo le abilità necessarie per proseguire contro i nemici più cattivi in un crescendo emozionale e non solo ludico, perché la follia non convenzionale nell’intreccio e la non scontata caratterizzazione dei personaggi alimentano una forte empatia per decine di ore d’esperienza che nella forma portatile di Switch risultano “perfette”, inducendoci perplessi e dispiaciuti a chiederci perché Atlus non porti il suo Persona 5 sulla console di Nintendo
Tokyo Mirage Sessions è uno dei giochi di ruolo giapponesi più ispirati e coinvolgenti del millennio, con Ni No Kuni, Dragon Quest XI, Persona 5 e Xenoblade 2, ma brilla unico, una stella solitaria, per il suo significato più alto: l’arte, qualsiasi sia la sua forma, chiunque e in qualsiasi modo la faccia o provi a farla, è la sostanza più importante dell’universo.