Federico Ercole per Dagospia
Cronaca di una storia d’amore ai tempi della schiavitù sulla superficie rotta un pianeta invaso e colonizzato da trecento anni: c’è una ragazza bionda traditrice del suo popolo di invasori che è piagata da una maledizione così che nessuno può toccarla senza sofferenza perché dal suo corpo scaturiscono aculei di energia fulminante, e poi c’è uno schiavo immemore con una maschera di ferro che tuttavia è insensibile al dolore.
Questa coppia “perfetta” che forse si ama da subito ma il cui romanzo sentimentale si evolve nel corso di decine di ore, è in grado di evocare una lama fiammante, che diviene simbolo di rivalsa e ribellione per la gente ghettizzata e sfruttata. E’ con questo incontro tra due persone tormentate e afflitte che comincia Tales of Arise, per Playstation 4 e 5 e le serie di Xbox, nuovo episodio di una celebre serie di giochi di ruolo giapponesi di Namco Bandai, un’epopea che malgrado lo scenario fantasy/fantascientifico racconta le miserie e le grandezze dell’essere umano con raffinatezza romanzesca.
Alla suddetta coppia, ovvero Shionne ed Alphen (lui perderà presto parte della maschera mostrando così il volto), si aggiungeranno altri personaggi tragici e tratteggiati con profondità tale da renderli indimenticabili nella forse effimera ma così vera e vitale memoria di giocatori, come il giovane Law con i suoi struggenti sensi di colpa, la maga orfana Rinwell, il patetico e illuminato regnante apostata Dohalim e la corazzata guerriera Kisara in lutto per la morte del fratello.
Insieme questi eroi componenti una dolente compagnia intraprendono un epico viaggio salvifico da liberatori degli oppressi, intessendo un grande affresco videoludico che si aggiunge a Dragon Quest XI, Xenoblade Chronicles 2, Persona 5, Yakuza Like a Dragon e Final Fantasy VII Remake nel favoloso insieme dei migliori giochi di ruolo giapponesi degli ultimi anni, quelle storie che vanno oltre il videogame, divenendo esempi di un nuovo “epos” universale.
Tales of Arise è un videogame grave, perché affronta temi complessi, ma non esclude una rara leggerezza, siparietti comici che talvolta lo alleggeriscono, alleviando così, solo per brevi istanti, il dramma e l’afflizione che anima un mondo di schiavi.
PAROLE, MUSICA, AZIONE E VISIONE
La mole della sceneggiatura di Tales of Arise è impressionante, più lunga e varia dei più riusciti episodi della serie come Symphonia, Graces o Abyss, e potrebbe comporre un tomo di centinaia di pagine. Gli innumerevoli e frequenti dialoghi sono rappresentati attraverso animazioni che utilizzano lo stesso motore grafico del gioco o da prolissi quanto illuminanti siparietti nello stile di un “manga”.
I vertici spettacolari della narrazione sono invece affidati a segmenti di “anime”. Anche mentre si esplora le discussioni sono frequenti. Si tratta quindi di un videogame dal racconto prolisso ma mai stancante, che favorisce un’identificazione molto forte con i personaggi, l’idea di conoscerli sempre di più, negando il pericolo che questi siano percepiti solo come manichini numerici disegnati con stile e alimentando inoltre l’idea avventurosa del loro viaggio.
Tutti i dialoghi sono tradotti in italiano (bravi i traduttori) e doppiati sia in giapponese che in inglese.
La verbosità poetica e introspettiva del racconto è bilanciata dall’azione dei combattimenti che è magnificamente sfrenata, strategica e talvolta allucinatoria per una magniloquenza cromatica ed effettistica.
Si tratta di scontri durante i quali possiamo controllare solo un personaggio che corre, salta, rotola e produce pirotecniche combinazioni di azioni offensive e difensive, mentre ci è comunque possibile gestire solo in parte gli attacchi dei compagni, per lo più mossi da una puntuale intelligenza artificiale.
Si combatte spesso mentre si esplorano vaste aree dai panorami suggestivi: deserti bruciati dallo sfruttamento intensivo, valli ghiacciate oscurate da una notte perpetua, boschi ameni e prati fioriti, paludi, giungle, spiagge e o poi oltre, verso le iper-tecnologiche lande di un altro pianeta.
Ci sono castelli, labirinti sotterranei, innumerevoli città e villaggi. Giungere in un posto nuovo è sempre fonte di un’estasi della scoperta, di un’ammirazione estetica.
E infine la musica, una partitura immensa ed ispirata di Motoi Sakuraba che percorre tutta l’epopea allacciandosi alle immagini e alle parole con un’efficacia travolgente, risultando intimistica, spaventosa o solenne mentre i suoi timbri sinfonici rimandano talvolta a Brahms e altre a Bach, a Wagner o a Sibelius, ricordando i cori “tolkieniani” di Howard Shore con la sua colonna sonora del Signore degli Anelli o le agghiaccinanti melodie di Bernard Hermann per Psycho.
POCHE OMBRE TRA TANTE LUCI
Dispiace che in Tales of Arise ci siano anche dei rari ma non trascurabili difetti, sebbene questi non scalfiscano la validità totale dell’opera. Ma è proprio per l’innegabile eccellenza del videogame che risulta tediosa la poca varietà dei nemici comuni, perché ci sono davvero poche categorie di avversari e spesso il loro modello viene addirittura riciclato con una coloritura diversa. Invece, a bilanciare la scarsità del bestiario, ci sono molti e cattivissimi “boss” dal disegno unico che propongono sfide impegnative e varie.
A chi scrive è inoltre apparso “avaro” il sistema del guadagno dei punti che servono per padroneggiare le abilità e addirittura “avarissimo” il sistema per la remunerazione dei personaggi, perché la valuta per acquistare le fondamentali pozioni e le armi più potenti è sempre scarsa, facendoci esercitare in una parca amministrazioni di poveri beni. Ma si potrebbe vedere questa povertà virtuale come una scelta ludica per aggiungere realismo all’avventura.
Tales of Arise è comunque, per le settanta ore circa necessarie per giungere al suo epilogo, un’esperienza che non cessa mai di meravigliare e sconvolgere, di commuovere, indignare e appagare. Si tratta di un gioco di ruolo giapponese irrinunciabile per gli appassionati pluriennali del genere o per chi questo vuole scoprire, intuendone così il valore diegetico, ludico ed estetico per la prima volta con un’opera che sarà facile lo induca ad un longevo e nuovo amore.
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