Federico Ercole per Dagospia
Soffia un vento sempre più nero sul videogioco. Continuano i licenziamenti e solo questa settimana Riot Games ha allontanato 430 dipendenti chiudendo così Riot Forge, responsabile della serie di A League of Legend Story, mentre Microsoft/XBox ne a ha fatti fuori addirittura 1900.
Nel frattempo un brutto ma molto “paraculo” gioco senz’anima dalle meccaniche trite ma per molti gradevoli e realizzato copiando e abbrutendo gli esemplari del bestiario fantastico più vasto e vario di sempre, quello dei Pokémon, vende sette milioni di copie in sette giorni: il fenomeno ma non certo fenomenale Palworld, che potrebbe indicare il futuro prossimo dei videogiochi grazie al suo clamoroso successo, in grado di subissare quello di opere notevoli e pluripremiate come ad esempio Alan Wake II, per ora sotto il milione.
Ma che dire, mai prendersela con il pubblico che ha tutto il diritto di volere questa roba “disgustosamente volgare”, come l’ha definita Sam Barlow, autore di quel capolavoro che è Immortality e di altre cose belle, un’opera che ci ha fatto giocare con l’immagine del cinema, i suoi corpi e i suoi fantasmi ma che per qualche campione della critica “fa dormire”.
Così un po’ depressi dalle nubi di tempesta sospese sul videogame, temendo inoltre il peso che avrà l’inevitabile utilizzo delle IA generative sull’originalità e qualità artistica del gioco elettronico, questa volta scriviamo di un fumetto, o meglio un “manga”, ispirato da una delle opere interattive più originali, poetiche, filosofiche e persino divertenti da giocare (sebbene nel pessimismo e nell’esistenzialismo della sua storia non ci sia proprio nulla di spassoso) degli ultimi anni, ovvero NieR Automata di Yoko Taro. Perché i grandi videogiochi dovrebbero generare soprattutto pensieri ed altra arte oltre che meritati introiti, non commenti ridicoli sui social media.
YORHA ASSALTO A PEARL HARBOR
Disegnato da Megumo Soramichi, tratto da una storia originale di Yoko Taro e dallo stesso supervisionato, YoRHa Assalto a Pearl Harbor funge da preludio agli eventi narrati in NieR Automata. È uscito finora in Italia, pubblicato da J-Pop, solo il primo volume di una serie che verrà distribuita con un andamento bimensile, ma che già propone una sua visione spettacolare e artistica degna delle più originali e profonde invenzioni videoludiche di Yoko Taro, alimentando il desiderio di proseguire al più presto nelle sue vicende epiche quanto intimiste.
Nella fantascienza umanista senza umanità di NieR siamo oltre il decimo millennio e il pianeta Terra è stato invaso dalle bio-macchine assemblata da una specie aliena come manovalanza per conquistarlo. I pochi superstiti terrestri si sono rifugiati su una base lunare, costruendo gli YoRHa, androidi antropomorfi super addestrati, per lanciare una controffensiva.
È proprio durante un’operazione di atterraggio per attaccare le bio-macchine che comincia questo manga, ma la reazione nemica risulta imprevista e di una squadra composta da innumerevoli androidi YoRHa solo quattro sopravvivono, costretti comunque dal comando a completare una missione che parrebbe insormontabile, non fosse per la scoperta che sulla Terra permane una resistenza androide di una generazione precedente, anche questi abbandonati dopo un disastro. Così ecco che pagine dal colossale disegno marziale, apocalittico e robotico si alternano ad altre, altrettanto riuscite, di momenti drammatici e dialettici, assecondando quella stessa ritmica di azione e introspezione che caratterizza i videogiochi di NieR e il loro profondo fanta-esistenzialismo tra Dick e Jaspers.
DONNA E ANDROIDE
Sono tutte donne, per ora, gli androidi di questo promettente manga che, conoscendo l’opera di Yoko Taro, sarà difficile perda il filo della sua narrazione e cessi di sorprendere per idee e invenzioni.
Ci sono No. 2 che eredita i “privilegi” del comando con la sua dolce insicurezza e una katana, l’ottimista No.4 con il suo spadone, la sfacciata e scurrile ma amichevole No.16 armata di fucile e la strategica No.21. Possiedono tutte una loro sensualità esplicita, graziosa e danzante, che collide con il loro essere oggetto di guerra in maniera quasi “ossimorica” e lirica, androidi che rivelano una squisita umanità solo quando si tolgono il visore che cela i loro occhi come una benda nera. Assai affascinante e tragica è anche la squadra della resistenza, soprattutto la tenera e sorridente Lily che nasconde un terribile passato di sevizie e la bellissima quanto corpulenta Daisy, le cui forme differiscono dal “corpo di riferimento” in quanto modello sperimentale pensato per la difesa.
Nell’attesa di una nuovo lavoro interattivo di Yoko Taro e nella speranza che quanto c’è di bello, originale e unico (anche quando derivativo ma almeno in maniera appassionata e ispirata) non collassi nella squallida ma conveniente palude dell’insulso, YoRHa Assalto a Pearl Harbor è una squisita lettura, una preziosa prova dialettica tra i modi del gioco e quelli del fumetto giapponese.