Federico Ercole per Dagospia
Il picchiaduro contemporaneo con il suo agonismo marziale e spassoso sta sostituendo la temibile tombolata degli interminabili post-cenoni natalizi e dei soporiferi pranzi domenicali, ma non giocate Mortal Kombat 11, soprattutto se c’è la piccola Teresa o il secolare zio Eusebio, perché la prima potrebbe ricavarne un trauma e il secondo dispiacersi perché “in quello dell’altra volta c’erano femmine avvenenti e un po’ svestite”.
Potete giocare l’intramontabile Street Fighter, il tecnico Tekken, addirittura Soul Calibur ma non Mortal Kombat, questo conservatelo per gli amici nottambuli e festosi che vi passano a trovare poco prima dell’alba o per la notte di Halloween, perchè si tratta di un videogame dalla violenza estrema e castigato, senza una minima sensualità.
A prescindere da ciò, Mortal Kombat 11 per Playstation 4, Switch e Xbox One è il picchiaduro più “grandguignolesco” , godibile e spettacolare di questa generazione di hardware, la più sofisticata e completa palestra virtuale per esercitarsi nelle arti marziali numeriche in compagnia, da soli e in rete, un videogame che nel suo genere, considerate le sue qualità ludiche, è quasi impeccabile.
TRA CINEMA E MAZZATE
Può essere noioso in alcuni picchiaduro giocare la modalità “storia” pensata per il giocatore singolo, perché spesso non è narrata con passione e perizia, costringendoci a seguire storie surreali dilatate e prolisse, con una regia fiacca, quando questa c’è. Ciò non accade nei giochi di NetherRealm, responsabile della rinascita di Mortal Kombat e di Injunstice, il picchiaduro superumano dedicato agli eroi e ai malvagi di DC Comics.
Ancora di più che nelle altre opere di NetherRealm la narrazione, illustrata attraverso segmenti più o meno lunghi di cinema in computer graphic dall’impatto spettacolare e visionario davvero hollywoodiano, risulta integrata all’azione. Quando uno dei personaggi che controlliamo in quel frangente narrativo, nella cornice di una delirante quanto suggestiva trama a base di paradossi temporali, l’immagine si congela nelle due dimensioni (tanto che sembra di passare dall’immagine mobile del cinema a quella che possiamo osservare quando sediamo davanti al palco di un teatro) e comincia l’incontro marziale.
Gli scenari, barocchi nella loro sovrabbondanza di dettagli, accolgono i lottatori con una coerenza visiva inedita in altri picchiaduro bidimensionali e sono vari ed ispirati; dall’arena di un colosseo di un’altra dimensione al covo ripugnante di ragni giganti, da una fabbrica di androidi alle segrete di un tempio shao-lin; ce ne sono molti e tutti possiedono un valore estetico che li distingue.
La modalità “storia” di Mortal Kombat 11 ha più idee visionarie e cinematografiche di tanti cine-comic del passato recente.
MILLE MODI DI MORIRE (MA PER FINTA)
Ciò che distingue Mortal Kombat dagli altri picchiaduro è proprio la sua violenza così esplicita e “gore”. Ci sono momenti in cui l’azione rallenta e la macchina da presa virtuale “zooma” sul trauma causato dal colpo del combattente, addirittura radiografando le ossa che si infrangono, i denti che si rompono, l’occhio che se va. Ma l’apice spettacolare di questa violenza così iperbolica da risultare incredibile, sono le cosiddette “fatality”, attacchi unici e devastanti illustrati con lunghe, impressionanti animazioni. E’ difficile pensare che dopo essere stato squarciato in due da un cappello dalle tese metaliche e affilate o pestato sul cranio finchè il cervello non fuoriesce dopo un’eviscerazione preventiva, un personaggio possa tornare a combattere nel prossimo round, magari solo un po’ contuso. Tuttavia è questo filtro totalmente favoloso che redime Mortal Kombat da una gravità che lo penalizzerebbe e la violenza, sebbene non sia stilizzata ma così realistica nella sua rappresentazione, diventa innocua (per un pubblico adulto), uno spettacolo horror laddove tuttavia non c’è brivido, tensione o paura.
UNA SCHIERA DI LOTTATORI TRA PASSATO E PRESENTE
Tornano tanti dei guerrieri leggendari di questa saga che verte sullo scontro tra le forze della Terra e quella del Regno Esterno, un’altra dimensione più belligerante della nostra. I modelli dei personaggi sono un prodigio sul fronte delle animazioni, tenendo conto inoltre della loro dimensione, che occupa buona parte dello schermo senza negare tuttavia la dignità agli scenari.
Uomini, donne e creature mostruose possiedono un carisma marziale che va oltre ogni categoria di genere, fatto che ribadisce come il picchiaduro sia il genere videoludico che meno si presta alle accuse di sessismo, perché le donne possiedono una forza che non è assolutamente minore a quella degli uomini e possono affrontare e sconfiggere questi ultimi senza discriminazione alcuna.
Tutti i personaggi soffrono, segno dei tempi, di una monacale assenza di sensualità, sono disegnati per restituire un’idea di potenza che esclude ogni erotismo perchè oggi è più facile scandalizzarsi e indignarsi per una tetta intravista durante un montante o un calcio rotante, che per una clavicola infranta al rallentatore e mostrata attraverso i raggi X.
Alcuni dei personaggi storici della saga, grazie all’escamotage del paradosso temporale, affronterà il se stesso più giovane o nella versione malvagia e zombificata.
UN PICCHIADURO ESEMPLARE
E’ un peccato che anche in questo travolgente undicesimo Mortal Kombat ci sia l’intrusione sgradevole delle micro-transazioni, alle quali si deve lo sbilanciamento della progressione in alcune modalità. Si tratta di spese assolutamente opzionali, certamente, ma antipatiche quando diventano necessarie per chi vorrebbe completare il gioco in ogni suo aspetto senza doverci trascorrere 700 ore, delle quali almeno 300 tremendamente ripetitive e frustranti.
Sembra tuttavia che gli sviluppatori di NetherRealm stiano lavorando affinché le ricompense che i giocatori possono ottenere durante il gioco siano più frequenti e generose, in modo da non favorire l’utilizzo della spesa online, vedremo e speriamo perché, esclusa questa dinamica commerciale che sta cominciando ad affliggere e squilibrare troppi videogame, Mortal Kombat 11 è un lavoro immenso, degno di essere premiato da pubblico e critica per la sua innegabile “grandeur”.
Opera rigorosamente per adulti, il videogioco di NetherRealm è la nuova evoluzione di una saga storica e non convenzionale, persino rivoluzionaria nella sua violenza, un picchiaduro che raggiunge lo stato dell’arte nel suo genere ancestrale, un territorio per lo più nipponico dove esso è sempre stato un’eccezione, mostruosa.