Federico Ercole per Dagospia
Chi ha voglia di videogiocare, oggi? Anche per distrarsi e divertirsi bisogna essere dell’umore giusto, ed “entrare” in un altrove elettronico risulta più difficile quando un presente in crisi ci richiama alla realtà, notizia dopo notizia, una peggio dell’altra. E non si tratta solo di un virus che ci costringe a vivere un’emergenza finora impensabile, ma di guerre rimosse e poco narrate come in Siria, invasioni apocalittiche di cavallette, follie xenofobe e omicide sempre più diffuse e il clima che si ammala con una velocità drastica.
Videogiocare può essere un balsamo, una dolce fuga, ma solo se le emozioni ci consentono di distrarci e di dilettarci nel gioco, altrimenti questa attività ludica è solo un inutile fantasma numerico, un seme senza terra su cui crescere, l’allucinato sogno ad occhi aperti di un insonne cronico.
In ogni caso, dal passato, tornano tre capolavori dell’arte elettronica, dell’astrazione che danza, dell’avventura e della sensualità. Un diabolico, carnale e metallico trio rimasterizzato per le nuove piattaforme di gioco: Vanquish, Devil May Cry 3 e Bayonetta. E se avete ancora voglia di giocare, se il presente non vi pesa troppo, si tratterà di una dionisiaca corsa sfrenata sulla ruota panoramica definitiva dell’azione videogiocosa.
DEVIL MAY CRY 3 SPECIAL EDITION
Uscita durante il 2005 per Playstation 2, l’anno dell’influenza aviaria, la terza avventura di Dante dopo un deludente ma neanche troppo secondo episodio è la più estrema e visionaria della sua comunque notevole carriera di mezzo uomo e mezzo demone. Qui Dante è giovane e più sfrontato che mai, ma già eroico e orientato verso il bene, diversamente dal bluastro fratello Vergil, qui introdotto.
Una guerra fratricida condotta tra gli interventi di diavoli e angeli ugualmente abominevoli, che diviene un’epopea di lucida allucinazione, dove l’azione diviene metafisica in un rituale violento, talvolta terreno e altre celeste, trascorrendo per architetture urbane devastate, per le interiora “collodiane” di cetacei mostruosi, per una torre le cui scale mutano in impossibili rampe alla Escher.
La versione attuale di Devil May Cry 3 è uscita per Switch Nintendo e si tratta della migliore in commercio (le altre erano comunque “masterizzazioni” più pigre e poco efficaci nella restituzione dell’arte di Hideaki Itsuno e compagnia), un videogame imprescindibile su questa duplice console, soprattutto se scegliete di viverlo nella sua dimensione portatile e con le cuffie al massimo volume, trasportati dai suoni metal-elettrici delle sue musiche e da quelli della grande spada e delle armi da fuoco di Dante.
Questa volta c’è la possibilità di cambiare tipologia marziale durante i combattimenti in una frenesia stilistica e liquida di movimenti offensivi che ci illudono di una potenza micidiale, salvo poi realizzare che senza lucidità si cede all’attacco di nemici mostruosi: gemelli decollati, ittici organi interni vomita raggi verdi, vampire ammantate di pipistrelli che quando crediamo sconfitte ci succhiano fameliche e gaudenti l’energia vitale.
Memorabili e degni di essere estrapolati dal videogioco, per essere ammirati dai cinefili non consci del videogioco come post-cinema, sono gli intermezzi non interattivi diretti da Yuji Shimomura, dove la velocità si piega al rallentamento, quasi alla stasi, per poi riprendere a scorrere in un’alterazione del tempo che trascende la narrazione per diventare visione pura.
VANQUISH
Dopo dieci anni torna quest’opera iper-cinetica e cibernetica di Platinum Games e Shinji Mikami, inventore di Resident Evil, per Playstation 4 e Xbox One. Si tratta di uno sparatutto in terza persona che può illusoriamente ricordare Gears of War ma che brilla algido di una sua unicità e talvolta, per la ritmica degli incontri, risulta quasi un Resident Evil 4 accelerato al massimo, fino al parossismo.
Ambientato alla fine del secolo durante un bellicoso ritorno della guerra calda e fredda tra Stati Uniti e Russia, ci muoviamo nell’esoscheletro potenziatissimo di Sam Gideon della Darpa che ha dieci ore di tempo per sventare l’attacco distruttivo dei neo-sovietici “Stella Rossa” contro New York, un esercito già responsabile della distruzione di San Francisco. O così crediamo, perché la sceneggiatura di Vanquish rivelerà spiazzanti e non convenzionali colpi di scena, fino ad un finale che permane tra i più potenti e politici della storia dei videogiochi.
Nella sua rielaborazione per le odierne macchine da gioco Vanquish risulta impressionante da guardare, tanto da illuderci che sia un videogame nuovo, mentre ci esalta con la potenza “blastatoria” della sua qualità giocosa. Distruggendo cyborg, robottoni e umani meccanicizzati con un vario e letale armamentario, proseguiamo tra deflagrazioni e suoni assordanti per gli ambienti ricurvi di un gigantesco satellite artificiale.
Durante i primi atti saremo in compagnia di un piccolo, chiassoso e ambiguo esercito di soldati dell’esercito americano ma questi alleati non risultano un ingombro, considerata la sovraumanità del protagonista, e favoriscono la ricchezza degli elementi mobili tra gli scenari. Ma ad un certo punto ci troveremo da soli contro tutti in un pirotecnico e squilibrato festival della distruzione. Da recuperare o amare di nuovo e ancora di più, Vanquish è un’altra prova del genio di Mikami e dell’arte ludica impareggiabile di Platinum Games nel rendere giocabile e intuibile l’azione più convulsa.
BAYONETTA
Insieme a Vanquish ritorna anche Bayonetta, il capolavoro assoluto di Platinum Games, con lo stesso trattamento e per le stesse console. Bayonetta è la strega che avrebbe potuto inventare Russ Mayer, una Audrey Hepburn femminista ed emancipata che con la sua sfrenata carica erotica, la sua grazia e la sua dolcezza annienta orripilanti schiere di angeli, cherubini e serafini in stragi che sono danza dionisiaca e manifesto di ribellione.
“Accarezzando” il controller Bayonetta diviene bestia e poi si spoglia prima che i suoi lunghi capelli neri da Rapuntzel la riavvolgano, lascia sorgere fiori sotto i suoi piedi e poi spara fuochi artificiali di proiettili dai suoi tacchi, salta lieve, volteggia e si trasforma in sciami di se stessa, evoca una ghigliottina demoniaca e manda baci verso lo schermo prima di succhiare vittoriosa un lecca-lecca.
Eccellente e iperbolica nell’illustrazione dell’azione è anche la regia delle scene non interattive di Yuji Shimomura (lo stesso autore di quelle di Devil May Cry 3, ma tutti e tre i videogiochi qui citati condividono alcuni degli artisti), che dimostra anche qui, e ancora di più, un talento non comune, tanto che c’è più cinema in cinque minuti di Bayonetta che in tanti colossal miliardari. In questo meraviglioso e trasgressivo vortice di bellezza che sfuma con dissolvenze continue dall’astrazione alla carnalità, perdiamo ogni senso del tempo ma non del movimento, in una coreografia magnifica che non nega lo spazio, ma lo seduce con un filtro amoroso potente come quello di Brangane o altrettanto illusorio seppure fatalmente efficace.