Federico Ercole per Dagospia
Buio, sporcizia, simboli diabolici, vapori, fumi e soprattutto tanto, tanto sangue per i marziani corridoi labirintici dove morte e non-morte regnano ovunque. Eppure in questi spazi così ostili l’appassionato di videogame si trova a suo agio, in maniera non dissimile dalla lucente ma in fondo altrettanto perigliosa Fungolandia di Super Mario Bros, quasi come se fosse tornato a casa dopo una lunga assenza.
Ecco quindi ancora una volta Doom, classico “immortale”, negazione dell’obsolescenza, alfa e omega di un nuovo modo di pensare lo spazio virtuale e di navigarvi, fonte d’ispirazione per gli artisti del videogioco e un piano sequenza relativamente infinito in soggettiva che realizzò su uno schermo del computer un sogno “proibito” che al cinema solo i registi underground avevano osato.
Ritorna su Playstation 4, Xbox One e Switch la trilogia composta da Doom (1993), Doom 2 Hell on Earth (1994) e Doom 3 (2004). In mezzo al primo e al secondo episodio ci sarebbe il notevole, quasi rimosso dalla memoria collettiva, Doom 64 del 1997, peccato non sia disponibile almeno su Switch, trattandosi di un’esclusiva Nintendo. Tuttavia tre Doom bastano e avanzano per chi vuole trascorrere un agosto da retro-giocatore o rivivere antichi, infernali ricordi con questi germinali sparatutto in prima persona che ancora oggi risultano un prodigio di giocabilità e atmosfera.
INFERNO MARZIANO
Può essere che ci sia qualcuno che non conosca Doom, quindi una breve sintesi della sua narrazione può essere utile, inoltre basta una riga perché non si tratta di materiale narrativo complesso ma la sua storia è comunque efficace e potente, come una canzone heavy metal: nel corpo numerico di un marine spaziale trasferito su Marte lottiamo contro legioni di demoni e zombie scaturiti da portali dimensionali.
Il succo è questo, con le sue innumerevoli derive, horror e fantascienza minimali ma non per questo sciocchi, perché chi gioca li arricchisce con la sua esperienza e con le sue emozioni e queste sono innumerevoli: paura, esaltazione e breve senso di onnipotenza, sollievo e di nuovo, quasi sempre paura. Ma quanto divertimento! E non temiate nessuna vecchiezza nelle dinamiche di gioco perché i Doom funzionano ancora oggi meglio di quasi tutti i più blasonati sparatutto degli ultimi anni.
Abbiamo trattato tuttavia dei giochi nella loro più pura essenza ludica, dell’opera di Id Software e del suo valore innegabile e assoluto, considerando che i tre Doom in questione si trovano da anni giocabili in qualsiasi formato e su ogni piattaforma. Ma di queste edizioni appena distribuite da Bethesda cosa possiamo dire? Male purtroppo, per ora, perché ci potrebbe essere un margine di miglioramento e chi ha pubblicato i giochi ci sta lavorando.
BRUTTURE
Chi non si è mai accostato a Doom potrebbe forse non accorgersi dei difetti di questi adattamenti per le console contemporanee, tuttavia ce ne è uno gravissimo anche se pare sia in via di risoluzione. Doom e il suo seguito sono giocabili solo accedendo a Internet, cosa davvero insostenibile considerato che sono usciti anche per Switch oltretutto.
Quindi immaginate di essere in spiaggia, decidete di volere giocare sotto l’ombrellone con il vostro Doom per Switch perché i vicini vi stanno asfissiando con l’andamento economico della loro azienda produttrice di mattarelli di legno, indossate gli auricolari accendete la console, avviate il gioco ed ecco che non parte perchè dovete essere connessi. Oppure vi siete portati la Playstation in montagna e... Insomma assurdo. C’è solo da sperare che Bethesda risolva questo pasticcio il più in fretta possibile.
Ma non si tratta solo di internet comunque, i primi due episodi di Doom hanno altri problemi: l’immagine appare compressa, leggermente schiacciata, così che le creature sembrano più goffe e vagamente obese; l’audio risuona male come se prodotto da una cassa rovinata e può indurre a pensare che sia addirittura fuori sincro; luci ed ombre sembrano alterate in un pessimo equilibrio di chiaroscuro.
Doom 3 è invece tecnicamente ottimo e considerando che molti sottovalutano questo episodio meditativo (ma sempre spaventoso) è quello che più merita di essere giocato. Purtroppo però viene a mancare in questa versione uno degli elementi fondamentali per creare ansia e suspence dell’originale, dove quando si utilizzano le armi si deve abbassare e spegnere la torcia per essere calati in un buio incubo.
Nella versione di Doom 3 qui discussa, come nella BFG Edition del 2012, la torcia invece è sempre utilizzabile alterando così la giocabilità e l’atmosfera. In questo modo Doom 3 è senza dubbio più facile ma una parte importante della sua anima è persa e sarebbe stata opportuna la possibilità di personalizzare secondo le proprie esigenze di giocatore l’utilizzo della torcia.
Oltre la già ribadita dimensione di capolavoro di questi classici del videogioco, l’unico altro aspetto positivo dell’operazione di Bethesda è il prezzo basso, attorno ai 20 euro circa per i tre giochi. Insomma ci si aspettava un lavoro migliore, rispettoso e amorevole per questi immensi classici.