Federico Ercole per Dagospia
Quando la morte in un videogioco non è la fine ma l’inizio, in una negazione del Game Over. Cominciamo con un corpo riverso sul territorio trasandato di una discarica, il nostro cadavere di giocatori che giace come un sacco di spazzatura. Ma nelle curvature dell’oltre-vita siamo ancora in grado di parlare e ascoltare, così una lampada parlante ci spiega la sua e soprattutto la nostra nuova condizione di fantasmi, mentre laddove permane ancora il nostro corpo un assassino armato di fucile a canne mozze dorato si appresta a mietere una nuova vittima. Lo spirito nella lampada ci spiegherà che possiamo salvare quella giovane donna dai capelli rossi, sfruttando qualche nuovo trucco spettrale.
Ghost Trick di Capcom torna dal 2010 in un riadattamento per Switch e Playstation, prima un fantasma anch’esso come tantissimi grandi giochi usciti per Nintendo DS e 3DS, console portatili così peculiari nelle loro specifiche ma ormai obsolete e quasi estinte che fra qualche anno non saranno più in grado di leggere quelle cartucce, inducendoci a tetre considerazioni sulla preservazione dei videogame e sull’inutilità ludica del collezionismo. Magari, come il redivivo Ghost Trick, tanti altri giochi saranno oggetto di restauri e adattamenti per le nuove macchine da gioco, ma nel caso di quella notevole mole pensata per la gloriosa famiglia DS si perderebbero comunque le possibilità offerte dai doppi schermi, dal touch-screen, dalla tridimensionalità.
Tuttavia Ghost Trick sembra essere riuscito a preservare le sue qualità dal passato, a vivere (e soprattuto a morire) nella sua nuova abitazione tecnologica per le sue qualità intrinseche, forse perché fu già dai suoi esordi adattato anche per iOS. Ghost Trick è ancora oggi un modello esemplare del videogioco enigmatico e soprannaturale, tuttavia giocato sul DS era ancora più bello, malgrado la sua attuale forma giovane e lucente.
TUTTO IN UNA NOTTE
Il protagonista ectoplasmatico di Ghost Trick non ricorda più nulla del suo passato e dovrà quindi indagare sul mistero del proprio decesso, come nel così simile quanto diverso e troppo sottovalutato Murdered Soul Suspect di Square-Enix del 2014.
Suddiviso in diciotto capitoli sempre più avvincenti, Ghost Trick è un’avventura bidimensionale oscura ma assai colorata nel suo raffinato disegno, fondata sulla risoluzione di puzzle in tempo reale. Le abilità spettrali del protagonista (il nome lo si scopre avanzando nella storia) gli consentono di possedere oggetti inanimati e controllare le loro funzioni, attività utile sia per le indagini che per salvare la vita ad altri malcapitati, anche quando recentemente defunti: possiamo tornare infinite volte indietro nel tempo di pochi minuti prima della morte di un personaggio e alterare quindi l’infausto fato.
Spostarsi da un oggetto di qualsiasi tipo all’altro mentre il tempo trascorre inesorabile risulta un’attività sia riflessiva che frenetica, assolutamente appagante non solo per il nobile scopo che muove il nostro detective fantasma, che tra l’altro può viaggiare da un luogo all’altro attraverso le linee telefoniche, ma proprio come attività di sperimentazione giocosa. Proseguendo per l’avventura conosceremo personaggi interessanti e carismatici, mai banali siano essi tra i buoni o i cattivi, rivelando un intreccio macabro e delirante dall’innegabile fascino narrativo e artistico, supportato dalla colonna sonora elettro-jazz-fusion composta da Masakazu Sugimori, musica strepitosa per ritmica, armonie e timbri notturni spettrali e metropolitani che esaltano l’urgenza di un’avventura da consumare tutta in un notte, il tempo a disposizione del protagonista prima della sua fine definitiva.
FRESCHI BRIVIDI NEL CALORE
Ghost Trick nasce da un’idea di Shu Takumi, prezioso ed eclettico talento di Capcom e già autore della celebrata serie “legale” di Ace Attorney, dove si interpretano una serie di avvocati difensori durante indagini e processi, fra i quali il celeberrimo Phoenix Wrigth. Shu Takumi ha inoltre lavorato all’estinta (ma c’è sempre chi spera o dice che potrebbe tornare) serie di horror con rettili intitolata Dino Crisis e a Monster Hunter Riders, una bizzarria strategica, assai furba e non così ispirata per smart-phone dedicata alle mostruose e milionarie simulazioni venatorie di Capcom.
Questo noir dalle tinte e dalle forme acide merita di essere scoperto, riscoperto e amato ancora oggi, un’opera rara meritevole di essere un oggetto di culto che ha il pregio di un umorismo e un’ironia che non nuocciono mai al suo andamento macabro e inquietante. Una novella ombrosa e insieme illuminante che trascorre in una decina di ore, proponendo sfide e colpi di scena che crescono senza mai destare noia, appassionando sempre più, coinvolgendoci in una sorprendente spirale notturna. Da giocare sopratutto nelle sere infernali di quest’estate rovente e catastrofica, per l’illusione rinfrescante di un brivido giallo e fantasmatico.