Federico Ercole per Dagospia
Che le stelle siano solo un pietoso velo, un drappo illusorio di lucente bellezza celante mostruosità oltre ogni umana ragione pronte ad annientare l’umanità sognando immote nel vuoto, è una delle idee letterarie e anti-romantiche di Lovecraft a proposito dello spazio, il quale comunque temeva e abominava quasi tutto, soprattutto se stesso.
Ancora oggi, nel bene e nel male, tanta fantascienza-horror soprattutto videoludica è ispirata all’opera del grande, sventurato e meschino scrittore di Providence e orbita quindi in una desolante dimensione post-lovecratiana, incapace di liberarsi dai suoi minacciosi tentacoli. Uno spazio profondo che non è sogno o anelito verso l’altrove di un’umanità che sogna di ascendere verso gli astri, ma incubo, terrore smisurato del vuoto e dell’inumano, inteso come sconosciuto e diverso. Le stelle dentro di noi, per divorarci.
Elaborando l’oscuro fantasy lovecraftiano e le dinamiche ludiche di Dark Souls, combinato con l’orrore spaziale di Dead Space, Cradle Games esordisce con Hellpoint, un punitivo gioco di ruolo d’azione che ci pone a Irid Novo, una stazione spaziale costruita nei pressi di un buco nero dove ovviamente tutto è precipitato nel peggiore degli orrori tecno-mistici-purulenti.
INDAGANDO L’INSONDABILE
Finanziato con Kickstarter e distribuito da TinyBuild per PlayStation 4, XBox One, PC e Switch, Hellpoint è un videogame tutt’altro che colossale ma riesce tuttavia quasi sempre a celare la relativa “povertà” della sua produzione con l’arte claustrofobica e ispirata delle sue ambientazioni, ancora più opprimenti e spaventose quando si aprono sui crudeli panorami dello spazio. Interpretiamo una progenie senza anima, mero contenitore di un’altra volontà, partorita da macchine bio-stampanti, che indaga sugli eventi che hanno precipitato Irid Novo nella catastrofe.
Esploriamo luoghi angusti, corridoi decaduti e sale corrotte, quasi sempre buie, lottando con armi da mischia, da tiro e pseudo-magie, morendo spesso per risvegliarci nei pressi di uno squarcio spazio-temporale e quindi ricominciare a lottare ed esplorare, sperando di recuperare le “anime” (qui dette “assioni”) utili a potenziarci perse a causa dell’estinzione.
Chiunque abbia giocato Dark Souls, Bloodborne o uno dei loro epigoni si troverà a suo agio con la giocosità ostica, la ritmica e la strategia di Hellpoint. All’inizio i nemici sono solo i classici tipo-zombie, poi diventano assai più minacciosi e interessanti nel loro disegno, sebbene un’intelligenza artificiale poco sofisticata li renda in certe occasioni micidiali ma in altre inermi nella loro ottusità, che li spinge a ruotare ossessivamente su se stessi in grotteschi balletti o a incastrarsi in qualche ostacolo.
Si tratta comunque di una pletora di creature componenti un bestiario affascinante, miscela che disgusta e meraviglia tra una decadente solennità divina e le abominazioni de “La Cosa” carpenteriana, la grazia assassina dello Xenomorfo di Giger e la statuaria bruttezza della Dea Kali di Spielberg, orchi appesantiti quasi tolkieniani e pure astrazioni di carne contorta e minerali imprecisabili, bestie antropomorfe ed esseri (non più) umani bestiali, angelicati, indemoniati.
Può capitare che qualcuno dei grandi “boss” vi crei qualche problema, ma Hellpoint non riesce a proporre le sfide crudeli ed esaltanti delle opere di Hidetaka Miyazaki, così scorre più placido verso i suoi finali, sebbene l’angoscia e l’ansia non vengano mai a mancare grazie alla sua tetra atmosfera, agli abominevoli abitanti di Irid Novo, ai suoni alieni e ributtanti da questi prodotti, alle tracce ermetiche di una narrazione suggestiva.
Inoltre Hellpoint presenta una sua unicità ludica: il buco nero altera ciclicamente, secondo la sua posizione orbitale, gli spazi e i tempi di Irid Novo, variando la presenza dei nemici e mutando la mappatura.
E si può esperire in cooperativa locale con lo schermo condiviso, cosa strana in un videogame che ci fa giocare con la solitudine, ma persino spassosa.
GUARDATE NELL’ABISSO, MA NON CADETECI
Ci sono anche fastidio e disappunto, mentre si gioca a Hellpoint, spesso “lieti” e divertiti malgrado l’angoscia. Può capitare sovente di cadere nel vuoto, come già in Dark Souls. Ma in quest’ultimo è possibile tornare sul ciglio del baratro e recuperare le “anime” smarrite. Non in Hellpoint! Qui gli “assioni” precipitano per sempre nel vuoto! Ciò è causa di grande frustrazione, soprattutto quando se ne perdono molte, magari proprio prima di andare a investirle per salire di livello.
Poi ci sono i fantasmi, imitazione verdognola di noi stessi che infesta il luogo del “game over”: può capitare che restino indifferenti ai nostri colpi come fossero catatonici oppure che ci seguano implacabili fino al “boss” complicando lo scontro fino all’impossibilità. Anche la potenza delle armi offensive andrebbe ripensata, perché procedendo nel gioco non si ha mai il sentore appagante di averne trovata una davvero forte e si tende a mantenere la solita, magari recuperata all’inizio del gioco. Infine ci sono bug, come rimanere bloccati sul posto, e rallentamenti.
Malgrado i suoi difetti Hellpoint non è tuttavia un gioco sciatto, da sconsigliare, può anzi risultare appassionante con la sua contorta poesia fanta-horror e i suoi luoghi stranianti e labirintici. Vi ritroverete avvinti nel suo mistero e nella sua sporcizia cosmica, tra raccapriccio e stupore, rabbia e delusione, esaltazione e scoperta, fino alla fine, realizzando di non avere sprecato il tempo, perché lo si dissipa solo con le cose brutte, tediose e senza una visione, ma di averlo alterato un’altra volta, per un’altra avventura.