Andrea Andrei per “il Messaggero”
Venerdì a Los Angeles si è tenuta la cerimonia di premiazione per i migliori prodotti del settore più fiorente dell'industria culturale. No, non parliamo di cinema e no, i premi non sono gli Oscar, ma i Game Awards, cioè i riconoscimenti per i migliori videogiochi dell'anno.
Per rendersi conto dell'importanza dell'evento non serve citare alcuni degli ospiti presenti, da Sting a Keanu Reeves, ma un semplice dato: secondo una stima della società di analisi del mercato videoludico, Newzoo, 2,9 miliardi di persone, più di un terzo degli abitanti del pianeta, ha giocato almeno una volta ai videogame nel 2021.
Ed è indubbio che soprattutto gli ultimi due anni siano stati determinanti per l'affermazione di questi prodotti culturali, che si sono dimostrati un collante eccezionale nei mesi più bui della pandemia. Non è un caso infatti che il videogame che si è aggiudicato il premio più prestigioso, quello di Gioco dell'anno, sia stato It Takes Two, un'avventura cooperativa da giocare, come lo stesso titolo suggerisce, rigorosamente in due.
È la storia di una coppia di genitori in crisi, che si ritrovano catapultati in un mondo magico e fumettoso in cui devono aiutarsi a vicenda per raggiungere l'obiettivo più ambizioso: la felicità della loro famiglia. Un modo giocoso di affrontare un tema importante come quello delle relazioni più strette, che ha ancora più valore in un mondo in cui con altrettanta leggerezza si stringono legami e amicizie destinati a rimanere finzioni virtuali.
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