foto di umberto pizzi da Zagarolo
Valentino all\'Ara Pacis
1 - LE POMPE DI \"REPUBBLICA\" PER I MANICHINI DI VALENTINO CHE MARCIANO VERSO L\'ARA PACIS (DAL 6 LUGLIO AL 28 OTTOBRE 2007 IN PASSERELLA NEL TEMPIO DELL\'IM PERATORE AUGUSTO), CON IL PADRINO PRODI E IL SINDACO VELTRONI CHE CONCESSO A GRATIS IL SACRO SUOLO
Laura Laurenzi per \"la Repubblica\" - 9 luglio 2007
È davvero il giorno del trionfo per Valentino. A tagliare il nastro della mostra dedicata ai suoi 45 anni di successi è venuto addirittura il presidente del Consiglio; al suo fianco in una rara uscita pubblica la moglie Flavia, che si guarda intorno estasiata. «In questo momento la moda è il nostro più alto punto di riferimento, bisogna sostenere il settore che le sta intorno», annuncia Prodi.
Valentino all\'Ara PacisPassa in rassegna gli abiti storici indossati da Farah Diba il giorno in cui fuggì dall´Iran, da Sophia Loren quando ritirò l´Oscar alla carriera, da Monica Vitti mentre girava \"La notte\", da Jacqueline Kennedy quando accompagnò in Cambogia il cognato Bob, da Audrey Hepburn nell´ormai leggendario ballo Proust, dalla principessa Diana a un charity del balletto, e dice: «In mostra all´Ara Pacis non c´è solo la moda italiana, ma la moda mondiale.
Valentino all\'Ara PacisCi sono tutti i grandi personaggi che hanno indossato gli abiti, è un pezzo di storia». Bertinotti non è potuto venire all´inaugurazione ma ha mandato un caloroso messaggio di saluti e auguri e si è fatto rappresentare dalla moglie Lella. Rimangono tutti sbalorditi dal forte impatto emotivo dell´allestimento, «favoloso e magico» lo definisce Gianni Letta.
Trecento abiti disposti con sapienza, una sorta di «processione pagana» di ancelle, o vestali, una selva di manichini con abiti solo rossi o solo bianchi che marciano verso l´altare della pace dell´imperatore Augusto «con l´offerta della loro eleganza». Così per lo meno spiega Valentino. Spicca fra tutti l´abito bianco con ricamata la parola pace in 14 lingue, creata nel ‘90 durante la guerra del Golfo.....
2 - IL GRIDO SDEGNATO DI \"REPUBBLICA\" PER QUATTRO MACCHINETTE PARCHEGGIATE PER TRE GIORNI TRE E DIETRO ESBORSO DI 80 MILA EURO NEL TEMPIO DELL\'ARA PACIS
Francesco Merlo per \"la Repubblica\"
Non c\' è nemmeno un Andy Warhol alla vaccinara, una versione provinciale dell\' arte-provocazione, dello scandalo creativo. C\' è soltanto l\' insipienza estetica del sindaco di Roma coniugata con la furbizia imprenditoriale di un allegro neocostruttore d\' auto. Il risultato è l\' esibizione - gratis - dentro l\' Ara Pacis, di due modelli di una stessa utilitaria.
BIZZI BUCCI CASARI CLAUDIO DEL FIACCOIl lancio commerciale della Dany, una piccola automobile che, per quello che si vede, somiglia a tutte le altre utilitarie del mondo. Ma se è vero che questa automobile stona dentro il museo, non stona certo come accadde ai baffi sul viso della Gioconda, senso forte dei tempi moderni, né ha la forza dei monumenti impacchettati dal bulgaro Christo, non è l\' ossimoro visivo, non è la contaminazione dei generi, ma è solo una delle mille volgarità - piccola questa volta, anche se significativa - commesse di questi tempi contro la cultura italiana.
BELLEZZE IN POSAGli avessero almeno chiesto dei soldi a Stefano Maccagnani, che adesso non sa spiegare perché hanno concesso a lui quello che hanno negato a tanti altri, Maserati compresa: «È vero, mi hanno fatto un favore, forse per premiare un prodotto tutto italiano, che sarà costruito interamente a Roma».
E se invece Maccagnani, che prima produceva materiale militare per la Difesa e aveva fatto parte della cordata messa assieme da Berlusconi per salvare Alitalia e, nel giorno della fiducia, ha pure scritto un\' appassionata lettera al presidente del consiglio, se invece Maccagnani dicevamo, fosse solo un raccomandato, come tutti quelli che sono stati assunti nelle municipalizzate romane? «No. Al massimo sono più simpatico degli altri».
SANDRO DI CASTROCerto, se gli avessero imposto almeno un ticket per l\' uso privato del museo, ora staremmo a discutere se è giusto o sbagliato affittarei monumenti a fini commerciali, se è lecito noleggiare il Pantheon per una \"convention\", far sfilare l\' alta moda all\' Altare della Patria, promuovere un profumo davanti alla Primavera del Botticelli, vendere lingerie alle mademoiselles d\' Avignon.
ALESSANDRA CANALEI monumenti non sono certo sacri, e restituirli alla vita guadagnando qualche soldo forse potrebbe non essere male. E invece la gratuita esposizione pubblicitaria della versione elettrica e della versione a benzina di questa Dany è stata voluta dal Comune «per amore della cultura». E si capisce subito che quest\' auto dentro l\' Ara Pacis fa il verso a invenzioni, slogan, immagini della grande arte, alle peripezie dei pennelli di Boccioni, di Picasso e di Magritte. Ma è un orecchiare appunto.
ALESSANDRA CANALEPerché qui non c\' è neppure la raffinatezza maliziosa della pubblicità, della cartellonistica e degli spot che chiedono solidarietà, ammiccano, seducono e sempre impongono un rapporto di grande complicità. C\' è soltanto un\' auto dove non dovrebbe stare col risultato di imbruttire sia l\' auto sia il museo. E si ritrova come costante la cecità o, se preferite, l\' insensibilità estetica di una generale amministrazione dei beni culturali ed artistici alla quale non importa nulla né di Pompei né dell\' Ara Pacis.
FRATELLI GRECOÈ vero che l\' Altare alla pace romana ha già subito ogni genere di insulto, da quel gabinetto che fu abbandonato all\' ingresso del museo nel 2009 sino al disprezzo del sindaco Alemanno il quale appena eletto dichiarò di voler distruggere la teca di Richard Meier. «Ho scelto l\' Ara Pacis perché e un luogo ameno» mi dice invece Maccagnani che forse non sa cosa significa \"ameno\", ma ha l\' aria furba di chi pensa di passare alla cassa sfregiando un capolavoro o montando il destriero del Gattamelata.
I FRATELLI GRECODi sicuro questa autopromozioneè stata approvata della sovra-intendenza di Roma e benedetta del sotto-segretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta: «Mi ha fatto l\' onore di venire». Ed è forse tutto qui l\' evento: un \"sotto\" che si crede \"sopra\", un favore promozionale spacciato per sapienza estetica, roba da chiamare la polizia del buon gusto, se esistesse.
LA GRAND BUFFEConsiderando che nella Roma di Alemanno i raccomandati \"simpatici\" sono battaglioni è possibile che questo nuovo buon gusto prenda piede nei luoghi e nei simboli d\' arte e si faccia moda, con la complicità appunto tra il sotto e il sopra, tra la sotto-Italia e la sovra-Italia, tra il sotto-segretario e la sovra-intendenza.
3 - AUTO ALL\'ARA PACIS? IL VERO CATORCIO È A VENEZIA...
Vittorio Sgarbi per \"il Giornale\"
La Repubblica collabora con il Comune di Roma. Una delle sue firme più autorevoli, Francesco Merlo, scrive un articolo indignato, anche se parzialmente inesatto e concettualmente discutibile, per denunciare uno scandalo: «L\'Ara Pacis diventa un palco per le auto». L\'attacco al sindaco è diretto: «C\'è soltanto l\'insipienza estetica del sindaco di Roma coniugata con la furbizia imprenditoriale di un allegro neocostruttore d\'auto. Il risultato è l\'esibizione - gratis - dentro l\'Ara Pacis di due modelli di una stessa utilitaria».
dany x apertura PERLa fotografia della provocazione è irritante, gli argomenti di Merlo implacabili. Ma si scopre che l\'assessore alla Cultura Croppi non era informato e non aveva autorizzato. E, con lui, si può credere anche il sindaco. L\'idea è del tecnico, non del politico, del sovraintendente Umberto Broccoli, il quale puntualizza che l\'impresa non è stata gratuita, ma ha fruttato ai musei, in crescenti disagi finanziari, 80mila euro per tre giorni.
Covering Hannah davanti a Palazzo Grassi di VeneziaLa questione dunque cambia perché è lo stesso Merlo ad invocare: «Certo se avessero imposto almeno un ticket per l\'uso privato del museo, ora staremmo a discutere se è giusto o sbagliato affittare i monumenti a fini commerciali». Allo stato Merlo non aveva valutato quest\'argomento ironizzando sulla «gratuita esposizione pubblicitaria... voluta dal Comune \"per amore della cultura\"».
La contraddizione è lì. Ma Alemanno non cerca il dialogo, non vuole mostrarsi illuminato, accusa il colpo, accetta l\'ipse dixit di Merlo e ordina di portar via le due automobili. Magnifica prova della moral suasion di un grande giornalista e dell\'efficacia del quarto potere, non solo quello televisivo.
Covering Hannah a VeneziaTutti soddisfatti, dunque? E Merlo in particolare, che ritorna sull\'argomento compiaciuto e vittorioso? Mica tanto, giacché da alcuni mesi, a Venezia, sul Canal Grande, davanti a uno dei più importanti edifici del Settecento, giace, esposta, un\'automobile mezza ammaccata. È probabile che rispecchi l\'idea di un artista, ma è propriamente l\'equivalente un po\' più vissuto delle automobili all\'Ara Pacis.
Nessuno ha fiatato, nessun Merlo si è scandalizzato. Gli amici di Pinault, proprietario di Palazzo Grassi, avranno sicuramente scritto commenti positivi o neutrali. Nessuno ha protestato. Comune e sovraintendenza avranno collaborato. I giornalisti di Repubblica avranno registrato la circostanza e probabilmente partecipato a cocktail e cene. Ma la sostanza non cambia.
Con molta ironia Francesco Giro, sottosegretario ai Beni culturali, ricorda che io definii la teca dell\'Ara Pacis dell\'architetto americano Richard Meier una specie di garage multipiano, annunciandone l\'uso coerente deprecato con poca ironia e molto moralismo da Merlo. Ma a Venezia è peggio.
Covering Hannah a VeneziaUn\'automobile sul Canal Grande è una bestemmia estetica e logica. Una provocazione riuscita? No. Ma, diranno i sostenitori dell\'arte contemporanea: è l\'opera di un artista d\'avanguardia, per una volontaria contraddizione, nello spirito dei futuristi. E perché la città lo capisse bene la «sosta vietata» è durata mesi. In realtà l\'argomentazione relativa alla creatività e alle circostanze di eccezionale significato provocatorio, non ha fondamento nel tentativo di stabilire un\'aura di immunità artistica rispetto al gesto di volgarità insolente e commerciale denunciato da Merlo. Si tratta di due cose diverse per chi invoca l\'impunità dell\'azione estetica. Potrebbe essere vero se Merlo avesse valutato le circostanze e stabilito una comparazione tra le due analoghe situazioni. Ma io sono certo che Merlo (che non è la Aspesi) ignora la vicenda veneziana.
Covering Hannah di Richard Prince parcheggiata di fronte a Palazzo GrassiCosì come ignora, ed è più grave, il contraltare estetico della vicenda romana. Le due automobili esposte nello spazio dell\'Ara Pacis, sono infatti, due (forse modesti) prototipi di un grande «artista» italiano: Giorgetto Giugiaro, il designer - ammiratissimo nel mondo - della Dany, l\'utilitaria dello scandalo. Che non è quindi un mero prodotto industriale e commerciale.
Non si può quindi dire, come fa la mia amica Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fai, e come conviene il sindaco Alemanno, che l\'accostamento all\'Ara Pacis sia «uno scempio diseducativo»: «L\'idea di mettere delle auto davanti a quel gioiello di scultura mi inorridisce». Si tratta, se mai, di due diverse concezioni estetiche, ovunque conviventi, a Roma soprattutto dove le automobili «di strada» non di pregiato design, sostano in prossimità della Colonna Traiana o girano intorno al Colosseo. È una realtà a cui a Roma siamo abituati, se non forzati in una contaminazione inevitabile.
MIRIAN PONZIMa a Venezia no! Venezia è salva, lo sa bene Giulia Maria Crespi, perché non vi hanno accesso le automobili. È salva perché ne è preservata l\'aura nell\'impossibilità della circolazione automobilistica, nel ritmo antico del camminare e dell\'andare per acqua. Vero è che è stata stuprata in alcuni punti, anche vicino a San Marco, da orridi pontili per i vaporetti concepiti da sadici progettisti di Mestre. Ma, ovunque, in particolare nell\'area dell\'Accademia, di Ca\' Rezzonico, di Palazzo Grassi, il tempo è fermo e non vi è l\'insulto di una contemporaneità forzata come quella delle automobili in tutti gli altri centri storici.
Particolarmente insolente e insensata è dunque la provocazione di monsieur Pinault con la sua collezione anche sul campo a San Samuele. Uno scempio. Ed è vero che l\'arte contemporanea, da Marcel Duchamp, ha introdotto elementi dissacratori provenienti dalla quotidianità (un orinatoio, una porta usata), spesso paragonabili a rifiuti.
MIRIAN PONZIMa è altrettanto vero, che non si può nel nome di un grande artista provocatore legittimare tutte le provocazioni. Ho pensato dunque di ascoltare anch\'io Merlo e di non farmi scavalcare, nel rispetto dell\'armonia e del decoro urbano, da Alemanno.
Come sovraintendente ai Beni artistici di Venezia domani ordinerò di togliere l\'automobile da Campo San Samuele per le stesse ragioni per cui si è restituita dignità all\'Ara Pacis. L\'armonia di Venezia lo chiede. L\'automobile usata, Pinault la può esporre a casa sua.
4- LETTERA A \"REPUBBLICA\"
Alla redazione de La Repubblica - Roma.
Ho letto i due articoli di Vitale e quello di Merlo sull\'esposizione all\'Ara Pacis e sono rimasto alquanto sorpreso di diverse cose che sono state scritte.
Intanto vorrei cortesemente far notare che l\'obbligo della decenza ce l\'hanno anche i giornalisti. Per questo motivo la signora Vitale prima di definire \"macchinetta\" la Belumbury Dany, avrebbe come minimo dovuto informarsi di che cosa effettivamente si trattava. A questo proposito rimando alla mail del collega Claudio Rossi dell\'Università di Bologna ( che sottoscrivo in pieno anche per le altre cose che mette in evidenza) che come me ed altri colleghi universitari ha collaborato alla progettazione.
LA GRAND BUFFEIl polverone che e\' nato attorno alla vicenda (e sul quale alcuni politici sono andati a nozze) lascia una certa amarezza. Si e\' persa infatti una bella occasione di far capire all\'opinione pubblica, almeno quella romana, che cosa stava veramente sotto al progetto che ha portato alla realizzazione delle due city-car.
ROSI GRECO VALERIA LICASTROSono piu\' di dieci anni che i nostri politici e anche alcuni giornalisti (sia di destra che di sinistra) insistono sulla necessità che, anche in Italia, Imprenditori e Università collaborino per una ricerca mirata alla innovazione tecnologica. E poi, con una superficialità non nuova, nel momento in cui si ha davanti agli occhi un prodotto concreto di questo sforzo assolutamente non semplice, si preferisce guardare il dito piuttosto di quello che indica.
Quello che e\' accaduto mi fa venire la tentazione di pensare che stavo molto meglio dieci anni fa, quando facevo ricerca scientifica solo su problemi di matematica di base, e non avevo a che fare neanche indirettamente con politici e giornalisti. Per fortuna ci sono imprenditori coraggiosi come Stefano Maccagnani o come Francesco Di Pietrantonio che credono veramente (e non solo a parole) nella collaborazione tra Aziende ed Università e che pertanto mi possono aiutare a ritrovare l\'entusiasmo per andare avanti su questa strada.
Cordiali saluti
Prof. Fabio Giannoni
Scuola di Scienze e Tecnologie
Università di Camerino
Prof. Fabio Giannoni
Ordinario di Analisi Matematica
Università di Camerino