Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
AISE - \"L\'Accademia Russa di Belle Arti\" e \"ZurabTsereteli. Incanto delle Origini. Radici del Mondo\": sono le due mostre inaugurate all\'interno dei Musei di San Salvatore in Lauro, da Francesco Maria Giro, Sottosegretario di Stato per il Ministero dei Beni e le Attività Culturali e Andrei Busygin, Vice Ministro della Cultura della Federazione Russa.
ROMITI TSERETELILa duplice esposizione, patrocinata dal Ministero per i Beni Culturali, dal Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, dal Ministero della Cultura della Federazione Russa e dall\'Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma, nasce dall\'idea di Lorenzo Zichichi, Evelina Schatz e Olga Strada nell\'ambito del progetto delle relazioni culturali Russia - Italia 2011, ed è promossa dal Pio Sodalizio dei Piceni e da Il Cigno GG Edizioni.
All\'inaugurazione due importanti consegne: conferito a Cesare Romiti, in qualità di Presidente dell\'Accademia di Belle Arti di Roma, il titolo di membro onorario dell\'Accademia Russa di Belle Arti ed il Presidente di Palaexpo e Fondazione Roma, Emmanuele Emanuele, ha conferito a Zurab Tsereteli il Premio Emilio Greco.
2- L\'ULTIMA ROMITATA DEL SOR CESARE: LA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE
Alessandro Sallusti per Il Giornale - DEL 28 FEBBRAIO 2011
Cesare Romiti è un anziano signore molto rispettato, famoso per aver salvato la Fiat dai disastri provocati prima dal \'68 poi dalla crisi economica degli anni Settanta e infine da alcune scelte della famiglia Agnelli. Fu lui a riportare in mare la corazzata industriale e a pilotarla per oltre vent\'anni. Tra i suoi meriti, il principale fu forse quello di essere riuscito a tenere l\'Avvocato fuori dalla plancia. In quel tempo Romiti aveva due passioni: l\'impresa e i giornali.
Attraverso Fiat prima e Gemina poi aveva le mani sul Corriere della Sera (La Stampa faceva parte del patrimonio di casa, la Repubblica era di un parente stretto). E fu una presa forte, perché oltre alla passione l\'uomo sapeva bene che potere e informazione vanno a braccetto.
LA MOSTRADopo un lungo periodo di assenza, Romiti ieri è tornato in tv, ospite di Maria Latella (sua ex giornalista) nel pomeridiano di Sky. Tra l\'altro ha detto: spero che Mediaset non si interessi alla carta stampata perché sarebbe un duro colpo alla libertà di informazione. Ha poi dubitato con sarcasmo delle parole di Fedele Confalonieri, che nei giorni scorsi aveva definito stupidaggini le voci su possibili ingressi di Mediaset nella proprietà di importanti quotidiani.
GIAMPIERO LUZZETTISono convinto che Confalonieri non mente, ma resta comunque triste vedere un ex grande dell\'impresa italiana allinearsi all\'antiberlusconismo militante pur di strappare un ultimo titolo di prima pagina, farsi strumento del Santoro di turno. Ma chi vuole prendere in giro, dottor Romiti? Nei suoi giornali (io ci sono stato) non si poteva scrivere non dico una notizia ma neppure una riga che Fiat (cioè lei) non volesse, ligi al motto: ciò che serve a Fiat serviva al Paese.
FRANCESCO GIRO LORENZO ZICHICCHI CESARE ROMITIE questo accadeva non solo nei fogli di proprietà diretta o indiretta. Attraverso la ragnatela del potere e i soldoni della pubblicità, il condizionamento della carta stampata e della magistratura era generale. Scontato che Fiat (le sue aziende, le sue banche, le sue assicurazioni) era intoccabile, lei crede, dottor Romiti, che qualche pm, direttore o cronista, durante il suo regno fosse libero di indagare sui conti esteri della famiglia Agnelli? Di curiosare tra i giovani amorazzi dell\'Avvocato, che in quanto a bunga bunga la sapeva più lunga di Berlusconi? Di infangare la real casa pubblicando, per esempio, i veri motivi che portarono al suicidio del povero Edoardo?
CESARE ROMITISe questo Paese ha perso molti treni non è soltanto perché quelli costruiti dalla Fiat erano inadeguati (ricordate i primi pendolini, sempre fermi in mezzo alla campagna?) ma anche per il tappo che l\'era tanto cara a Romiti provocò sulla libertà di informazione. Il più colossale conflitto di interesse mai visto in questo Paese non è quello che oggi Romiti paventa ma quello di cui lui fu, impunemente, artefice e protagonista.
CESARE ROMITIL\'ex numero uno di Fiat non è in queste ore l\'unico furbetto della comunicazione. Sempre ieri Diego Della Valle, imprenditore di successo (Tod\'s e non solo), ha sferrato un violento attacco a Cesare Geronzi, presidente delle Generali. Le Generali sono una delle più grandi casseforti private del Paese, tanto grande da poter incidere sul futuro della stabilità del sistema Italia forse anche più del governo stesso.
CESARE ROMITI EMANUELE EMMANUELEQuesto concetto, direi questa responsabilità, è ben presente a Cesare Geronzi che di conseguenza dirige i lavori a modo suo, che è poi quello dell\'interesse degli azionisti prima di tutto ma con un occhio a interessi generali. Ciò non è una cosa disdicevole. Dal punto di vista strettamente di mercato e di redditività, probabilmente sarebbe stato più conveniente vendere l\'Alitalia ai francesi, o Telecom agli spagnoli, tanto per fare due esempi concreti. Se così fosse stato oggi saremmo l\'unico Paese occidentale a dipendere dall\'estero per la telefonia e il trasporto aereo.
CESARE ROMITI E TSERETELIMa questo rischio non è considerato tale da imprenditori che evidentemente e legittimamente, pur arrivando per meriti nel cuore del sistema finanziario del Paese (Della Valle è nel consiglio di amministrazione di Generali), pensano sempre, comunque ed esclusivamente agli affari loro. Che se poi di questi affari ( investimenti in grattacieli francesi, banche russe o nuovi treni italiani via consociate estere) non se ne sa nulla, neppure in consiglio di amministrazione, tanto meglio.
CESARE ROMITI E TSERETELIGeronzi è accusato di voler capire che cosa succede nella più grande impresa italiana che gli è stata liberamente affidata. Non mi sembra un reato, anche se capisco che la cosa possa innervosire chi pensava che fosse giunto il momento di poter fare gli affari propri senza troppi intralci. In questo la parabola di Della Valle assomiglia molto a quella di Gianfranco Fini: rompere con il grande capo per ottenere qualche vantaggio personale. Fini sbagliò parole, modi e tempi. Della Valle vedremo.