Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
PIER LUIGI BERSANIJena per "la Stampa" - Ecco il prossimo slogan elettorale di Alfano e Bersani: «Votate per me oppure per lui».
1- DELUSIONE DEMOCRATICA
Tommaso Labate per "Il Riformista"
Pier Luigi Bersani non nomina mai la parola «Monti» nella sua relazione. Rosy Bindi fa di più, dice dal palco che «il Pd non è il governo Monti» e scandisce: «Noi non siamo questo».
PIER LUIGI BERSANINel giorno delle liberalizzazioni, il termometro del rapporto tra il Pd e l'esecutivo di SuperMario scende. Verso il gelo. Bersani ha fatto capire ai suoi che il provvedimento di liberalizzazioni entrato a Palazzo Chigi «non è certo quello che ci aspettavamo». Non solo. Con una punta di rammarico il leader del Pd avrebbe anche aggiunto, col pensiero rivolto alla sua lenzuolata del 2007, che «i politici, tra l'altro in quelle condizioni (governo Prodi, con maggioranza risicata al Senato, ndr), forse hanno fatto meglio dei tecnici».
PIER LUIGI BERSANINon c'è solo retroscena. Il mal di pancia bersaniano rispetto al decreto Monti finisce anche in un'intervista. Quella che Antonio Lirosi, oggi responsabile Consumatori del Pd, che nel 2007 fu uno dei registi occulti della lenzuolata, rilascia all'Unità. «Ci sono troppi scarti tra annunci e contenuti. Così non si aiutano i cittadini».
PIDIELLISTA MODAIOLAL'ala iper-montiana del partito, da Enrico Letta a Walter Veltroni, mastica silenziosamente amaro sin dal fischio d'inizio dell'assemblea. Ed è nulla rispetto alle reazioni sotterranee che si materializzano nei capannelli di lettiani e veltroniani quando Rosy Bindi entra a gamba tesa sul governissimo.
«Se il governo sarà timido sulle liberalizzazioni, noi saremo critici». «Noi non siamo il governo Monti e lavoriamo per vincere le elezioni». Matteo Orfini, bersaniano responsabile Cultura, sorride: «E brava la Bindi. D'altronde, a dire come fa Enrico Letta che siamo dentro una "maggioranza politica", si fa solo confusione».
NICOLA LATORRE ADDORMENTATO CON IL CIUCCIO IN BOCCABersani sale sul palco prima delle 17 col suo carico di malessere, che deriva dalle indiscrezioni sulla bozza di liberalizzazioni che rimbalzano da Palazzo Chigi. Non dice mai «Mario Monti». Certo, «sosterremo lealmente il governo fino al 2013». Ma il suo scetticismo è tale da portarlo a dire che «l'anno che abbiamo alle spalle non è stato certo senza risultati. Abbiamo vinto le amministrative, mandato a casa Berlusconi, siamo diventati il primo partito del paese». Ma, è qui la stoccata, «sono più orgoglioso di quello che abbiamo seminato che di quello che abbiamo raccolto».
Non è tutto. I segnali di insofferenza dell'ala bersaniana del partito si moltiplicano a dismisura. Andrea Orlando annuncia bufera anche sul versante giustizia: «C'è una grande divisione dentro il Pdl sul decreto della Severino. Non vorrei che qualcuno di loro lavori per svuotarlo». Se succede, aggiunge, «è ovvio che ci saranno delle ricadute sulla maggioranza».
NICOLA LATORRE NELLE BRACCIA DI MORFEOE poi c'è la legge elettorale, su cui Giorgio Napolitano è tornato a intervenire. «Ho ragguagliato i presidenti delle Camere in merito ai colloqui avuti con le forze politiche», spiega il Capo dello Stato all'Adnkronos anticipando un nota ufficiale che infatti si materializza a stretto giro: «Il Parlamento può impegnarsi celermente sulle riforme e la legge elettorale, anche per corrispondere alle attese dell'opinione pubblica». Bersani, che aveva già omaggiato dal palco il presidente della Repubblica per i suoi appelli, insiste sulla riforma e apre alla proposta di Pippo Civati e Salvatore Vassallo. «Se rimane il porcellum, primarie per scegliere i parlamentari».
MENTINE DELLA FINOCCHIARO PER DALEMAMa la riforma elettorale è una cartina di tornasole per comprendere la grande spaccatura che rischia di aprirsi dentro il partito. Qualche giorno fa, intervenendo alla riunione della segreteria del Pd, l'ha detto chiaro e tondo: «Diamo pure carta bianca ai capigruppo per trattare con Pdl e Udc. Ma decidiamo bene dove vogliamo andare». Il giovane responsabile Cultura dice di più: «Non è escluso che si vada verso uno scenario europeo. Noi facciamo il Pse, cercando di portarci Vendola e provando a cancellare Di Pietro. Casini e i reduci del berlusconismo fanno il Ppe, magari in compagnia di qualche esponente del Pd...». Nomi non ne fa, Orfini. «E in ogni caso, se nessuno vincesse le elezioni, potremmo anche fare una legislatura di grande coalizione».
MATTEO COLANINNOAlle 20 tocca a D'Alema. «Qualunque critica nei confronti del governo attuale può essere superata. Basta chiudere gli occhi e pensare a chi c'era prima». Bersani, però, abbandona la Fiera di Roma con gli occhi aperti. «Le liberalizzazioni? Ho l'impressione che ci sia da rafforzare su due o tre cose. Lo si potrà fare in Parlamento, vedremo, non so cosa abbiano in testa quelli della destra che ieri sono andati in processione a Chigi». Un'accusa velata, quest'ultima. Ma neanche troppo.
MARINA SERENI ROSI BINDI