Foto di Mario Pizzi da Zagarolo
Massimiliano Lazzari per "Il Messaggero"
Non è bastata la fitta pioggia a rovinare l'attesissima premiere del film «To Rome with love» all'Auditorium Parco della Musica, che ieri sera ha rivissuto una serata internazionale degna del miglior Festival del Film. In un batter d'occhio l'allestimento è stato spostato al coperto e a brillare sono state molte stelle, da Penelope Cruz, giunta poco prima delle 21 con un elegantissimo vestito color cipria di pizzo macramè insieme alla sorella Monica.
WOODY ALLEN E SOON YI PREVIN«Roma è la mia seconda casa - dice in un fluentissimo italiano - adoro tornare a Roma e girare un film su questa città è stato per me molto emozionante». Arrivano poi Woody Allen e la moglie Soon Yi: «Vivere con la mia famiglia per tre mesi in questa città è stata una bellissima esperienza. Benigni? Uno dei migliori attori al mondo».
E proprio Benigni, altro grande protagonista della pellicola presentata in anteprima mondiale nella capitale, è arrivato un attimo dopo con l'inseparabile press agent Cristiana Caimmi: «Io e Woody Allen? Ormai viviamo insieme, non lo sapete? A parte scherzi è stato un onore lavorare con uno dei più grandi attori e registi al mondo». Passano poi Jesse Eisenberg, Alec Baldwin e la fidanzata Hilaria Thomas, protagonisti, la sera prima, di una cena a base di specialità romane a Trastevere: «Hanno preso doppia porzione di cacio e pepe» dice Francesco Panella, ristoratore-presentatore tv.
Lunga la schiera di attori che hanno recitato nel film arrivati all'anteprima, da Marina Rocco ad Alessandra Mastronardi, Alessandro Tiberi, Fabio Armilano, Flavio Parenti, Monica Nappo, Corrado Fortuna, Lina Sastri, Maria Rosaria Omaggio e tanti altri, tra cui anche il doppiatore di Allen, Leo Gullotta.
Tante anche le personalità istituzionali: l'ambasciatore americano David Thorne, il prefetto Giuseppe Pecoraro, il questore Francesco Tagliente, Mario D'Urso, il sindaco Gianni Alemanno, i presidenti della Regione e della Provincia Renata Polverini e Nicola Zingaretti, ma anche Marco Muller e Piera Detassis. «Allen ha fotografo una Roma fantastica - commenta il vicepresidente e amministratore delegato di Medusa Giampaolo Letta, uno dei produttori del film - da anni un regista americano non raccontava così la nostra capitale».
THORNE E VELTRONI TITTARELLISi vedono anche Giulio Base e Tiziana Rocca, Luigi Abete e Desirèe Colapietro, Eliana Miglio e Rossana Ridolfi Letta, che ha contribuito all'organizzazione della soirèe con Gianluca Pignatelli, Benedetta Lucherini e Christian Giovannelli. La proiezione è stata inserita in una serata di beneficenza, a sostegno della onlus Società italiana per l'amiloidosi. Dopo il film cena esclusiva per 150 persone nel ristorante di un hotel di via Veneto.
2- LA ROMA DI ALLEN CAPITALE DEL LUOGO COMUNE
di Malcom Pagani per Il Fatto
L a mozzarella "speciale", la cucina napoletana, Piazza di Spagna, il Colosseo e Trastevere. Via Veneto, i paparazzi, il sole di Roma e l'Italietta "so pittoresca" dove ci si sdraia per un flash, un tozzo di notorietà, una prèmiere di serie B. Le segretarie con il culo in bella vista e le tette sul tavolo si concedono felici al capo dell'azienda. Gli attori di successo sognano solo una scopata facile e poi, scoperti, si dileguano vigliacchi.
I giornalisti si uniformano alla demenza (ed è la parte più riuscita) ponendo domande futili e inessenziali: "Come si è fatto la barba oggi?". Il nulla dilatato per più di due ore con l'occhio fisso sulle vie di fuga, l'organetto molesto di Arrivederci Roma in sottofondo e il rimpianto, inconsolabile, per un'operazione desolante.
Con l'ironia che un tempo lo abitava e il gusto per la freddura scorretta, Woody Allen sapeva scherzare di sé e farci ridere fino alle lacrime: "Il mio primo film era così brutto che in sette Stati americani aveva sostituito la pena di morte". Oggi immalinconisce perché To Rome with Love manca di una trama vera e propria e lascia sul terreno quattro insipidi bozzetti sentimentali - sposini di provincia in viaggio di nozze, americani in vacanza, proprietari di pompe funebri infatuate dell'opera - senza direzione né anima.
Al principio avrebbe dovuto intitolarsi Bop Decameron, ma almeno Allen ha risparmiato Boccaccio. Gliene siamo grati. L'erotismo, tra cornuti di professione, ormonali studentelli di architettura, puttane saggissime e turiste ninfomani con il vizio dell'ego e della mitomania è naturalmente assente.
In compenso, in mancanza di una solida storia che regga il filo narrativo, sostano slegati tra loro, in una corsa all'accumulo che a descriverla non sarebbe bastata una "bastarda" striscia cinèphile di Stefano Disegni, una serie di episodi irrisolti, sciatti, inutili, recitati con eccitata incredulità da un mazzo di attori italiani felici di poter figurare per dieci secondi nell'ultima opera del maestro. Rocco Papaleo, lungimirante, preferì negarsi per una vacanza in Basilicata.
Gli altri, caduti nella rete, si sono adeguati al naufragio. A Benigni (Leopoldo Pisanello) signor nessuno sedotto dalla gloria e poi abbandonato alla sua crisi d'astinenza, Woody riserva un copione slabbrato che alla fine, e non solo metaforicamente, lo lascia in mutande. A Rubini e Ghini una promessa tradita. A Ornella Muti un sorriso rapido, a Scamarcio (il più efficace) una comparsata da ladro e l'accento autoctono, Andria style. Ad Antonio Albanese una reminiscenza di Alex Drastico.
PIETRO E SIRO PENELOPE CRUZA Sergio Solli (il questore Guida di Giordana) l'occasione per dimostrarsi sprecato, a Maria Rosaria Omaggio e Lina Sastri il piacere (nostro) di rivederle. Comunque troppo poco. Il resto di niente sono volenterosi cammei (Giuliano Gemma, Ninni Bruschetta), gite a Ostia, product placement orgiastici (Ferrarelle, Alitalia), tramonti da cartolina, assortite confusioni di sceneggiatura. Le star (un Alec Baldwin immobile, bolsissimo in un ruolo assurdo e Penelope Cruz vestita come in una pièce di Almòdovar) annaspano.
I giovani (Jesse Eisenberg, già Mark Zuckerberg nell'affresco su Facebook di Fincher) cucinano spaghetti al pomodoro ma alla fine, dal piatto ricco si passa al pasto nudo. Indigesto. Non l'atto d'amore di Woody per il Paese del suo storico doppiatore Oreste Lionello (anche di lui, come del mentore, si sente l'assenza) ma il manifesto di un torpore creativo. Non la parodia tesa a fotografare un universo come nel 1972, in Roma, Fellini era riuscito a fare magnificamente e neanche il film nel film di Truffaut.
Di To rome with Love rimane però negli occhi l'effetto notte, il buio di idee, l' impudìco riciclo (in mancanza di meglio) dei guizzi che giustamente fecero adorare Allen a una trasversale teoria di spettatori. Sulle spoglie della gloria che fu, con il sospetto della campagna "alimentare" (dopo la Spagna e la Francia, puntuale, Roma) e il disarmante autospot Medusa (che distribuisce in 600 copie, dal 20 aprile) a La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo santificato da Woody stesso in Campo de' Fiori, restano un paio di battute folgoranti in ambito coniugale.
PAOLO FERRARI E SIGNORAAlla moglie, afrori dell'antica misoginìa, il regista riserva le uniche cattiverie del film. La prima è tipicamente alleniana: "Se sei in contatto con Freud ti consiglio di farti ridare il denaro". La seconda, rivelatoria, somiglia quasi a un autoscatto: "Non provare a psicanalizzarmi. Hanno tentato in molti. Hanno fallito tutti". Peccato. Per capire qualcosa dei nessi e delle ragioni alla base della mancata impresa di un genio, sarebbe servito lo "strizza-cervelli" (altro dèja-vù) evocato a più riprese nel film.