Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
VALERIA MANGANI OCN UN OCELOT DI ANNI MORTO DI VECCHIAIA1- SALUTO AL KAISER!
Paola Pisa per \"Il Messaggero\"
In nero, colletto della camicia alto quattro dita, capelli chiusi in una codina, la parlantina a raffica in tutte le lingue del mondo, Karl Lagerfeld arriva al Chiostro del Bramante per la mostra delle sue fotografie e ci resta quindici minuti. Tutti dicono e sperano: tornerà. E lo aspettano girando per le sale dove sono esposte le immagini di \"Percorso di lavoro\", decine e decine di scatti dello stilista su personaggi della moda, paesaggi di Parigi, plastici nudi maschili, ritratti di famosi come Serge Gainsbourg, Benicio del Toro, Nicole Kidman. Alla supertop Stella Tennant, inglese, è dedicata una saletta. Ci sono una infinità di bellissimi volti di modelli. E il chiostro si riempie.
SIVIA FENDI CON FIGLIA salutare Lagerfeld, detto il Kaiser, ecco Anna Fendi, Silvia Venturini Fendi e Delfina Delettrez. Arrivano il ministro Brunetta e la moglie, il principe Fabrizio Massimo, Guglielmo Giovanelli Marconi, Sandra Verusio, Marisela Federici, Nicola Romanof, Elsa Martinelli, Selma Dall\'Olio, Elvira Amphiteatrof, Edoardo Vianello e tantissimi altri. Poi cena in casa: ricevono Carla Fendi e il marito Candido Speroni.
Gli invitati sono selezionatissimi, molti sono amici di Karl Lagerfeld: Kim Rossi Stuart e Ilaria Spada, Brando De Sica, gli stilisti Pier Paolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri, Ugo Brachetti Peretti, Matteo Marzotto, Mafalda d\'Assia, Asia Argento. Il sindaco ha promesso di passare. Ci sono anche Giorgio Ferrari e Adriana Asti, il conte Franco Savorelli, Alessandra Borghese, Aurelio e Jacqueline De Laurentiis, Marella Caracciolo Chia, Dante e Francesca Ferretti.
REPARTO GRANDI GNOCCHE2- LA CODA DI LAGERFELD
Quirino Conti per Dagospia
La questione resta irrisolta: se fu cioè un ignoto perditempo on the road, tra una strippata e l\'altra, a decidere - per comodità e su una spericolata Harley Davidson - di raccogliersi i capelli alla nazarena in un più comodo codino sulla nuca (e dunque con ascendenti oltremodo tumultuosi, anche se pragmatici e quanto mai sconsigliabili), o non sia stato invece, quell\'esatto e proporzionato codino (in una stagione lontanissima da qualsiasi ipotesi di acconciatura men che naturale), frutto determinato di un citazionismo estremamente colto e sofisticato; scoccato in Rue de l\'Université - tra daybed firmati Cressant, sedie e letti Heurteaut, stanze Luigi xvi interamente tappezzate di faille di seta, velluti e broccati -, nella fertilissima mente di Karl Otto Lagerfeldt (la \"t\", troppo tedesca, per volere del nostro créateur decadde una volta stabilitosi a Parigi).
RENATO BRUNETTA TITTI OTTAVIANIVerso la fine degli anni Settanta, comunque, l\'aspetto dell\'insuperabile tedesco era già codificato come quello di un santo patrono: pertanto - abolita la barba (nera come il peccato) -, occhiali scuri, ventaglio e una testa tale e quale a quei ritrattini che Chardin dipingeva nella prima metà del Settecento.
Incontrarla a Milano, quell\'acconciatura, era più arduo che non a Parigi o a Roma. Le Grand Hotel et de Milan (dove Lagerfeld scendeva) l\'accoglieva infatti con la stessa intenerita diffidenza che si provava in quegli anni, in quella laboriosissima città, nei confronti di qualsiasi bizzarro sconsiderato, non del tutto in sé.
KARL LAGERFELDNon era infatti divenuto ancora il grande Kaiser; e la futura città leghista era quanto di più concreto e asciutto ci fosse al mondo: bruttina e piena di aziendalisti di successo, allineati ortodossi, e produttivi con pochissimi grilli per la testa (letteralmente). Armani e la sua gloria ne saranno l\'iperbole più espressiva e rassicurante.
E intanto, quel curioso modo di acconciarsi (che era stato degli Enciclopedisti prima e di quanti poi avevano alimentato di teste la fame di una ingorda ghigliottina) era divenuto di tutti; man mano che il sospetto - sempre vigile e cattolico - si diradava e quel ciuffo, quella coda, esatta e irrequieta, cominciava a raccontare un certo ravvedimento in corso, un impensabile inizio d\'ordine: proprio come in quel modo di ravviare e tenere a bada una scapigliatura già fin troppo ardita. Ma non per Lagerfeld, che con la sua bella testa raccolta e scodinzolante inaugurava ufficialmente la sua gloriosa stagione Dix-huitième.
JANNE COLONNA SANDRA CARRAROE lì fu davvero dura stargli dietro; spiegare e far capire cioè alle \"devote gazzettiere\" (come le etichettò una volta per tutte Paolo Isotta) che non si trattava affatto di incipriati cicisbei, di deliziose damine imparruccate, di trine, panier, marteau, baute e marquise. E dunque tutti a rovistare qualsiasi bottega antiquaria (anche le meno attendibili, a dire il vero). Tutti alla spasmodica ricerca di cosa volesse dire, oggettivamente, quel diktat che il Grande Karl aveva dato al mondo: \"Dix-huitième!\" \"...Dix-huitième?!...\" \"Oui, Dix-huitième!\".
ISABELLA BORROMEOMentre lui, con indosso un prezioso abito cinese d\'epoca, corallo e fougère, si faceva fotografare su un lit de parade interamente ricoperto di seta crème ricamata di magnifiche rose policrome e oro; con vistoso fiocco di taffetà nero a trattenere un inamidato colletto da frac.
\"Dix-huitième!\" ordinava pertanto; svignandosela rapido nel backstage di una memorabile collezione Fendi tutta celeste e rosa come un tramonto romano (in realtà, così simile a un Léger). E vallo a capire che non si riferiva a ghirigori qualunque ma a una modernità tanto radicale da aver condizionato da allora ogni svolta stilistica fino ai nostri e ai suoi giorni.
JANNE COLONNA SANDRA CARRAROE dunque, poiché si fantasticava anche di una sua particolare voracità bibliofila, ci si rivolgeva al libraio di fiducia; supplicandolo di scovare qualcosa sul tema. E quello, che istantaneamente aveva annusato l\'andazzo, continuava a sfornare orridi libroni costosissimi, magari su un tardo Anne-Louis Girodet-Trioson o su un superfluo Jacques-Germain Soufflot.
GIOVANI SCAPIGLIATIMentre il terribile sassone si rimpinzava la casa di philosophes - Voltaire, Diderot, Rousseau e Michelet; fino a Duval d\'Eprémesnil, a Le Chapelier e Clermont-Tonnerre. E loro ancora con un caro Prévert tra le mani e magari un intonso Racine. Terrorizzati che l\'uno fosse troppo difficile e l\'altro... precoce. Lui intanto era già a Nicolas Lancret, a Jean Dumont detto \"le Romain\" e a Jean-François de Troy. Perché il terribile, inquieto teutonico era anche colto. Molto colto. E immensamente vorace: di cultura e di denaro, come si bisbigliava. Nell\'87, fu lui stesso a confessare di non accettare consulenze per meno di un milione di dollari. E queste erano numerosissime.
GIANNA TERZI DI SANTAGATA ANNA COLIVAQuando poi del Dix-huitième a Milano e nel mondo ne seppe qualcosa anche l\'ultimo tra gli addetti stampa, lui già stava vendendo tutto. E con un\'asta tanto spietata quanto memorabile non lasciò traccia della sua antica passione stilistica. Tutto nel gran falò della dimenticanza: dopo che quel gusto era divenuto la dannazione della stampa di mezzo mondo.
I DELLETREZTutto, eccettuato però quel codino. Che, ora inargentato, restava come una memoria. Una lontana reminescenza di quell\'esclusivissima passione. Perché, va detto, non si hanno notizie di altre divoranti passioni nel tenace cuore di Lagerfeld; eccettuate quelle assai poco documentate riportate da best seller da quattro soldi.
EDOARDO VIANELLOLagerfeld non sente infatti che un richiamo: quello della mente. E in questo pone ogni sua concupiscenza, ogni sua più segreta perversione. Ogni sua vanità. Tanto che, dopo un amore certo ma chissà poi se davvero consumato, le sue non sono state che storie di puro intelletto. E, purtroppo, anche di crudele oblio. Giacché questo talentuosissimo e bizzarrissimo uomo del Nord usa degli stili e dei cuori con la stessa spiccia disinvoltura di Crono. Jugendstil, Hoffman, Memphis e ogni sorta di novecentismo: cicli e individui divorati con identica cupidigia e leggerezza.
EDOARDA CROCIANIOra, in una casa spoglia ed essenziale - ma ovunque ingombra di qualsiasi cosa -, le dita coperte da anelli d\'argento fino all\'inverosimile, un\'andatura morbida stretta in abiti troppo slim (Slimane), colli altissimi, mezzi guanti di pelle e catene ciondolanti, al vertice del trionfo planetario di Chanel, pone il suo unico, plurimilionario gaudio in foto magnifiche che scatta con la meticolosità con la quale determina e progetta le sue inimitabili creazioni.
DORIANA MANDELLI FUKSAS E FIGLIADai conturbanti nudi di Baptiste, ennesimo amore estetico, a paesaggi senza alcun languore, a modelle che in bianco e nero racconta con il rigore di uno scrittore beat.
Giacché, col suo codino totalmente imbiancato, è già nel nuovo. Senza voltarsi indietro. Perché Lagerfeld, come la biblica moglie di Lot, sa di non potersi voltare. Pena, il suo totale inaridimento. In una statua di sale.
Quirino Conti