1 - LA PUBBLICITÀ PRODOTTA DA RIDLEY SCOTT PER IL PROFUMO DI LADY GAGA "FAME"
http://www.youtube.com/watch?v=qwGE-mhfigA&list=FLNL1ZadSjHpjm4q9j2sVtOA&index=0&feature=plcp
IL CLIP INTEGRALE DA 5 MINUTI
http://www.youtube.com/watch?v=az1-oLmxhHQ
2 - MASCHERE, CORONE E UNA FIABA GROTTESCA. COSÌ LADY GAGA LANCIA IL PROFUMO NERO
Massimo Gaggi per "Corriere.it"
Quando entri con decine di ospiti in abito da sera - tutti, o quasi, mascherati - ti sembra di essere finito sul set di «Eyes Wide Shut». Ma poi dentro, nella penombra del grande «parterre» sotto la spirale del Guggenheim, l'atmosfera cambia: attorno alla sagoma di una bottiglia di profumo grande quanto un'astronave si accalcano centinaia di ospiti che, arrivati con l'imperativo di stupire, indossano con fatica caschi da scherma, corone sovrastate da un animale imbalsamato, le maschere protettive di chi fa saldature.
Yoko Ono attends Lady GagaCi sono Marc Jacobs e Paris Hilton, lo stilista Jason Wu e Lindsay Lohan, la bambina d'oro della Disney divenuta attrice «maledetta». Yoko Ono arriva con in testa un cilindro e un giaccone nero di foggia militare. Ma spalline, galloni, mostrine e medaglie sono di brillanti.
Adesso che la temperatura sale e la padrona di casa, Lady Gaga, si fa attendere, si aggirano disorientati, il trucco pesante già sfatto: personaggi da circo felliniano ma in versione «techno». Tutti intenti a riprendersi l'un l'altro con Ipad, cellulari, fotocamere di ogni tipo. E poi subito chini a twittare, gomito contro gomito, l'iPhone in una mano, il «flute» di uno strano cocktail, un margarita fumante di azoto liquido, nell'altra.
Si accende il maxischermo.
Il film prodotto da Ridley Scott per pubblicizzare Fame (fama), il profumo di Stefani Germanotta, un genio del marketing e della comunicazione che ogni tanto canta, è un'allucinazione «dark»: corpi incatramati, bocche dalle quali esce una canna di fucile. «Fame», gocce nere che a contatto con la pelle diventano trasparenti, nel video diventa un rigagnolo sporco sui corpi. «Il mio profumo è nero come l'anima della fama» aveva spiegato prima ai giornalisti Lady Gaga.
profumo lady gagaUn riferimento al prezzo che si paga per il proprio narcisismo e poi il racconto di come quelli di Coty, la casa di cosmetici che produce il profumo, siano rimasti sorpresi dalla sua pretesa di intervenire in tutte le fasi della produzione e commercializzazione: «Non mi conoscono, ho minacciato di far saltare tutto per un tappo che non chiudeva bene». Bastava dare un'occhiata alle sue biografie manageriali: gli interventi sul marketing di tutti i prodotti di cui è stata «testimonial» - da Polaroid a Starbucks, a Hewlett Packard - e le serate passate con Steve Jobs a discutere di design e nuovi prodotti.
Photographer Steven Klein attends Lady Gaga PARIS HILTON AL LANCIO PROFUMO LADY GAGAAnche qui, al Guggenheim, la regia è tutta sua. Sul grande video scorrono le ultime immagini: una Lady-Gulliver nuda sulla quale si arrampicano minuscoli omaccioni, dorso nudo e bretelle di pelle nera. La bottiglia a forma di capsula spaziale si illumina. Dentro c'è lei distesa su un divano, in versione «bella addormentata». Che gli ospiti, uno dopo l'altro, cercano di risvegliare toccando la sua mano attraverso una feritoia aperta nella cupola di plexiglas.
Una cerimonia che va avanti per quasi un'ora in un delirio di riprese, flash, riflettori. Una Lady G distante, irraggiungibile come Madonna, ma anche la creazione di un evento pensato per offrire a tutti la più classica delle foto-ricordo con la colonna sonora, anch'essa classicissima, delle canzoni di Edith Piaf.
Poi, però, tutto cambia. Lady Gaga si sveglia, esce, va a salutare gli amici, si mischia per qualche momento con gli ospiti, sparisce, lei che non è un gigante, tra la gente. Le «bodyguard» la recuperano e la traghettano di nuovo nella capsula che diventa il suo camerino, affollato di collaboratori mentre lei sotto gli occhi di tutti, ripresa da tre telecamere che mostrano sul maxischermo anche i pori della sua pelle, si toglie la parrucca e il trucco, si spoglia.
Museum Olivier Theyskens and Jessica StamResta con la sua «lingerie», senza paura dei primi piani sugli accumuli di cellulite sulle gambe e i glutei. Fuma sigarette elettroniche, beve tequila. Canterà? Macché. Prende un iPad e si mette a selezionare le immagini da diffondere, mentre un assistente armato di guanti neri e ago elettrico comincia a disegnarle un tatuaggio - un angioletto con in testa la corona della Statua della Libertà - sulla nuca appena rasata in segno di lutto per la morte della madre di un amico carissimo.
Qui non c'è più la «dea-Madonna», solo una moltiplicazione delirante di immagini zoomate e l'interminabile incisione del tatuaggio in un rito che ha tanto il sapore di una demolizione finale dello stesso concetto di «privacy», come nell'auspicio a suo tempo espresso da Mark Zuckerberg.
La gente se ne va, un po' perplessa, mentre lei è ancora a testa in giù. «Davvero è fatto con sangue e sperma?» chiede una signora portando via una boccetta di profumo. Macché, solo incenso, zafferano e albicocca in polvere. Erano i «rumors» messi in giro da un'abile campagna di marketing «estremo». Pure quella concepita dalla diabolica Germanotta, probabilmente.