Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
1 - DON GIOVANNI NON TROMBA PIÙ
Marco Travaglio per "Il Fatto Quotidiano"
Han messo la cintura di castità persino a Don Giovanni. Il libertino mangione e beone autobiografico di Mozart ha dovuto adeguarsi al clima di sobrietà imposto dal governo tecnico, trasferirsi al Centro Chenot di Merano e iniziare un periodo di penitenza e astinenza totale dalla carne, dal cibo e dall'alcol.
VINCENZO GRILLI E COMPAGNA eQuesta almeno l'impressione che si ricava dalle slurpanti cronache sulla Prima della Scala, dove troneggiavano nel palco reale i sobri presidenti Napolitano e Montimer, raggiunti più tardi da uno strano Commendatore di cui si dirà. Titolo de La Stampa: "Il Don Giovanni si fa sobrio", "Meno botox e più loden, un trionfo minimalista". Repubblica: "Alla Scala debutta la sobrietà bipartisan".
UMBERTO ECO eIl Mattino: "Un Don Giovanni sobrio, ovazione per Napolitano". E giù ridicole giustificazioni di vip e vippesse addobbati come alberi di Natale che tentano di sminuire i milioni che portano addosso per passare inosservati. Formigoni: "Il mio smoking è vecchio di 10 anni". Pisapia: "Il mio è no logo". Diana Bracco: "La pelliccia l'ho tirata fuori dall'armadio, i gioielli sono di mia mamma". Gae Aulenti: "La mia cappa avrà 30 anni".
La Shammah: "Il mio cappotto è sempre lo stesso perché è l'unico". La ministra Cancellieri: "La sobrietà mi pare un elemento importante". Tranne che per la mondanissima Giovanna Salza in Passera, in blu-celeste con spalle scoperte. La Stampa la descrive sobriamente "incintissima" e "preoccupata per la calca" (e stare a casa?): fortuna che "il marito l'ha guidata fuori dal guado, come speriamo farà con le finanze nazionali".
PISAPIA E COMPAGNAeSobrissimo il saluto del maestro Barenboim a Montimer: "Tutto il mondo sta pregando per lei". Soprattutto il Vaticano che ha sfangato l'Ici anche stavolta. "Lusso, ma senza dare nell'occhio", chiosa il Corriere, "anche per i signori: doveva essere l'anno del loden, tutti in verde e blu alla tirolese. Niente da fare: gli uomini preferiscono il cappotto nero. Come Giorgio Napolitano". Sir George vende moda.
C'è - lecca La Stampa - "voglia di serietà e professionalità... dunque quello di ieri sera è stato davvero il Don Giovanni del governo tecnico... La morale della serata è che nei momenti di crisi... ci si aggrappa alle Istituzioni, che almeno sono lì da tempo e risultano, se non risolutive, rassicuranti. Come la Scala... Confermano questa voglia di autorevolezza gli applausi, per nulla rituali, a Napolitano: all'ingresso in teatro, all'ingresso in sala", dappertutto.
NAPOLITANO PISAPIAe"Mai - turibola Repubblica - s'era visto alla Scala un trionfo istituzionale così bipartisan, un evento davvero inusitato, un messaggio politico di coraggio e concordia, in tempi cupamente difficili". "Mondanità sì, ma con sobrietà", incensa il Mattino: "Quasi tutti gli ospiti, tra cui il presidente della Repubblica, si sono adeguati al clima di austerity da piena recessione e aderito all'appello alla sobrietà lanciato dal sindaco Pisapia".
LORENZA LEI eGli unici che non hanno colto il segnale sono gli sparuti contestatori in piazza, che han lanciato un poco sobrio uovo all'auto di scorta di Montimer, scavalcati però a sinistra dall'ultimo dei Tupamaros: lo scalmanato zio Tibia Sallusti, che in passato faceva da scudo col suo corpicino, steso a pelle di leopardo per intercettare i lanci di oggetti e ortaggi contro il padron Silvio, ora indossa l'eskimo, impugna la chiave inglese e trasforma il suo Giornale in house organ di Servire il Popolo: "La crisi? Smoking e gioielli. Sacrifici, ma non per tutti. Tra una tassa e un aumento, Napolitano e Monti si ritrovano nel lusso della Scala". Bei tempi quando alla Prima andava quel senzatetto di B.
GIORGIO E CLIO NAPOLITANOeA proposito: sarà proprio vero che non ci fosse, l'altra sera, alla Scala? Le cronache riferiscono di un basso sudcoreano che, sul finire, ha lasciato il cimitero per apparire sul palco reale alle spalle dei due presidenti e intonare un cavernoso "Di rider finirai pria dell'aurora!". Basso, occhi a mandorla... Siamo proprio sicuri che quel Commendatore non fosse in realtà un Cavaliere all'ennesimo lifting?
2- SCALA CRONACHE DA ISTITUTO LUCE
Fosca Bincher per "Libero"
La velina del Miniculpop, mese primo dell'era Mario Monti, ha fornito la parola chiave: «sobrio». E nessuno ha disobbedito. Ieri mattina qualsiasi giornale italiano ha raccontato la prima alla Scala inserendo almeno un «sobrio» nel titolo. L'hanno fatto pure Libero e Il Fatto quotidiano, sia pure canzonando il termine. Ma la velina anche lì è stata rispettata. Siamo alle prime prove di regime, e quindi qualcosina della macchina organizzativa va ancora messo a punto.
EUGENIO SCALFARI CON MOGLIE E FIGLIAePer qualcuno il più «sobrio» era Giorgio Napolitano, per altri Mario Monti, altri ancora hanno definito «sobrio» il Don Giovanni, l'opera stessa di Mozart messa in scena per l'occasione. Natalia Aspesi su Repubblica ha rispettato le consegne cercando - magnanima - di comprendere tutto e tutti: «Se alla Scala debutta la sobrietà bipartisan», titolava in prima pagina. Chissà cosa avranno capito i poveri lettori.
DSC eAvranno immaginato che il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, avesse emanato un'ordinanza per vietare la vendita di alcolici. Quindi nessuno è riuscito ad arrivare alla Scala ebbro di fiumi di champagne, prosecchino o barbera. E chissà se con tanta profusione di sobrietà attribuita perfino al libretto dell'opera, che non ci sia chi ne abbia immaginato l'ardita riscrittura: il Don Giovanni sciupa femmine trasformato in alcolista anonimo ormai uscito dalla schiavitù della bottiglia. Sobri tutti, ebbri certo gli scrittori delle cronache della serata. Che hanno raggiunto vette di inconsapevole comicità scimmiottando i più classici cinegiornali Luce del ventennio.
DSC eAll'epoca Benito Mussolini raccoglieva a torso nudo il grano. Oggi i suoi successori sventolano sobrietà accaparrandosi palchi e posti in platea che in media costano 1.200 euro a posto (l'altro anno l'incasso fu di 2,4 milioni di euro e i posti a disposizione sono 2.030). Siccome una prima alla Scala è raramente diversa da se stessa, anche quest'anno sono apparse come sempre grandi dame della politica, dell'economia e dei salotti impellicciate e ingioiellate come la Madonna di Pompei.
Ma nel mese uno dell'era della sobrietà sui cinegiornali dell'Istituto Luce anche questo particolare ha trovato la sua giusta misura. Scriveva ieri Il Mattino in prima pagina che «pellicce e gioielli non possono mancare a una prima della Scala», ma che
quest'anno «i visoni erano già nell'armadio e le parure luccicanti sono di famiglia».
Si vede che negli anni precedenti i vari Passera, Monti, e Grilli si preparavano alla prima della Scala all'inizio dell'autunno partecipando a faticosissime battute di caccia al visone sugli Urali. Ora nell'anno uno dell'era sobria, hanno costretto le gentili consorti a liberare dalla naftalina la pelliccia dell'anno precedente, ed è monito severo a tutti i pensionati italiani: così si risparmia. Poche storie sul congelamento degli assegni: la sera a tavola tirate fuori la zuppa di ceci dell'anno prima.
Quanto ai gioielli - da quest'anno rigorosamente «di famiglia», non sapremmo che immaginare sul passato: venivano acquistati all'asta da Christie's prima di Sant'Ambrogio? Erano provento di rapine a mano armata? La cronaca milanese di Repubblica ieri oltre a ripetere questo slogan trasversale «Gioielli di famiglia»". annunciava che «L'austerity della finanza vince su lustrini e pailettes. In platea abiti sobri, banditi (o quasi) gli eccessi».
DSC eSiccome scappava da ridere anche a chi faceva i titoli, qualcuno deve avere aggiunto «o quasi» dando un'occhiata alle foto sotto il titolo. Spiccava l'abito «nude look» indossato da Maria Vedovelli, ingegnere di Pavia: pellicciotto di terz'ordine sulle spalle, microgonna e velo nero trasparente sulle gambe nude. Si specifica che l'abito è stato «autoprodotto», e va bene. Ma altro che sobrio!
Quel che non mostravano le foto (il contrario dei titoli), descriveva il testo: «Tra le tante pellicce di visone, persiano e cincillà indossate fra l'altro da Rosanna Sangalli, Laura Borrelli, Mercedes Sacroni e Claudia Buccellati, spiccava anche la giacca di lince portata da Maria Brivio Sforza sopra un abito di Luisa Beccaria».
DSC eDa non perdere l'industriale Diana Bracco «che esibiva un abito in pizzo e micro ruches, impreziosito con i gioielli della mamma e una stola ad anello di cincillà». Gabriella Dompè sulle spalle aveva «una stola che sembrava di velluto, ma in realtà era visone rasato». Sabina Negri aveva «un abito-chador», Daniela Javarone «un abito ispirato a Barbie». Trovarne di prime della Scala sobrie così! I titoli di coda del primo cinegiornale Luce si trovavano su La Stampa.
DSC eSobria didascalia accanto alla foto di Corrado Passera e della moglie, Giovanna Salza: «La signora è incintissima, il marito l'ha guidata fuori dal guado, come speriamo farà con le Finanze nazionali». Sì, certo, lo speriamo tutti. Chi ci conduce? Il Duce! Ah, no... Chi ci insegna a fare i conti? Monti! Chi ci fa passare il guado? Corrado!