A BERLINO! A BERLINO! FINALMENTE LA PIRELLI SCODELLA UN CALENDARIO D’ARTE - FINITA L’ERA DEI FOTOGRAFI DEL LUOGO COMUNE FASHION, ORA TOCCA A PETER BEARD - GALA IN UNA EX STAZIONE CON IL RAMPOLLO DI LENNON-ONO E LA VETUSTA VERUSKA

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  • Maria Corbi per \"La Stampa\"
    Foto Guindani

    ArturoArturo Artom Alessandra Repini

    Nude contro la fine del mondo. Un po\' sintetico ma potrebbe essere questo il sottotitolo al calendario Pirelli 2009 scattato in Botswana, nell\'oasi acquatica sul delta del Okavango, dal fotografo Peter Beard, ambientalista convinto, nemico giurato di Bush, che ha mischiato in questi 12 mesi sensualità, ambientalismo, etica, politica, erotismo. Un collage di suggestioni reso tale e quale in 56 tavole che mischiano animali e natura ai corpi di 7 top model tra cui una sola italiana, la solita Maria Carla Boscono.

    «L\'uomo che ferisce la natura e finisce per uccidere se stesso», questo il messaggio di Beard, condiviso anche dal padrone di casa qui a Berlino, Marco Tronchetti Provera, che ha promosso questo calendario come «il migliore che abbia mai visto». «Il significato è nell\'averlo collocato in uno dei pochi posti al mondo non contaminati dall\'uomo, proprio nel momento in cui stiamo tutti subendo le cattive scelte fatte dagli uomini e non solo in natura».

    E\' un Tronchetti Provera versione «green» - quello che parla a Berlino - che confida come si sia posto il problema di «annullare tutto» visti tempi di crisi. «Non c\'è niente da festeggiare ma questo calendario è diverso perché contiene un messaggio importante. Solo la consapevolezza dei nostri errori ci porterà a superare la crisi. E in questo l\'elezione di Obama è un segnale di discontinuità che coinvolge non solo gli Stati Uniti». Non una festa, quindi, ma solo una presentazione a Berlino nella vecchia stazione ferroviaria che collegava a fine \'800 la capitale con Dresda, Vienna e Praga.

    MarcoMarco Tronchetti Provera Peter Beard

    Annullato lo show per dare spazio solo al filmato e alle foto del calendario 2009. Eccole le ragazze nude (e allusive?) appese alle zanne di un elefante, con Maria Carla che si toglie il perizoma prima di affondare il corpo in una melma verdognola popolata da serpenti. E ancora tigri, antilopi, giraffe, zebre, manguste. Un enorme bacarozzo scivola sulla faccia di Isabeli Fontana che non trattiene il disgusto e una lacrima.

    Altre due modelle scappano inseguite dall\'elefantessa Cathy, vera star di «The Cal» che gioca e recita come una consumata attrice davanti all\'obiettivo di Peter Beard. «Se non capiamo la metafora dell\'elefante siamo finiti», dice il fotografo. «Siamo entrambi nemici del\'ecosistema, non sappiamo preservare le risorse, stesse nevrosi territoriali, atteggiamenti da branco, siamo aggressivi, gelosi...». Così l\'elefante morto attaccato dagli sciacalli diventa il simbolo di quello che presto potrebbe capitare all\'uomo.

    Foto che miscelano impegno ed erotismo, con seni, sederi, sguardi ammiccanti che tornano sulle pagine patinate del calendario più ambito del mondo - destinato a sole 25 mila persone - dopo il 2008 casto imposto dalla rigida morale del governo cinese. Un libro più che un calendario, da sfogliare, da leggere (ci sono appunti del diario privato di Peter Beard) che ha richiesto un grande lavoro anche nella ricerca delle modelle costrette a scappare davanti alle zanne degli elefanti, a cospargersi di fango e escrementi, a usare serpenti come bracciali, a farsi stritolare il seno da una proboscide. Prove che hanno fatto rispondere a Kate Moss, che doveva essere la star di questa edizione, «no grazie».

    FabianaFabiana Giacomotti Antonio Gallo

    Sette protagoniste, sette ragazze dalla pelle bianchissima, con solo alle pagine finali l\'apparizione di una modella dalla pelle di ebano ritratta mentre si dimena tra le mani di indigeni del Botswana, forse un rito magico, forse un sacrificio, in questo atto di accusa all\'uomo che distrugge tutto e che sta distruggendo anche la bellezza femminile, «l\'unica cosa che potrà cambiare il mondo», secondo Beard. E secondo Dostoevskij, naturalmente.

     

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