Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Estratto dell’articolo di Mattia Feltri per “Tutti Libri - La Stampa”
pierluigi battista foto di bacco
Leggo Pierluigi Battista e mi viene in mente Isaiah Berlin quando parlava un po’ immalinconito degli estremismi, di destra e di sinistra, così affascinanti per i giovani, e non solo per i giovani. Gli estremismi, di destra e di sinistra, e si possono aggiungere quelli di più incerta e volatile collocazione fondati di recente proprio in Italia, sono accomunati dalla promessa rivoluzionaria: loro spazzeranno via tutta l’ignavia, tutto il mellifluo, tutta la corruzione morale e materiale, e rifonderanno l’uomo e la società in un’alba così luminosa da dissolvere le tenebre.
E invece, spiegava Berlin, un povero liberale – definizione vaga ma tocca schematizzare – non ha nulla di incendiario da offrire: soltanto ripari edificati al meglio possibile col legno storto dell’umanità.
Infatti i tre eroi di Battista – Hannah Arendt, Albert Camus e George Orwell – oltre al molto dettagliato nel libro, mi paiono affratellati dall’irrimediabile malinconia di chi sa non mentire anzitutto a sé stesso, coglie l’imperfezione dell’uomo e dunque anche la propria, e non spaccia la palingenesi sul suo banchetto al mercato della politica.
annalena benini foto di bacco (1)
Una malinconia che potrebbe essere scambiata per arrendevolezza, soprattutto davanti alla violenta sicumera di avversari e calunniatori dei tre eroi, colpevoli di diffidare o addirittura di diffamare la grande marcia verso l’orizzonte dell’avvenire.
[…]
Battista non intende additare i colpevoli, ma illuminare una diffusa tendenza degli intellettuali a mettersi a favore del vento della Storia, mentre i nostri tre eroi hanno sempre camminato col vento addosso perché lo ritenevano inevitabile.
Per proporre un solo esempio (ma le pagine su Hannah Arendt, ebrea tedesca esule, già allieva e eternamente innamorata di un caricaturale Heidegger coi pantaloni alla zuava e la svastica all’occhiello della giacca, e additata come nazi dalla spensierata intellettualità francese dopo l’uscita della Banalità del male, ecco, quelle sono pagine strepitose): quando va a ritirare il Nobel, Albert Camus pronuncia la notissima ed equivocatissima frase: «Credo nella giustizia, ma prima della giustizia difenderò mia madre».
E cioè, sono gli anni della questione d’Algeria, Camus è da sempre avversario del colonialismo francese, ma a un certo punto si arresta davanti alla brutalità del terrorismo che colpisce a casaccio – potrebbe colpire sua madre – poiché il tributo di sangue innocente svapora davanti al totem delle grandi cause.
[…]
Arendt, Camus e Orwell attraversano i loro tempi di fiamma sfidando la sterminata e feroce massa degli illusi, accettando la solitudine, non cedendo al delirio collettivo della bontà perseguita con la malvagità, della necessità di ammazzare l’uomo per il bene dell’uomo, del chiudere gli occhi davanti alle nefandezze della propria parte, e cioè restando saldi nella malinconia nel guardare il furore dell’umanità che si crede divinità.
Ed è inevitabile per Battista aggiungere ai tre moschettieri il quarto: Simone Weil, che nel suo Poema della forza coglie la struggente malinconia degli eroi omerici che esercitano la forza sapendo di essere destinati a subirla, poiché l’uomo è inevitabilmente impantanato nella sua finitezza e nell’Olimpo non esiste dio sufficientemente grande da accudirlo. I greci ebbero la forza di non mentire a sé stessi, scrisse Weil.
francesco piccolo foto di bacco
Battista si tiene abbondantemente alla larga dalle ridicolaggini contemporanee, e fa bene a restare al cospetto dell’enormità che fu il Novecento. Ma a me continuava a ronzare in testa il Berlin accennato all’inizio, e all’incredibile disperatissima propensione a credere nell’incredibile, a chi la spara più grossa, a chi cancellerà la corruzione, a chi cancellerà la povertà, a chi cancellerà l’immigrazione, a chi ci restituirà un mondo perduto bucolico e armonioso.
Continuavo a pensare a una tragedia involuta in farsa, ai continui abracadabra da cui ancora ci lasciamo abbindolare, perché bisogna almeno saperlo che è un mercato in cui è la nostra domanda a ingrassare l’offerta.
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