Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
SCRITTORI A CAPALBIO...
Dal Corriere della Sera" - Parte a Capalbio la rassegna «Uno scrittore un'estate», con una doppia presentazione, «L' era del cinghiale rosso» di Giovanna Nuvoletti, e «I profeti disarmati» di Mirella Serri. L' intenso programma, che si concluderà il 29 e 30 agosto con la proclamazione dei vincitori dell' ottava edizione del Premio Capalbio (la giuria è composta dai vincitori delle edizioni precedenti), prevede quest' anno la partecipazione di molti saggisti: tra gli altri, Furio Colombo, Stefano Rodotà, Arrigo Levi, Umberto Ambrosoli, Sergio Romano, Massimo Franco, Marco Travaglio e Peter Gomez.
Presidente del Premio Capalbio è Gianni Aringoli, che la prossima settimana farà un' offerta per rilevare e rilanciare il Premio Grinzane Cavour, di cui era animatore Lorenzo Sorìa, incriminato per appropriazione indebita di denaro pubblico.
2 - «LA MIA CAPALBIO SPETTINATA»
Cristina Lacava per "IO DONNA"
Anno 1977. Una Mercedes sfreccia sull'Aurelia: a bordo una signora con il fidanzato, "Amilcarino caro", e l'annoiata figlia adolescente, Libera. All'improvviso, in cima a una collina, un paesino cinto da mura, con la torre in mezzo. E intorno il nulla. La ragazzina si risveglia: "Cariiiino", ma viene stoppata: "Capalbio, un postaccio. So' tutti intellettuali e comunisti, morti de fame. Ce vanno pecché le case te le tirano dietro ppe' du' mele e 'n zacco de patate".
Nicola Caracciolo e Claudio Petrucciolo - Copyright PizziPoco furbo, Amilcarino; se avesse comprato una stamberga dell'Ente Maremma invece di filare all'Argentario, oggi sarebbe un onorato membro della piccola Atene e potrebbe rivendere la sua bicocca a peso d'oro.
È invece attraverso lo sguardo di Libera, che Giovanna Nuvoletti, giornalista e fotografa, moglie di Claudio Petruccioli, ex presidente della Rai, racconta l'amata Capalbio nel suo ultimo romanzo L'era del cinghiale rosso (Fazi editore), terra di lotte e di cinghiali, di zanzare e profumo di mirto, di cene che iniziano sempre più tardi e finiscono sempre prima. E dove lei oggi sta crescendo i suoi undici nipoti.
Un paese che quarant'anni fa sembrava un collegio e che oggi, spariti i butteri (neanche le mucche stanno tanto bene), è dominata - pare - dall'odiata razza dei ricchi/str.../comunisti, allegramente riuniti. «Le tre categorie insieme, mai» assicura Nuvoletti. «L'unico ricco comunista che abbia mai conosciuto, Giangiacomo Feltrinelli, a Capalbio non ci veniva. I comunisti che negli anni Settanta andavano in Maremma erano squattrinati. Chi poteva se ne andava a Porto Ercole».
Nicola Caracciolo - Copyright PizziGiovanna Nuvoletti i luoghi comuni non li sopporta. Per questo, ma anche per altro (passione, nostalgia, o solo per riderci su) ha raccontato in questo suo secondo delizioso romanzo la Capalbio mitica e quella degli "asciugamani firmati", i parvenu. Nel libro d'esordio, Dove i gamberi d'acqua dolce non nuotano più, aveva già ricordato l'infanzia in Versilia, accanto a una madre infelice, Adriana Pellegrini, e lontano da un padre adorato, il conte Nuvoletti, che in seconde nozze aveva sposato Clara Agnelli.
Una volta lei ha versato una pentola di spaghetti al sugo sulla testa di un tale che l'aveva chiamata "contessa Agnelli". Le sembra un insulto?
«I pochi Agnelli che ho conosciuto sono adorabili. Ma non sono una di loro, e mio padre il titolo l'aveva ricevuto, non ereditato. Ho sempre lavorato per vivere e nemmeno mio marito è ricco. Nonostante l'Espresso abbia scritto che a Capalbio si aggirava con una cavigliera d'oro: era un portafortuna brasiliano. Rosso».
Lei narra, tra l'altro, di un'epica battaglia a colpi di bucce d'anguria, negli anni Settanta, in una trattoria. Coinvolti nella bagarre anche due filosofi: Giacomo Marramao e Alberto Asor Rosa.
«È tutto vero quello che scrivo: le sfide a colpi di zuppe di pesce tra Achille Occhetto, ai tempi non ancora segretario del Pci, e mio cognato Sandro; le torte in faccia tra me e la moglie dell'allora gallerista Philippe Daverio alla festa per i quarant'anni di Maurizio Rossi, proprietario della trattoria Da Maria, mentre i pastori sardi arrostivano le pecore sullo spiedo. O ancora, una serata in una casa di piazza Magenta, nel centro storico, dove a un certo punto un noto scrittore che non nomino sparì nel bagno, e ne uscì barcollante dopo un'eternità: si era scolato un flacone di dopobarba».
Buontemponi.
«Ci divertivamo. Noi della Capalbio spettinata eravamo interclassisti. A piazza Magenta ho visto un dirigente del Pci locale che declamava versi in ottava rima, mentre poco dopo un giovane Benigni se ne partiva con uno sproloquio in toscanaccio, per il film Il comizio. Nella stessa piazza, oggi, gli intellettuali si presentano l'un l'altro i libri».
C'erano anche quelli della Capalbio pettinata?
«Mai visti, stanno chiusi in villa: parlo dell'aristocrazia milanese - i Puri, per esempio - con i casali intorno al lago di Burano, la piscina e l'accesso diretto al mare. Quello fa la differenza. Quando si è sposata la figlia di Tronchetti Provera, qualche anno fa, c'erano 1.500 invitati serviti da 150 camerieri e 50 cuochi; la litoranea bloccata e un chilometro di spiaggia chiuso al pubblico».
Una definizione di Capalbio?
«La migliore è quella di Philippe Daverio: un posto a metà tra Plan della Tortilla e il villaggio di Astérix. Lui continua ad amarlo, anche ora che è stato sfrattato e si è trasferito a Tarquinia».
Altri invece sono migrati a Cetona, o a Bagno Vignoni.
«Se ne sono andati quelli che cercano l'aperitivo o usano l'elicottero per evitare il traffico sull'Aurelia. Che prendono casa a Capalbio perché fa figo e credono ci sia il mare sotto casa e non a un quarto d'ora di strada tutte curve. E le barche: perfino Piero Ottone ha disquisito di come si ormeggia a Capalbio. Eppure non c'è mai stata l'ombra di un porticciolo. Solo dune ventose, e due accessi, a Chiarore e a Macchiatonda».
Chiarone, ovvero L'Ultima spiaggia: ogni ombrellone, un vip.
«Guardi questa foto, l'ho fatta domenica scorsa; però la tengo per me sennò mi cacciano». Sotto i teli blu, una marea umana ad altissima densità. Difficile individuare i vip, tra secchielli e cellulite. Riconoscibili invece parecchi "asciugamani firmati".
Ma è vero che Capalbio "non è più quella di una volta"?
«Lo sento dire da un quarto di secolo... Spero solo che si sgonfi la bolla mediatica; Repubblica ha scritto un sacco di balle. Il Corriere no, e Lina Sotis è perfetta. Ma gli altri! Avevano Occhetto, Petruccioli, Rutelli e Napolitano a portata di mano: è nato tutto così».
Lei è stata eletta la più antipatica di Capalbio. Sa che le dico? Non è vero.
(Ride) «Me l'ha detto mio figlio Giacomo, l'ha letto qualche anno fa in una rivista. Avevo da poco perso mio cognato, l'invalidità all'orecchio mi costringeva a smorfie strane. Forse ero stata male interpretata. Ma non voglio essere simpatica a tutti».