Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
QUEL PATTO A SORPRESA TRA FINI E D'ALEMA: "MAI STATI COSÌ VICINI"..
Massimiliano Scafi per Il Giornale
E a un certo punto Gianfranco Fini viene assalito da un atroce dubbio: «Mi sto accorgendo che condivido sempre di più quello che dice D'Alema. Qualcuno, come al solito, commenterà che sto diventando di sinistra. Ma non sarà il contrario, che è lui che si sta spostando a destra?». Ride il presidente della Camera, sghignazza pure Max, anche lui alle prese con problemi «esistenziali» e di schieramento.
«Dite che ho una seconda anima, per giunta di destra... Difficile capirlo. Ma nella natura umana si fronteggiano motivazioni diverse, tra cui l'individualismo tipico dei politici». E così, in attesa di stabilire chi dei due è il gemello destro e chi il sinistro, sul palco del convegno dell'osservatorio giovani-editori gli amiconi Fini e D'Alema danno plasticamente forma a una specie di patto che va molto al di là della semplice colleganza o cortesia istituzionale.
Succede infatti che D'Alema cominci a parlar bene di Fini già di prima mattina, appena sceso dalla macchina. «Ho molto apprezzato che il presidente della Camera abbia voluto difendere la dignità del Parlamento di fronte all'aggressione del capo del governo. Credo che sia un punto di riferimento importante per la democrazia».
ANDREA ceccherini CON GIANFRANCO FINI E MASSIMO D'ALEMA - copyright PizziFini però stavolta evita di polemizzare ancora con Silvio Berlusconi. Precisa: «Non ho mai dichiarato di essere contrario alla riduzione del numero dei parlamentari. Anzi, sono da sempre convinto che il ceto politico italiano sia pletorico e sovrabbondante e che è arrivato il momento di una sforbiciatina».
ANDREA ceccherini CON GIANFRANCO FINI E MASSIMO D'ALEMA - copyright PizziSuccede pure che i due si applaudano reciprocamente e vistosamente. Succede che si trovino d'accordo su diversi argomenti. Sul modo di far politica, «troppo tattica e poco strategica». Sull'immigrazione. D'Alema parla di razzismo, dice che oggi in Italia «a Obama chiederebbero il premesso di soggiorno», che il nostro è, «piaccia o meno, di fatto già un Paese multietnico» e invita a tenere fuori irregolari, delinquenti e clandestini ma a «non restare chiusi nella paura, altrimenti perderemo».
Fini, in platea annuisce e batte le mani. Poi, quando tocca a lui, va quasi oltre: «Dove sta scritto che la parola d'ordine della destra nei confronti dell'immigrazione debba essere solo "respingiamoli", cosa giusta nel caso dei clandestini? Io dico invece "integriamoli"». Succede che il presidente della Camera dica altre cose «di sinistra». Come sui gay. «Ho ricevuto una delegazioni di omosessuali e sono stato criticato. Ma il vero scandalo sarebbe stato non ascoltarli, tanto più che a Montecitorio è in discussione un ddl contro l'omofobia».
ANDREA ceccherini E ANDREA DELLA VALLE - copyright PizziE succede che D'Alema dica una cosa quasi di destra: «Io credo nella famiglia, che è un organismo vivo, è importante per la società, dove si discute e dove si trasmettono valori profondi». E sono d'accordo anche sul rapporto marcio tra una certa politica e una certa informazione, che è uno dei temi del convegno «Crescere tra le righe». «I giornalisti seguano le commissioni e non i parlamentari che bivaccano in Transatlantico, notoriamente fannulloni», dice D'Alema.
E Fini annuisce: «È vero. C'è troppo gossip, troppo retroscena, troppo inseguirsi di dichiarazioni. L'eccesso di semplificazioni e di titoli a effetto dà l'impressione di superficialità. Ma non è solo colpa della stampa. Do ragione a D'Alema, così diranno che sono di sinistra...». Solo su un punto la pensano diversamente, la libertà di stampa. Per D'Alema «l'enorme concentrazione nelle mani di una persona sola condiziona il sistema». Ma qui Fini non lo segue: «Sostenere che non c'è libertà di stampa è infondato».
ANDREA RIFESSER GALATERI DI GENOLA - copyright PizziBAZOLI: VA RIPENSATO IL MODELLO DI CAPITALISMO...
(S. Agn. per il "Corriere della Sera") - È ormai necessario «un ripensamento di carattere generale che deve toccare le radici culturali e ideali su cui si è sviluppato il capitalismo, anche con il contributo della cultura cattolica».
Così il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, si è rivolto alla platea di giovani, oltre 200 tra studenti delle scuole superiori e delle Università italiane, riuniti sabato a Borgo La Bagnaia per il convegno dell'Osservatorio sull'editoria.
Nell'intervento, che non conteneva alcun riferimento alle banche di ispirazione cattolica, Bazoli, sollecitato dalle domande dei giovani sulla crisi, ha sottolineato che esistono, a suo parere, due modelli di capitalismo: uno di tipo americano e uno di tipo europeo. È quest'ultimo ad aver preservato gran parte delle banche europee dalle più pesanti conseguenze della crisi.
Il «Patto di Bagnaia» per i giornali ai ragazzi: un quotidiano per ogni diciottenne
Jacomella Gabriela per il Corriere della Sera
Il primo «patto di Bagnaia», come è stato subito ribattezzato, ha visto la luce sotto una pioggia di flash. E certo non è cosa da tutti i giorni assistere alla stretta di mano con cui due tra i protagonisti della politica italiana, Massimo D' Alema e Gianfranco Fini, hanno siglato insieme al presidente dell' Osservatorio Giovani-Editori Andrea Ceccherini la loro adesione al progetto del Quotidiano in Classe. «Due esponenti di parti distinte - riassume Ceccherini - sono qui a testimoniare il valore per cui leggere serve, soprattutto, a pensare.
Un esercizio essenziale se vorremo fare dei giovani di oggi i lettori di domani, e dei cittadini migliori».
Un ringraziamento speciale va a Paolo Bonaiuti, «per aver voluto lanciare da qui la sua proposta di un abbonamento gratuito di 6 mesi a un quotidiano ai diciottenni che ne faranno richiesta. Sono orgoglioso che se ne sia convinto sulla base della nostra esperienza, ma non penso sia giusto limitarla ai soli partecipanti al progetto; il Paese cresce solo se crescono tutti i suoi giovani». «Felice e onorato di testimoniare il valore dell' iniziativa» D' Alema, «convinto della necessità di lavorare tutti insieme» Fini.
Inizia D' Alema auspicando la rottura del «fronte del male» tra «il cattivo politico, che si riabilita finendo sui giornali, e il cattivo giornalista, che pensa che le dichiarazioni siano notizie», Fini rilancia: «Spero che buona politica e buon giornalismo facciano un patto». Sfumature diverse sulla libertà di stampa, per Massimo «c' è un problema serio di equilibrio dell' informazione», per Gianfranco «se non c' è un editore puro, ci possono essere condizionamenti». Vale anche per la tv?, gli chiede Massimo Gramellini. «Certamente».
Il ministro degli Esteri Franco Frattini chiede alla stampa di «fare educazione civica sui nostri valori», con approfondimenti sulla politica estera; parla di immigrazione ed Europa, rassicura il leader dell' Udc Casini (autore di un appello sul Corriere) sul caso Khodorkovsky.
Che quella di ieri fosse la giornata della politica si era capito da subito, con la risposta di Giuseppe Guzzetti, presidente Acri (l' associazione delle fondazioni di origine bancaria), a una domanda di Francesco, liceale pisano: «Una legge elettorale con un parlamento nominato e non eletto è qualcosa su cui bisogna riflettere». Guzzetti parla del lavoro delle Fondazioni nelle scuole, di integrazione necessaria, di partecipazione. Sulla lavagna scrive il titolo del proprio intervento: «I giovani devono avere speranza e impegnarsi al cambiamento».
Anche Giovanni Bazoli, presidente del Comitato di sorveglianza Intesa San Paolo, sceglie un titolo nella direzione di quella «politica come attività potenzialmente più nobile» le cui sirene, ammette, hanno suonato anche per lui («ma dissi di no»): «La Costituzione come fondamento della convivenza di un popolo». Perfino la tavola rotonda «dei presidenti» - Diego Della Valle (Tod' s), Giuseppe Mussari (Banca Monte dei Paschi di Siena), Marco Tronchetti Provera (Pirelli) - è fitta di riferimenti ai quotidiani «distanti dalla gente perché entrano nel Palazzo»; si invocano «chiarezza e trasparenza», i valori cui si richiamano gli stessi ragazzi.
Che fino all' ultimo partecipano al dibattito - anche da casa, con punte di 50.000 contatti unici su Corriere.it - attenti, irruenti e provocatori, «irriverenti come avevamo chiesto», li ringrazia Ceccherini. Il dialogo, stavolta, c' è stato davvero.
Alla fine del suo intervento, ieri, il presidente della Camera impugna il pennarello e scrive sulla lavagna di carta: «A chi dice quel ke pensa...». Risate e applausi dal pubblico, Fini spiega sorridendo: «È per sintetizzare», poi si arrende ai «puristi» («altrimenti mi sgridano») correggendo in «che». E completando il titolo così: «...preferite chi pensa quel che dice».