Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
Alessandra Longo per "la Repubblica"
Uno schermo montato su un camion preso a noleggio dalla Federazione della Stampa e parcheggiato tra le case di via Teulada. Buonasera agli italiani non ancora normalizzati. In diretta va in onda la prima trasmissione «clandestina» fatta fuori dai cancelli della Rai. Una trasmissione che prende dentro, in un unico indistinto contenitore, tutti i volti noti e censurati dell´ente pubblico. Una trasmissione dove il «pubblico» si mescola ai conduttori, happening che sa di surreale.
Santo della Volpe e Sandro RuotoloEcco Michele Santoro, orfano di «AnnoZero» che, dopo un giorno di veleni reciproci, quasi abbraccia Bruno Vespa (non evitandogli, però, i fischi di un improvvisato loggione), ecco Giovanni Floris in cerca di un luogo fisico dove poter materializzare nuovamente «Ballarò», ecco Lucia Annunziata che si è autocassata da sola abbandonando provvisoriamente «In Mezz´ora».
SABINA GUZZANTIÈ appena tornata dall´Iraq: «Lì potevo parlare liberamente delle elezioni irachene, di sunniti e sciiti, qui non posso intervistare Rosy Bindi...». La censura «birmana», come la chiama Luca Barbareschi, che pure è del Pdl, colpisce e irrita l´anchorman preferito di Berlusconi. Vespa arriva tardi, un po´ a sorpresa («Ho registrato un «Porta a Porta» che andrà in onda tra un mese. Passavo di qua»): «Quanto è successo è molto pericoloso... una bruttissima pagina di democrazia».
Roberto NataleTiepidi applausi. Poi, però, rivanga le sue dimissioni da direttore del Tg1 nel 2003: «Non ebbi nemmeno una riga di solidarietà. Dovreste riflettere». Qui partono i fischi, sono i ragazzi del popolo viola, arrivati con i loro cartelli contro Minzolini. Vespa non si scoraggia, rincara, la piazza rumoreggia: «Ammiro Santoro, ma se esistono le regole le devono rispettare tutti, io sono abituato a rispettarle e non mi convincerete mai del contrario». Fine del comizio.
Roberto Natale, presidente della Fnsi, e Giovanni Floris, padroni di casa, compensano l´accoglienza ostile, da padroni di casa un filo imbarazzati: «Grazie comunque di essere stato qui».
PIERO SANSONETTINel salotto aperto di via Teulada, è questo che va in onda: un Paese a rischio, i giornalisti del servizio pubblico in strada a denunciarlo. Bavagli, censure, diktat. Pierluigi Bersani, da via Teulada, lancia parole dure: «Il regolamento della vigilanza è un´aberrazione, ci porta via un pezzo di libertà.
Lo stop ai talk show diventerà un boomerang per Berlusconi. Ha sbagliato i calcoli. L´obiettivo è di non far parlare la realtà, di regalare agli italiani solo i cieli azzurri del premier e i suoi miracoli. Ma neanche in Iran riescono a fermare l´informazione».
PIERLUIGI BERSANISe la Rai chiude i battenti, «il Pd andrà a esporre altrove i propri programmi, anche in canali non televisivi». Lo schermo del camion ha lo sfondo rosso, il disegno di una lampadina e una scritta: «Riaccendiamo tutto». Una parola. Bisognerebbe che l´editore Rai ci ripensasse, che si accorgesse, come dice Riccardo Iacona, «che sta perdendo tutto».
Paolo GentiloniSoldi, autonomia, credibilità. Fermare la macchina impazzita - dice Floris, intervistato dalla giovane contessina Borromeo - ricorrere al Tar per cancellare «un regolamento fesso che segna il punto più basso dell´azienda». Reagire. Con uno «sciopero bianco alla Di Vittorio», cioè continuando a lavorare, secondo Santoro, con uno stillicidio di iniziative, propone Beppe Giulietti, di Articolo 21, «che faccia impazzire il censore».
MICHELE SANTOROSerata strana, amara, di rabbia, di lotta, con Tabacci, Gentiloni, Rosy Bindi, mescolati alla folla. E Fausto Bertinotti che scuote la testa e, pensando al Paese, dice: «Siamo in presenza di una putredine che corrode dal basso»
Paolo Gentiloni Bruno Tabacci