Maurizio Bono per "la Repubblica - Milano"
SHAMMAH«Sì, ho dei gran ricordi di Milano. Ogni tanto provo a fare l´elenco degli scrittori che ci vivevano negli anni Cinquanta, e fa impressione. Soldati, Buzzati, Montale, Vittorini, i miei coetanei Ottieri e Testori, Carlo Bo col quale, pensandola del tutto diversamente, avevamo polemiche violente sui giornali e poi andavamo a cena. E quanti se ne potrebbero aggiungere.
SCIARPETTAO la musica: la Scala di Ghiringhelli che dava 20 o 25 opere a stagione, i pomeriggi musicali al Teatro Nuovo con fior di concerti, la rivista. La domenica sera Bo, Pietrino Bianchi e Marco Valsecchi arrivavano all´edicola sotto i portici dell´Odeon, vicino al Duomo, chiedendo: "È arrivata la corriera dalla Francia?".
Intendevano le riviste letterarie fresche da Parigi. E io che dopo la laurea in diritto internazionale, da borsista dell´Ispi presieduto da Alberto Pirelli (elegantissimo, portava gessati stupendi) andavo spesso a Londra per ricerche, tornavo carico di novità accolte con vera curiosità intellettuale».
Per chi a Milano oggi ha il ragionevole complesso di sentirsi culturalmente nano e che in città si sia perso il gusto di arrampicarsi "sulle spalle dei giganti", ascoltare Alberto Arbasino è insomma motivo di orgoglio e di smacco. Succederà anche al Teatro Parenti, dove si farà festa allo scrittore che ha appena compiuto 80 anni e tiene a battesimo il secondo volume dei Meridiani Mondadori coi suoi romanzi e racconti (il primo è uscito lo scorso ottobre).
POMODORO GRASSOSul palco con l´autore Giovanni Agosti, Silvia Ballestra, Marco Belpoliti, Raffaele Manica, l´attrice Anna Nogara che leggerà brani da Le piccole vacanze, L´anonimo lombardo, La bella di Lodi, Super Eliogabalo. In platea (ingresso libero fino a esaurimento posti) siederà buona parte della cultura milanese riconosciuta e in formazione. Ma si aggirerà anche il fantasma dell´articolo scritto qualche mese fa da Arbasino per Le Nouvel Observateur e Repubblica e fresco vincitore del premio Viareggio: "Quando Milano era ancora Milano".
Ora non più?
«Una delle ragioni per cui ho riscritto e ampliato tre volte Fratelli d´Italia è per dar conto delle conversazioni interminabili di allora, tra giovani universitari che senza nessuna delle interruzioni di oggi, dalla tv a Internet alla playstation, andavano avanti per ore. Adesso dalle finestre illuminate alle sera viene la luce azzurrina dei monitor. Hopper, a cui Milano ha appena dedicato una mostra, coi suoi profili stagliati dietro i vetri doveva aver previsto il computer. Vedendo tante teste chine si possono prevedere le sedute di fitness e wellness che si renderanno necessarie per le sofferenze cervicali».
La Scala, ammetterà, resta. È in scena Rigoletto, va a vederlo?
«Se capita, volentieri. Però, dopo averne sentito negli anni una ventina... Sono appena stato a Berlino e anche lì era pieno di Bohéme. Sarà un fatto d´età, ma sono più curioso di cose mai viste prima. Possibile per esempio che Palestrina di Pfitzner, ambientata a Roma e Trento, non sia mai stata data né a Milano né a Roma? Vero che si comincia finalmente a dare un po´ di Janacek, ma a Vienna e Zurigo lo fanno da un pezzo».
L´arte, la moda, l´architettura, il design?
«Una o due sfilate all´anno importano poco. Un tempo c´erano architetti come Portaluppi, Gio Ponti, Belgiojoso, della mia età Gregotti e Aulenti, Ernesto Rogers che si incontrava spesso a casa Feltrinelli. Gli oggetti di design di oggi è difficile che si comprino per conviverci a lungo. Quanto alle mostre, noto che anche in Germania, dove fino a qualche anno fa allestivano grandi esposizioni sul Novecento, imperdibili perché mettevano insieme opere che ci sarebbe voluta una a vedere in ciascun museo, c´è meno attività. E cala il turismo culturale. Come pensano di attirarlo a Milano per l´Expo?».
Ha scritto che la città «ora appare a se stessa in perdita e ricerca di identità». Trova cambiato anche il carattere dei milanesi?
«Ho un certo rimpianto per quei milanesi veri di una volta che mettevano insieme sense of humour, amore per la musica, gusto nel mangiare e nel vestire. Non so se ne siano ancora capaci o se ora ripetano solo le battute della tv»