1. COSA RESTA OGGI DELLA NEW YORK DI 30 ANNI FA? NIENTE, AL MASSIMO UNA FESTA 2. UN “WEEKEND AT BASQUIAT’S” PER SCIMMIOTTARE I COCA-PARTY DELLO STUDIO 54, PER CELEBRARE UN TEMPO IN CUI MANHATTAN ERA ANCORA IL CENTRO DEL MONDO E BROOKLYN NON ESISTEVA, L’EROINA COSTAVA POCO E I GRAFFITI ERANO “COOL” 3. NASI CHE SIMULANO SNIFFATE SU PISTE DI BOROTALCO. TRUCCHI E PARRUCCHI FLUO. VECCHI FETICCI E GIOVANI POSTICCI CHE SI AGGRAPPANO ALLE CALZE A RETE DEGLI ANNI ‘80

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  • Foto da www.villagevoice.com

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    DAGOREPORT

    Cosa resta dell'eredità di Basquiat? I graffiti della sua arte, il nido d'amore con Alexis Adler nell'East Village, la febbre creativa di quel luogo dell'anima che fu lo Studio 54?
    Niente di tutto questo.

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    Oggi dell'artista newyorchese morto per overdose a 27 anni resta solo una festa-collage di svalvolati che per una notte si illudono di ricostruire la scena artistica della Grande Mela di 30 anni fa, al Cheryl di Williamsburg.

    Dedicata a un tempo in cui Manhattan ancora esisteva e Brooklyn non era neanche sulla mappa. Quando i graffiti erano "cool", l'eroina costava poco e il crack era per gli altri.

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    Quando "le ragazze volevano solo divertirsi", la "gente ballava sui soffitti" e George Michael era etero.

    Trucchi improbabili e parrucche sgargianti. Maschere stravolte dallo sperimentalismo etilico e nasi che simulano sniffate su piste di coca immaginarie. Vecchi feticci e giovani posticci.

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    Mondato dal suo vitalismo artistico, è rimasto di Basquiat solo il demone autodistruttivo che una truppa di sciamannati senza arte, né parte prova a dipingere tra schizzi di colori fluo e sgocciolature di divertentismo. Loffio e retorico, come chi, 30 anni dopo, si ostina a pensare che bastino un po' di coca e un paio di calze a rete per fare subito anni Ottanta.

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