Fabrizio Roncone per il \"Corriere della Sera\" - Foto di Mario e Umberto Pizzi
È sera e a Trinità de\' Monti, in fondo alla Rampa Mignanelli, in fondo ai trentadue scalini che pochi fortunati (?) del Paese scendono felici (alcuni eccitati) per andare a cena nel salotto più ambito dalla Roma che conta - il salotto che autorizza chiunque vi sia invitato a sentirsi arrivato, battezzato, accettato nel giro dei potenti - ecco, esattamente davanti al cancelletto di ferro verde dove la signora Maria Angiolillo, padrona e anzi regina dei sospirati divani, ha fatto allestire un presepe di soli Re Magi, con Gaspare, Melchiorre e Baldassarre a dimensione umana, proprio lì s\'appostano due tipacci dalle apparenti, bellicose intenzioni.
Anna Coliva Roberto D\'Agostino e Umberto Pizzi - Copyright PizziChi sono? Nella penombra si scorge il pizzetto brizzolato del geniaccio inventore del sito Dagospia, cioè Roberto D\'Agostino (cappello talebano, kefia al collo e pantalone scozzese in purissimo stile Mod) e, accanto a lui, il paparazzo più bravo tra quelli su piazza, vale a dire l\'Umberto Pizzi da Zagarolo (con zuccotto natalizio da Babbo Natale ubriaco).
I due se ne stanno torbidi e sghignazzanti dietro a un banchetto su cui hanno esposto una trentina di copie del loro libro «Cafonal», edizione Mondadori, che racchiude il meglio (o, più probabilmente, il peggio) delle foto rubate appunto alla «Roma Godona », a quel mondo che unisce politica e carne cruda (tartare spesso squisite), ma anche carne nuda e affari, accordi espliciti e inciuci.
L\'idea pazzesca insomma è questa: venire a vendere il libro proprio a coloro che l\'hanno ispirato e, di fatto, realizzato (con pose che non vi stiamo a dire). L\'idea fa barcollare la signora Angiolillo. Che esce alla 9 in punto: «Vi siete impazziti? ». Ma già D\'Agostino le è davanti, in ginocchio: «Signora, la prego: accetti in dono questo nostro libro che celebra lei e il suo stupendo mondo...».
arrivo di paolo bonaiuti - Copyright PizziLa vedova del fondatore del quotidiano Il Tempo abbozza un sorriso, si ritrae: «Vi scongiuro...mi rovinate la serata... Così i miei invitati invece di guardare il mio presepuccio, guardano voi....».
In effeti, Sandra Carraro, chicchissima, la prima a venir giù dalla rampa, quando vede D\'Agostino e Pizzi non si trattiene: «Ma siete fantastici!». C\'è la signora Maria Benelli, gran dama fiorentina, che si volta e fa: «D\'agostino... sa che lei è davvero un grande?».
Arriva Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. D\'agostino: «Ahò, ma che tintura usi per i capelli?». E Pizzi: «Lo sai che sembrano i capelli di Pupo?». Bonaiuti ride. Sbeffeggiato, e deriso, ride, ammicca. Come l\'avvocato Giuseppe Consolo, senatore di An, che vien giù sottobraccio a sua moglie, Natasha Romanoff. «Bravi, siete proprio bravi...».
Bell\'atmosfera. Feroce, in bilico. Solo che vien fuori la Sandra Carraro: «Ragazzi, guardate che la Angiolillo, si sta sentendo male... Guardate che non resiste all\'idea di voi che fate questa sceneggiata fuori dal suo salotto...».
A questo punto, avreste dovuto vedere la faccia di D\'Agostino. E poi sentirlo. «Nun resiste? E chi se ne frega...». Grandioso. Perché intanto arrivano Francesco Micheli e il direttore del Sole 24 Ore, Ferruccio de Bortoli. E subito dietro Bruno Vespa con consorte (Augusta Iannini). «Oh, santo cielo... che scena imbarazzante...». Ma anche lui, ovviamente, sta lì al gioco e si mette in posa per le foto ricordo, e poi sfoglia il libro, e scuote la testa, e si diverte.
Beatrice Parodi Francesco Caltagirone Bellavista e Roberto D\'Agostino - Copyright PizziSono quasi le 21.30, e la signora Angiolillo non ammette ritardi. Così, in ordine: lo scenografo Dante Ferretti, l\'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone (che fa uscir fuori un cameriere in livrea a distribuire calici di champagne) e poi il nuovo direttore del Tempo Roberto Arditti, il ministro Claudio Scajola, Ludina Barzini, il direttore del Tg3 Antonio Di Bella, Edwige Fenech (incantevole) e, per ultimo, Gianni Letta.
Non appena Letta varca la soglia del cancelletto, il maggiordomo di origini asiatiche Roger, fa capolino e, con un filo di voce, dice: «Mo\'... tu, te, tutti, andare via, grazie, eh?».
Pizzi si toglie lo zuccotto da Babbo Natale. «Ahò... me pare ce so\' cascati, no?».
2 - Italia di Cafonal, commedia umana
Paolo Pillitteri per L\'Opinione
Sociologi e semiologi, economisti e opinion maker, analisti politici e storici del costume, l\'intera umanità informata s\'interroga sulle fortune del duo D\'Agostino-Pizzi, i dioscuri dell\'informazione globale postmoderna che passano indenni, e addirittura riveriti attraverso le fiamme (di vergogna?) scatenate quotidianamente da ogni click pizziano, da ogni istantanea appena emulsionata e immessa nel circolo virtuoso dei distici impietosi del rivoluzionario lessico di Dagospia.
C\'è di tutto e c\'è di più nei neologismi, nell\'antologia di Cafonal di questi primi otto anni. Certo, manca la recentissima \"zuppa di nozze di Arcore\" ma soltanto per il muro arcoriano innalzato contro Pizzi e Dago e le Nikon lasciate arrugginire sotto la pioggia. Ma, probabilmente, il cafonal milanese è cosa altra, non (ancora) attecchita, non glamour e dunque rivelatrice come il gemello romano coi suoi Pierfurby Casini, Gianfry Fini, Walter Ego Veltroni, Daniela Santadechè, il Cavaliere trapiantato, lo smutandato di Roma, odo Gelli far festa, il Profumo evaporato, la legionaria centenaria (la Montancini)...
Nomi e soprannomi, epiteti e nomignoli, sempre indicativi e fuminei, che arricchiscono da anni il ghiotto piatto da leggere in quel quotidiano che ha letteralmente spiazzato, nobilitandolo, il genere gossip nella misura con la quale l\'ha sublimato e, al tempo stesso, svelato dall\'interno. Non solo, ma la fortuna di Dagospia non è tanto o soltanto nella freschezza di modelli rappresentativi debitori, alla lontana, di una narrativa rotocalchesca di nobili origini, dal Borghese allo Specchio all\'Espresso formato lenzuolo, quanto, soprattutto, nelle notizie, anche e soprattutto economiche di prima mano, inedite, disvelatrici di intrighi e inaspettati take over, come appunto si addice ad una informazione moderna.
Bruno Vespa Roberto D\'Agostino e moglie Augusta Iannini - Copyright PizziCorredate da fotografie che sono capitoli a sè, singoli reportage della Roma godona e, al tempo stesso, icone iperrealiste della infinita galleria dell\'antropologia contemporanea, del saggio di sociologia restituito da una faccia cotta dalla lampada, scavata dal flash, spianata dal botox, mentre intorno si rinnovano i riti di trimalcioneschi del Satyricon postmoderno.
La commedia umana dei nostri dì, questo è il palinsesto del fondamentale \"Cafonal\" mondadoriano, dove le cugine Betty balzacchiane hanno la vita bassa e si agitano nei party e nei dopo teatro, insieme ai Bel Amì d\'aujourdui alle prese coi riti dell\'Italia cafona che Arbasino non perdona. S\'attovagliano alle feste dei vari palazzi, s\'ingozzano e si offrono al martirio di un Pizzi, disincantato e immediato col suo fondo di dolcezza e umanità, giacchè: \"Uno scatto non si nega a nessuno\".
Il museo di Cafonal col suo sovrintendente D\'Agostino, non sarà, dunque, il museo degli orrori di quella stagione stagione nella quale, se non sei fotografato, non esisti? Di certo, la sua implacabile carrellata sulla comedie humaine, sui nuovi mostri riciclatisi all\'ombra ormai lontana della Commedia all\'Italiana, va oltre le normali catalogazioni: un film rivelatore per immagini fisse? Un documento psico-sociologico? Un trattato parascientifico scandito da ogni istantanea?
Questo ed altro ancora, basti pensare alle riflessioni di un esteta teutonico come Junger per il quale l\'attività fotografica aveva affinità con l\'attività di mirare/sparare al soggetto e che fece dire alla Susan Sontag che la fotografia, proprio in quanto frutto di una mira e di un colpo, di un shoot, di un click, toglieva bensì la vita al fotografato, attruibuendogli tuttavia quella dell\'eternità dell\'immagine rubata. Cafonal per l\'eternità...