DOPO LA PRESIDENZA FIAT, ADDIO ALLA POLTRONISSIMA LUISS (MARCEGAGLIA NON PERDONA) - (MARPIONNE GLI AVREBBE IMPUTATO DI NON AVER ‘CURATO’ POLITICAMENTE TERMINI IMERESE) - ALLO SMONTEZEMOLATO ORA NON RESTA CHE LA FERRARI E L’INCIUCIO COL REJETTO FINI - ABBRACCIATO A FINI, NEGA DI VOLER ENTRARE IN POLITICA MA PARLA SOLO DI POLITICA - DIETRO I NOSTRI EROI C’È MIELI. È STATO LUI A VOLERE FORTEMENTE LA PUBBLICAZIONE RCS DEL LIBRO “IL FUTURO DELLA LIBERTÀ” (SCRITTO DA ALESSANDRO CAMPI E RIVISTO DA PAOLINO?), IN CUI GIAN-MENEFREGO GETTA LE BASI POLITICO-TEORICHE DELLA SUA AZIONE

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1 - MONTEZEMOLO, LASCIO PRESIDENZA LUISS...
(Ansa) - \'\'Questo e\' l\'ultimo rapporto sulla classe dirigente che presentero\' come presidente della Luiss\'\'.
Luca Cordero di Montezemolo ha cosi\' confermato il prossimo cambio alla presidenza dell\'Universita\' di Confindustria.
Incarico che, come consuetudine in Via dell\'Astronomia, dovrebbe passare presto, in coincidenza con la prossima assemblea di Confindustria, alla presidente degli industriali Emma Marcegaglia.
Montezemolo chiude oggi la presentazione del quarto rapporto \'\'generare classe dirigente\'\' che la Luiss cura con Fondirigenti e Associazione Management Club

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2 - FINI CHIEDE \"PIÙ CORAGGIO\" SU RIFORME. BOSSI: NO A VOTO ANTICIPATO...
(Apcom) - Niente elezioni, servono le riforme. Dopo che per una settimana la prospettiva del voto anticipato è stata al centro del dibattito politico, oggi è un coro di inviti alla stabilità per permettere all\'Italia di avviare e portare a termine le riforme: prima Gianfranco Fini, poi Luca Cordero di Montezemolo, infine Umberto Bossi, proprio colui che per primo aveva apertis verbis evocato il ricorso alle urne.

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Il leader della Lega è netto: \"Se non le vuole la Lega\", non c\'è il rischio di elezioni anticipate. E la Lega non le vuole: \"No, voglio solo fare il federalismo\". In particolare \"serve il federalismo fiscale, altrimenti l\'Italia fa la fine della Grecia\". Necessità su cui sarebbe d\'accordo lo stesso Fini, \'sondato\' ieri dagli emissari di Bossi: \"Penso di sì, sotto sotto\", dice Bossi intervistato da Radio Radicale. \"Adesso è tutto preso a cercare di tamponare le beghe avvenute con Berlusconi e quindi si lascia andare a ragionamenti ai quali non crede nemmeno lui, sa anche lui che occorre fare il federalismo fiscale\", assicura il leader leghista.

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E in effetti solo qualche ora prima, ospite di un convegno della Luiss, Fini aveva invitato a \"intraprendere con maggiore coraggio la via delle riforme\", anche se il presidente di Montecitorio si riferisce non solo a quelle istituzionali ma anche a quello economiche e sociali. La classe politica deve \"mettere in campo strategie e non indugiare nella tattica\", evitando di rincorrere il \"consenso immediato\" ma guardando al lungo periodo.

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Solo così, è il ragionamento del Presidente della Camera, l\'Italia potrà tornare \"a competere con gli altri Paesi e a vincere la sfida, tornando ai livelli di crescita che avevamo prima della crisi\". E la crisi della Grecia domina anche i pensieri di Fini: \"Nessun Paese si può sentire al di sopra o al riparo da questa onda lunga che può mettere in ginocchio l\'economia. E\' indispensabile un rigido controllo della spesa, un rigoroso controllo dei conti\", dice il Presidente della Camera, invitando a taglia della spesa \"selettivi\" e investimenti su settori strategici come la ricerca.

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Subito dopo Fini, e dallo stesso podio, anche l\'ex presidente della Fiat e attuale presidente della Luiss, Luca Cordero di Montenzemolo, si unisce al coro: \"Non c\'è più tempo. Questa legislatura ha davanti tre anni e tantissime cose da fare\". E soprattutto \"nessuna nazione può crescere andando a votare una volta l\'anno\". Le cose da fare \"sono chiare a tutti\", non hanno connotati politici ma sono \"solo di buon senso\".

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Due esempi: \"Lotta all\'evasione fiscale e riduzione delle tasse, e riduzione dei costi stratosferici della politica\". L\'importante è non sprecare questi tre anni, \"liberarci dalle divisioni e dagli egoismi e ritrovare il gusto della sfida\". Perchè \"sono ormai quindici anni che sentiamo parlare ad intermittenza di dialogo e riforme salvo poi essere costretti ad assistere a campagne elettorali sempre violente e deludenti\". Montezemolo assicura però che la prossima campagna elettorale non lo vedrà protagonista: \"Potrei scendere in politica se vincessi dieci Gran premi di fila e il Mondiale. La vedo purtroppo difficile...\".

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3 - FINI E IL PARTITO DELLA RIVINCITA
Giovanni Fasanella per \"Panorama\"

Dev\'essere cominciato il 6 dicembre 2007. Attorno a un tavolo imbandito, secondo le migliori e più antiche tradizioni della politica e del potere. Sì, quel giorno Luca Cordero di Montezemolo, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini si incontrarono a pranzo nella foresteria romana della Confindustria e stabilirono che «tutto è in movimento». E da allora, in effetti, continue scosse telluriche hanno investito la vita interna dei partiti, provocando movimenti che hanno toccato il culmine, per ora, fra sabato 17 e martedì 20 aprile.

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Con tre avvenimenti apparentemente slegati ma in realtà prodotti dello stesso sciame sismico, i cui effetti sono destinati a proiettarsi nell\'arco dell\'intera legislatura, e probabilmente anche dopo: la crepa apertasi all\'interno del Pdl con la nascita di una corrente finiana ostile al premier; il mancato processo nella direzione del Pd a Pier Luigi Bersani, dopo la sonora sconfitta nelle ultime elezioni regionali; le dimissioni di Montezemolo dalla carica di presidente della Fiat.

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Tre fatti legati da un unico filo, a sentire non solo i boatos da Transatlantico, ma anche molte e concordanti confidenze private. E cioè, l\'inizio della «fase operativa » di una manovra a tenaglia contro Silvio Berlusconi. Con l\'obiettivo di estrometterlo dalla scena politica, aprendo la strada a una «leadership costituente » capace di coagulare le forze «moderate» di entrambi gli schieramen ti e avviare il Paese verso la Terza repubblica.

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Nessuno osa dirlo pubblicamente, ma il nuovo capo taumaturgo della politica italiana sarebbe proprio Montezemolo, provvidenzialmente spogliato della carica imprenditoriale. E la testa d\'ariete dell\'operazione sarebbe proprio il presidente della Camera. Intorno e dietro il quale si è formata una nutrita e assortita squadra di addetti alla spinta. Una compagnia di «perdenti di successo», secondo la sprezzante definizione di fedelissimi del Cavaliere, pronta a tentare l\'assalto alla fortezza del Pdl.

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Di Casini e Montezemolo si è già detto. Ma molti altri nomi importanti, personalità che hanno già subito l\'onta di diverse sconfitte nei rispettivi campi, ora sono pronti a tentare una rivincita. Primo fra tutti Massimo D\'Alema, presidente del Comitato parlamentare di controllo sull\'attività dei servizi segreti, nonché principale artefice dell\'ascesa di Bersani alla segreteria del Pd.

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Evoca apertamente una «costituente democratica» e parla della necessità, per il suo partito, di «trovare interlocutori a tutto campo» per sconfiggere il progetto berlusconiano di un «presidenzialismo plebiscitario». Ed è pronto a offrire una sponda per «liberare chi si sente prigioniero dall\'altra parte». Con Casini, D\'Alema ha già un antico sodalizio. E negli ultimi tempi i suoi rapporti anche con Fini si sono fatti talmente stretti che in ogni occasione pubblica in cui compaiono insieme i due fanno a gara a chi è più d\'accordo con l\'altro, scherzando sul fatto se è «più di destra D\'Alema» o «più di sinistra Fini».

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Tra coloro che guardano con molto interesse alle azioni di disturbo dell\'ex leader di An nei confronti del premier c\'è anche Francesco Rutelli, con la sua neonata Alleanza per l\'Italia. Ex leader della Margherita e poi cofondatore del Pd, da quando è uscito dal partito prosegue senza soste la sua marcia di avvicinamento verso il centro.

Progetta una fusione con l\'Udc di Casini. E lancia con sempre più insistenza messaggi ammiccanti all\'indirizzo di Fini. «Lo aspetto» dichiara senza infingimenti «per costruire insieme un nuovo schieramento politico». Sponsor dell\'operazione, dicono, proprio Montezemolo. Ma a spingere dietro la testa d\'ariete antiberlusconiana c\'è anche il centrosinistra mediatico in tutte le sue articolazioni. Anzitutto quella più moderata, che fa capo a Paolo Mieli, ex direttore del \"Corriere della sera\", oggi presidente della Rcs libri e da sempre sodale di Montezemolo.

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È stato lui a volere fortemente la pubblicazione dalla Rcs del libro Il futuro della libertà, in cui Fini getta le basi politico-teoriche della sua azione futura. Poi quella decisamente antiberlusconiana, che fa capo al «partito» di Repubblica. Il cui fondatore Eugenio Scalfari, domenica 18 aprile, ha firmato un editoriale dal titolo illuminante: «Che cosa farà Fini quando sarà grande».

Con l\'immancabile consiglio ad abbandonare l\'ammiraglia berlusconiana, perché «non ha alcun futuro dentro il Pdl». E infine, persino quella giustizialista. Il conduttore di Annozero, Michele Santoro, in privato, dicono, non perde occasione per elogiare il comportamento del presidente della Camera. E Fini, in una neoversione «santorista », lo ha ricambiato inviando alla manifestazione bolognese del 25 marzo, promossa per protesta contro la decisione del governo di chiudere i talk-show televisivi durante la campagna elettorale, uno dei suoi giovani e più promettenti intellettuali, Filippo Rossi, presidente della Fondazione Farefuturo.

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Anche la spalla di Santoro ad \"Annozero\", Marco Travaglio, dopo avere espresso pubblicamente la propria preferenza elettorale per Fini, di recente ha scritto sul \"Fatto\" che «Gianfranco ci serve vivo nei prossimi anni». Beh, sembrano esserci proprio tutti, dietro quella testa d\'ariete. Ma lui, l\'oggetto dei desideri di gran parte del centrosinistra, che cosa vorrà davvero fare, da grande? Intanto, chi si aspettava che uscisse dal Pdl è rimasto deluso.

Il presidente della Camera sa benissimo che fuori da quel partito, o comunque dal centrodestra, andrebbe incontro a un inevitabile destino di marginalizzazione. Com\'è capitato ai tanti che in passato hanno scelto di seguire questa strada. Resta dunque nel partito, per ora, saldamente abbarbicato alla rete logistica costruita da Berlusconi. Con una sua corrente di minoranza, sperando di crescere nell\'attesa del dopo. Ma che cosa riservi davve58 ro quel dopo è difficile dirlo.

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Intanto, Fini ha annunciato che farà «ballare » il Cavaliere. Però Berlusconi, lo si è visto anche nelle ultime elezioni regionali, è un osso piuttosto duro. Dato per sconfitto alla vigilia del voto, si è gettato a capofitto nella campagna elettorale spendendosi personalmente e riuscendo a ribaltare il pronostico.

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Difficile che assista senza reagire alla guerriglia del suo antagonista interno. Certamente sarà una partita molto dura. Che potrebbe portare davvero all\'uscita di scena del premier, ma anche a un esito paradossale, che pochi sembrano aver messo nel conto: Berlusconi eletto al Quirinale con l\'appoggio di Fini; e Fini eletto premier del centrodestra con la benedizione del centrosinistra. La politica italiana, la storia di questo ventennio lo ha dimostrato, sa essere creativa e beffarda.

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4 - STORIA DI LUCA IL FORTUNATO...
Renzo Rosati per \"Panorama\"

Venerdì 16 aprile, Luca Cordero di Montezemolo aveva chiesto a Sergio Marchionne di poter comunicare l\'addio alla presidenza Fiat con un giorno d\'anticipo rispetto alla presentazione del piano industriale. È nato così l\'annuncio del 20: visto il precipitare delle cose, doveva essere un trattamento di riguardo, un «giro d\'onore». Insomma, un\'idea mediatica, ma dall\'effetto incerto.

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Del resto uno dei giudizi più ragionati che Gianni Agnelli dette sul suo pupillo fu: «Luca si considera un politico, e come tutti i politici è molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi, direi che è più sensibile ai giornali che ai fatti». Vedremo. In tutt\'altro contesto, più familiare, l\'Avvocato disse: «È stato il migliore amico di Cristiano, il figlio di Suni. Gli sono sempre piaciute le belle donne e le auto veloci. Ed è anche belloccio».

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Era il 7 maggio 2000 e a Villa Fungarino Neri, residenza di famiglia sulle colline bolognesi, si teneva il ricevimento per le nozze di Luca con Ludovica Andreoni. Agnelli era testimone dello sposo, con Diego Della Valle. Di sicuro i destini incrociati con Suni, la sorella prediletta di Gianni, hanno giocato un ruolo singolare. Destini proseguiti fino al 2009, quando il 15 maggio morirono contemporaneamente il suo papà, Massimo Cordero di Montezemolo, e proprio Susanna Agnelli.

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Così come in quei 14 mesi fra il gennaio 2003 e il maggio 2004, tra la scomparsa di Gianni e di Umberto, che indussero la famiglia a individuare proprio in Luca il presidente della Fiat e il garante della dinastia. Logico che lui si sentisse un predestinato. Due mesi prima, in marzo, era riuscito a farsi designare presidente della Confindustria, dopo un\'accurata campagna per ottenere un\'investitura plebiscitaria: la nomina ufficiale, il 25 maggio, avvenne con il 98,5 per cento, nonostante malumori e adesioni di circostanza. Non importava: quello fu l\'anno, come disse poi, del «tutto in un fiato».

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«È bravo e fortunato»: questa resta la sintesi di Maria Sole Agnelli. In verità all\'Avvocato non dispiaceva dispensare anche su Luca un po\' del suo cinismo. All\'inizio degli anni Novanta l\'allora 44enne Montezemolo fu messo alla guida della Juventus. Con Luigi Maifredi in panchina la squadra venne esclusa dallo scudetto e da tutte le coppe. Nel \'91 divenne presidente della Ferrari; anche lì inizi stentati prima dei trionfi con Michael Schumacher.

Agnelli commentò: «Vediamo almeno di mettere il naso davanti alla Benetton». Nel frattempo ricamava sulla storia tra Montezemolo ed Edwige Fenech: «Ieri notte non riuscivo a dormire, e facendo zapping mi sono imbattuto in un film con la Fenech tutta nuda...».

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Negli anni Settanta Montezemolo cura le relazioni esterne Fiat e della corrente di Umberto Agnelli, senatore dc. Quando torna in corso Marconi vi trova Cesare Romiti, che racconterà: «Abbiamo pescato in Fiat un paio di persone che pretendevano denaro per presentare qualcuno all\'Avvocato. Uno dei due l\'abbiamo mandato in galera, l\'altro alla Cinzano».

Ironia della sorte, l\'episodio è stato ripescato dal Giornale in un\'intervista a Romiti pubblicata proprio domenica 18 aprile. Domanda del Giornale: «Quello finito alla Cinzano ammise: \"È vero, per favorire il contatto con Gianni Agnelli mi sono fatto dare 80 milioni nel cofanetto vuoto di un libro di Enzo Biagi\". Si tratta di Montezemolo». Risponde Romiti: «Non faccio commenti». Ventotto anni fa quell\'inciampo costa a Montezemolo la lontananza dalla Fiat, finché vi governano Romiti e la Mediobanca.

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Quando torna, suggerisce un polo dell\'auto di lusso con Alfa, Maserati e Ferrari. Ora proprio la Ferrari potrebbe essere il prossimo punto di scontro con il dominus del Lingotto; e prevedibilmente anche l\'ultimo. Marchionne del resto ha osservato con distacco anche i quattro anni di Montezemolo in Confindustria. La candidatura era stata preparata con incontri segreti tra Andrea Pininfarina, Emma Marcegaglia, Della Valle, Luigi Abete, Innocenzo Cipolletta: detto il «club di Capri», per le partite di calcio organizzate dietro l\'hotel Quisisana.

L\'avversario di Montezemolo era stato Nicola Tognana, esponente dell\'imprenditoria del Nord-Est che oggi gonfia le vele della Lega. Montezemolo aveva altro in mente: fare il controcanto moderato al secondo governo Berlusconi, mettendosi a cavallo tra destra e sinistra; puntare sull\'amicizia col leader Cgil Guglielmo Epifani, e vedere quel che accadeva alle politiche 2006.

Ma il mandato confindustriale di Montezemolo viene spaccato dal duro intervento di Silvio Berlusconi al convegno di Vicenza, proprio nel marzo 2006, alla vigilia delle elezioni vinte di un soffio da Romano Prodi. Il premier litiga con Della Valle, l\'amico più stretto di Luca, e riceve un\'ovazione dalla platea. Montezemolo si mette in stand-by: già nell\'agosto 2006 sul Wall Street Journal definisce «fallimentare il debutto di Prodi».

Due anni dopo, con il ritorno di Berlusconi nell\'aria, chiude il quadriennio attaccando la sinistra su tasse e spesa pubblica. La successione di Marcegaglia pare nel segno della continuità; e invece si consuma la rottura. Luca aveva riportato la Cgil al tavolo di trattativa; Emma discute con chi ci sta: governo, Cisl e Uil.

All\'inizio di questa primavera, a metà mandato, Marcegaglia si libera dei montezemoliani e lo stesso Montezemolo deve lasciare la presidenza della Luiss, l\'università confindustriale. E nel board dell\'organizzazione Emma chiama proprio John Elkann. Ancora destini incrociati; ora, forse, per l\'ultima volta.

 

 

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