Paola Jacobbi per Vanity Fair - Reportage by Vanity Fair
Party Vanity FairLa festa si svolge alla Triennale, in viale Alemagna. La redazione di Vanity Fair è in piazza Cadorna. Per i non milanesi: la distanza è breve. Alle 19.30, in ufficio, c\'è un certo movimento. Gente che sta finendo di scrivere articoli, o di scegliere foto per il numero che state sfogliando, ma anche gente che, per la grande occasione, si fa sistemare i capelli e truccare da professionisti di Madina e Tony&Guy, arruolati per noi (delle celebrities, intanto, si stanno occupando i nostri sponsor L\'Oréal Professionnel e Aldo Coppola).
Una collega indice un sondaggio sul vestito che indosserà: smoking o abitino? Lei, che è un tipo pratico, vorrebbe che le dicessimo smoking, ma il plebiscito la costringe all\'abitino. Altre corrono da una stanza all\'altra pettinate come principesse Sissi, ma con ancora addosso gli abiti da lavoro. I maschi si aggirano chiedendo soccorso per allacciature di polsini con i gemelli e nodi di papillon. Sembriamo tutti un po\' matti. Ma è un requisito che giova a chi lavora a Vanity Fair.
Riccardo, truccatore, grande fan di Madonna, viene a sapere che ho intervistato il suo idolo e mi lusinga. Mi domanda che tipo di make-up vorrei e io gli dico «molto scuro, alla Penélope Cruz». Non so perché. Anzi, lo so. Perché Penélope è stata la mia Cruz, in questi cinque anni di interviste, l\'Everest della difficoltà. Però a chi fa questo giornale le imprese difficili piacciono, come avrete capito dal fatto che, per festeggiare i nostri primi cinque anni di vita, abbiamo realizzato il numero speciale della scorsa settimana. Non contenti, abbiamo anche organizzato una mostra, quella di Douglas Kirkland. Con un party per inaugurarla. E che party.
Party Vanity FairFuori dalla Triennale, c\'è il red carpet. Con la scusa di dover scrivere l\'articolo, mi piazzo in cima alle scale e non mi perdo un arrivo. Tredici Audi Q7 fanno la spola tra gli hotel e la Triennale per accompagnare gli ospiti. C\'è una coppia di ragazze dall\'aria pestifera e deliziosa: sono Ambra e Victoria Cabello, entrambe in nero, rispettivamente Chanel e Prada. Segue coppia di stangone di bianco vestite: Eva Riccobono e Mariacarla Boscono, top model degli anni Duemila. Ma arrivano anche le top di ieri, da Veronica Webb (apposta da New York) a Marpessa. Loulou de la Falaise, musa di Yves Saint-Laurent. E Marisa Berenson, regale bellezza senza tempo. Si affaccia Rihanna e sul tappeto rosso c\'è un ingorgo. Mentre aspetta il suo turno per la foto, la Berenson mi dice: «Non che io vada a molte feste, però questa mi sembra favolosa».
Sfilano, in carne e ossa, le copertine su cui abbiamo lavorato e discusso e sudato in questi cinque anni: Michelle Hunziker, Simona Ventura, Alessandra Ferri e Roberto Bolle. Ma anche Alessio Boni, fascinoso come un eroe risorgimentale al fianco della fidanzata Bianca, e Biagio Antonacci alla prima uscita mondana con la sua Paola. E poi Beppe Fiorello, Lapo Elkann, Gianna Nannini. Francesca Neri, abito Gucci e occhi magnetici, accompagnata dal suo Claudio Amendola. Matteo Marzotto con mamma Marta. Natasha Stefanenko provoca in tutte noi la sensazione di essere piccole e nere. Maria Grazia Cucinotta si fa fotografare con il suo cellulare davanti alla sua foto in mostra e spedisce l\'mms al marito che non ha potuto accompagnarla.
Party Vanity FairCi sono gli sportivi (Bobo Vieri e Billy Costacurta, con Martina Colombari), i miliardari (Adnan Kashoggi con la moglie Lamia), i fotografi (Albert Watson, Fabrizio Ferri, Giovanni Gastel e Marco Glaviano), le nobildonne chic come la principessa Sophie Windisch-Graetz, le giovani molto cool, come Mischa Barton, tutta ingioiellata Chopard (altro sponsor della serata), la top Ester Cañadas, l\'altrettanto top (e in più fotografa) Astrid Muñoz: indossa un abito Ferré in anteprima, arriva dritto dalla collezione che ha sfilato pochi giorni fa. C\'è la stylist che tutte le star di Hollywood vorrebbero, Rachel Zoe, in vintage Halston, e c\'è Benedetta Mazzini, in lungo verde di Roberto Cavalli, con il regista Pappi Corsicato.
Ci sono direttori di altri giornali: Anna Wintour (Vogue America), Ferruccio De Bortoli, (Il Sole 24 Ore) e Carlo Verdelli (La Gazzetta dello Sport) che per noi è qualcosa di più di un gradito ospite, perché ha diretto Vanity Fair per due anni.
Infine, la nostra «copertinata» speciale: Monica Bellucci, in Dolce & Gabbana fucsia, che fa cadere le mascelle agli uomini per la lussuria e alle donne per l\'ammirazione. È stupenda, l\'epitome del glamour, un talento naturale nell\'illuminare una serata senza sforzo apparente. Come Jessica Rabbit, l\'hanno disegnata così.
C\'è il mondo della moda, al gran completo. Eva Cavalli, Frida Giannini, Roberta Armani, Rossella Jardini, Anna Molinari, Alberta Ferretti, Diego Della Valle, Renzo Rosso, Dean e Dan Caten, John Richmond, Neil Barrett, Alessandro Dell\'Acqua, Cristina Ortiz, Silvia Venturini Fendi e tanti altri.
A cena, al piano di sopra, in un allestimento fiorito come il cestino di My Fair Lady - 5 mila boccioli che Tea Rose ha fatto arrivare da Parigi e 500 metri quadri rivestiti di verde in appena 24 ore - mi trovo al centro di un triangolo del lusso made in Italy: alla mia destra Ferruccio Ferragamo, alla sinistra Pigi Loro Piana e, al suo fianco, Silvia Grassi Damiani. Di fronte a noi c\'è l\'astrologo di Vanity, Antonio Capitani. Quando svelo la sua identità, viene subissato di domande. Io gli chiedo come andrà il 2009 ai Gemelli (per me e per Alessandra Facchinetti, due al prezzo di uno) e la Bilancia (per Roberta Armani). Ci tranquillizza: speriamo non sia stato solo per cortesia.
Dopo la cena, a firma dello chef star Carlo Cracco (2 stelle Michelin), parte la festa in giardino. Momento di panico: sta piovendo. Ma passa subito. («Merito dell\'Umbrella di Rihanna» è la battuta scema più gettonata). Momento di panico numero due: un pazzo stacca i fili della postazione del deejay Matteo Ceccarini e si mette a fare un comizio in stile predicatore delirante, in inglese. Un disturbatore. Non uno qualsiasi, però. È Sacha Baron Cohen, il protagonista di Borat, nei panni di un suo altro personaggio, Bruno, il cronista di moda gay austriaco, e questa irruzione sarà una scena del suo prossimo film. Ma l\'unico a essere stato avvisato in anticipo era il direttore Luca Dini.
Party Vanity FairFinita la gag, è ripartita la musica. E le chiacchiere, e i drink: fiumi di Moët & Chandon e Vodka Belvedere. Un frastuono eccitante che riecheggia fino al giorno dopo, quando i telefoni di tutti squillano senza posa. Grazie per la festa. E le scuse di un\'assente giustificata: Cristina Parodi. Al termine di una giornata andata storta fin dal mattino, il bustier dell\'abito che doveva indossare è «scoppiato». Sua sorella Benedetta glielo ha ricucito addosso. Ma poi è saltata la cerniera. Un\'irrimediabile wardrobe malfunction che l\'ha costretta a rinunciare. (Direte: non aveva un altro vestito? No, era fuori casa, era troppo tardi, insomma, c\'est la vie). Parlo con Cristina al telefono e ci ridiamo su. Domani è un altro giorno. Un altro lustro. Un altro Vanity Fair da mettere in pagina.