Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Testo di Francesco Persili per Dagospia
«Il luogo è degno di nota». Papillon giallo e cappello in mano, il critico d'arte Philippe Daverio entra a passo lento nel Salone Vanvitelliano della Biblioteca Angelica di Roma, contempla la straordinaria scenografia di libri antichi e carte raggrinzite, prima di stampare un bacio sulla guancia di Alessandra Borghese.
Per tutti, lei, oggi, è la Padrona. Il titolo campeggia sotto una maschera sulla copertina del suo primo romanzo che Donna Alessandra dei principi Borghese scodella davanti a una platea di aristo-papalini e rampolli del milieu cattolico apostolico romano. La zoomata sulle prime file immortala discendenti dei Torlonia e degli Orsini, borghesia devota e alta società, Carlito Rossella e Aldo Brachetti Peretti, Marcello Sorgi e Myrta Merlino. Qualche fila più dietro timbrano il cartellino anche una charmante Marisela Federici e il banchiere bon vivant Mario D'Urso (l'uomo che è riuscito a festeggiare tre capodanni nella stessa notte: Manila, Los Angeles, Honolulu).
In questo ritratto clerical-mondano in un interno, Alessandra Borghese pontifica alla tv spagnola (Tve) sulle dimissioni di Ratzinger e offre un bigino della sua opera narrativa a partire dalle ricerche di archivio presso la Biblioteca Apostolica Vaticana per approfondire il ‘600. Un «romanzo storico», dunque, che prende le mosse dal consolidato escamotage letterario del ritrovamento di un manoscritto per raccontare il travaglio di una nobildonna ferita dall'abbandono del padre e sconvolta dal dolore di una verginità perduta.
Ugo Brachetti Peretti e Urbano BarberiniTra frusta e mea culpa, erotismo sado-maso e conati di conversione, questa conturbante Signora del mistero, di giorno legge, studia, scrive e si occupa di opere di bene. Al calar delle tenebre, invece, va alla cerca della sua vendetta con la maschera di una prostituta che percuote, insozza e sottomette gli uomini che incontra. Cinquanta sfumature di dominazione per ricavare, dai potenti che calpesta, una venerazione che, come il desiderio, non accenna a placarsi. La consapevolezza del dolore assume un valore terapeutico: libera, risolve, purifica.
Simone GramagliaTutto è intrigo e penombra, segreto e sporcizia all'ombra della casa-palazzo di questa Maddalena de' noantri. Tra carrozze e cardinali, cortigiane e politiche familiari, pagina dopo pagina ci si immerge nella Roma del primo Seicento. Bordelli e fede, artisti maledetti e scienziati, Caravaggio e Galileo. L'Urbe come palcoscenico ideale per tenere insieme la carne e lo spirito, il peccato e la redenzione, molta santità e lo spiccato cinismo verso il tanto bramato potere.
Rosy GrecoNel fulgore di una rinascenza artistica, culturale e urbanistica dopo gli anni difficili della Controriforma si staglia la nuova facciata della basilica di San Pietro e il profilo illuminato di Paolo V che si lega alle origini della Biblioteca Angelica (che grazie al papa rimase a Roma e fu la prima in Europa ad essere aperta al pubblico senza distinzioni di censo) e alla storia della Padrona di casa, Alessandra, discendente di Camillo Borghese.
PubblicoDa Paolo V a Benedetto XVI, il papa di cui Alessandra Borghese è stata esegeta (vedi il saggio "Sulle tracce di Ratzinger"), paladina e confidente al punto da essere ribattezzata «l'intima di Carinzia»: l'annuncio delle dimissioni del Pontefice viene classificato da Donna Alessandra come un «fatto più grande di noi». «Dalla croce non si scende», ha detto l'arcivescovo di Cracovia Stanislao Dziwisz, segretario di papa Wojtyla ripensando al calvario di Giovanni Paolo II che decise di restare sul soglio pontificio tra mille sofferenze fino all'ultimo respiro: cosa ha spinto Benedetto XVI a scendere dalla croce? La giornalista-scrittrice si schiera dalla parte di Ratzinger che «con la scelta non facile di dimettersi continua a portare la croce».
Prima filaMotivi di salute o il peso degli scandali dietro il ritiro? Alla base della decisione, Borghese immagina che ci siano motivazioni «legate all'età, alla stanchezza, alla mancanza di forze ma il papa è ancora vivo e continuerà a guidare la barca di Pietro in questo passaggio con la preghiera». Nessuna fuga in avanti, la vacatio della sede apostolica e il toto-papa possono aspettare: «In questo momento noi fedeli non possiamo fare altro che supportarlo-seguirlo-ed-essere-con-lui con la preghiera». Nessuna norma del diritto canonico vieta le dimissioni del Papa, chiosa: «Ratzinger con il suo annuncio non ha violato alcuna legge ma ha cambiato la Storia».
Philippe DaverioSulla stessa lunghezza d'onda anche Carlo Rossella: a Freccero che aveva parlato con Dagospia di un gesto che rivoluziona la dottrina millenaria della Chiesa e di un Pontefice che da vicario di Cristo diventa funzionario, il presidente di Medusa Film manda a dire che è «irrispettoso e irriguardoso» commentare la decisione del Papa «che deve rendere conto del suo comportamento solo al Padre Eterno e non agli uomini».
Le parole di Antonella d'Orleans Borbòn, cugina del del re di Spagna e scrittrice innamorata di Roma, accompagnano una passeggiata immaginaria tra palazzi, strade, fontane e tutta la retorica acquerellata della Città Eterna che serve ad esaltare la mitopoiesi del cardinale-mecenate Scipione Borghese, del suo potere colto e lungimirante e di una società che cresce e supera se stessa.
Philippe Daverio eIntanto, Urbano Barberini legge brani del libro e riflette con Dagospia «sull'ultimo periodo storico che ha visto Roma centro della cultura mondiale». L'attore teatrale invita a prendere esempio dall'epoca di Paolo V soprattutto per quanto riguarda investimenti nei beni culturali. «Abbiamo la metà dei turisti della Francia e meno turisti della Germania: oggi siamo il Paese che spende meno in cultura e ricerca e siamo arrivati al paradosso con la Polverini della discarica a Villa Adriana». La colpa? «Della politica che ha succhiato il sangue del Paese senza restaurare nulla». Quod non fecerunt i Barbari, lo disse un Barberini. «Ma un tempo, almeno, le grandi famiglie si arricchivano e arricchivano la città...»
Philippe Daverio e Aldo Brachetti PerettiCi pensano le note della Sarabanda di J.S. Bach a introdurre il cocktail di aneddotica e divulgazione griffato Philippe Daverio che coglie la sintesi del Seicento nel ritratto del cardinale Scipione Borghese a Villa Borghese con baffi e pizzetto curati (come Bernini e Federico Borromeo). La cifra estetica di un nuovo equilibrio e di un patto sociale fondativo dell'italianità moderna che Alessandra Borghese ha messo dentro, come annota il critico d'arte, al suo romanzo.
Philippe DaverioUn romanzo coi baffi e pizzetto, per fare il verso ad una pubblicità-cult di Maurizio Costanzo. Mediazione, arte di comporre i contrasti, sintesi. Ars Daverio trova «nell'inclinazione fantastica al compromesso» non solo un «carattere nazionale ma un dato genetico della politica italiana»: si parte dal grande maestro Cosimo il Vecchio, che pose le basi del potere dei Medici, e si arriva alle continue scaramucce tra Monti e Vendola.
«Uno è un lombardo tendenza Borromeo che sconta un eccesso di severità di stampo tedesco, l'altro è un Aldo Moro con l'orecchino. Ma possono convivere tranquillamente. Entrambi sono bizantini: se non si mettono d'accordo è solo perché non hanno studiato il Concilio di Trento».