Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
1 - LA VERSIONE DI PIZZI
Caro Dago, ieri alla presentazione del libro di GianMenefrego Fini al Parco dei Principi si e' avuta subito l'impressione di come la stampa venga manipolata ed usata: alle varie televisioni veniva riservato un palchetto recintato. Per i fotografi invece non era previsto un bel niente: venivano sbattuti qua e là per poi esser cacciati - come gridava uno degli energumeni al seguito del Presidente Fini- in angoli remoti ed esser chiamati uno per uno a loro piacimento.
La più attiva si mostrava una piccola cerbera, forse la segretaria di Gian-Menefrego, che impediva di parlare con le persone che s'incontravano sul posto. A questo punto, vista l'impossibilità di lavorare, i fotografi hanno giustamente deciso di levare le tende senza fare foto. (Io, ahime, non li ho seguiti e ne chiedo scusa, per ragioni di squadra sono rimasto).
Ma non è finita. Arriva Lady Tulliani e il cerchio si chiude. Tanto che nel finale, nel tentativo di fotografarla, vengo praticamente aggredito da uno in puro stile "gran-ventennio" che ha cercato di portarmi via la macchina fotografica. Capito? Come se in giro non esistessero foto dell'ex madame Gaucci.
A questo punto, visto il rischio che si corre per delle foto inutili, d'ora in avanti cercherò di non fotografare più la Signora Tulliani... per poi farmene una ragione.
Ciao Umberto Pizzi
2 - E GIANFRANCO CELEBRA IL SUO TRIONFO - LA GIORNATA MEMORABILE DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA, TRA GIUSTIZIA, OROSCOPI E GRANDE FRATELLO
Pierre de Nolac per "ITALIA OGGI"
Nel giorno dell'incontro tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, il presidente della Camera è riuscito a celebrare con un trionfo popolare l'uscita del suo libro rizzoliano («volutamente non lo ha pubblicato con Mondadori», ha sibilato un fedelissimo) intitolato «Il futuro della libertà». Sede dell'evento, l'hotel Parco dei Principi. «E pensare che ieri pomeriggio qui era pieno di rossi», ha detto ridendo uno dei lavoranti dell'albergo: ma non si trattava di un riferimento politico, visto che protagonisti erano i vini Bordeaux.
NICOLETTA ROMANOFFFatto sta che fin dal primo pomeriggio i militanti storici, quelli che hanno ancora nel portafogli le vecchie tessere del Movimento sociale italiano, presidiavano la zona (e ben prima dei vigili urbani, dei poliziotti e dei carabinieri). Centinaia di copie del Secolo d'Italia venivano regalate ai presenti: e nemmeno a farlo apposta, sulla copertina del giornale di ieri c'era il cardinale Angelo Bagnasco, in posa scalfariana (nel senso di Oscar Luigi Scalfaro) con l'indice della mano destra perentoriamente teso, e il titolone «Anche la Cei: basta odio».
Una cinquantenne, iperpalestrata e bionda, sfoggiava sul collo una croce celtica e una serie di tatuaggi: quanto di più lontano dall'attuale Fini. Il quale si era presentato all'appuntamento con una battuta singolare: «Non credo agli oroscopi, ma oggi il mio portavoce mi ha fatto vedere quello di Branko per il segno del Capricorno, che diceva: 'La giustizia oggi occupa tutti i vostri pensieri'» . E nell'albergo si è tolto qualche altro sassolino (stavolta antitelevisivo) dalla scarpa, denunciando che i ventenni di oggi sono cresciuti avendo come riferimento solo i reality, e in particolare il Grande Fratello.
NICOLETTA ROMANOFF GIORGIA MELONITutto questo mentre davanti a lui c'era il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, applaudita per colpa di Pierluigi Battista, che l'ha nominata davanti al pubblico alla maniera di Pippo Baudo (pentendosene però subito dopo). Con Fini che ha elogiato l'atleta Andrew Howe, definitosi «cioccolattino», lamentando la legislazione italiana che impedisce a tanti immigrati di ottenere la cittadinanza italiana. E in sala qualcuno scommetteva già su una futura candidatura del campione nel Pdl, che ha lamentato la mancanza di nazionalismo nella penisola.
NICOLETTA ROMANOFF GIORGIA MELONIAffatto preoccupato dalla critica di Sandro Bondi apparsa sul Foglio di ieri, Fini ha spinto sull'acceleratore delle emozioni, affermando che i giovani si trovano di fronte un «grande fardello rappresentato da un deficit di meritocrazia, di legalità, di educazione civica e anche di identità nazionale» e che spetta «alla politica dare loro il buon esempio e non lasciarli soli».
Definizione tipicamente veltroniana, quest'ultima, corroborata da una strana nostalgia: «Le ideologie si sono dissolte, ma di esse qualcosa è rimasto, sotto forma di un pulviscolo tossico che continua a produrre ostilità, in forme infinitamente più blande del passato, ma comunque capaci di produrre divisioni artificiose».
NICOLETTA ROMANOFF E GIORGIO PASOTTIMentre Giulio Anselmi abbandonava la sala, spariva la pur consistente mole di libri in vendita: con Stefano Eco, addetto stampa rizzoliano, figlio di Umberto, che decretava il successo della serata. Curiosamente, ieri Fini ha diviso proprio la famiglia Eco perché alla stessa ora il semiologo era impegnatissimo a palazzo Farnese, sede dell'ambasciata di Francia in Italia, per presentare le Opere complete di Cartesio. Che, tra l'altro, ha scritto: «Non c'è nulla interamente in nostro potere, se non i nostri pensieri». Una frase sottoscritta senza problemi da Fini, ma che probabilmente non può piacere al premier Silvio Berlusconi.
3 - BONDI LEGGE FINI: NEL SUO LIBRO GIANFRANCO DIMENTICA DI ESSERE STATO FASCISTA...
Lettera di Sandro Bondi a "Il Giornale"
Caro direttore, ho letto anch'io l'ultimo pamphlet di Gianfranco Fini, e condivido in parte l'analisi del Foglio. Anche questo bel libro del presidente della Camera rappresenta un ulteriore contributo all'apertura di uno spazio di confronto democratico all'interno del Pdl. Naturalmente quando si crea una dialettica politica ognuno ha il dovere di far valere le sue idee e di sostenere il proprio punto di vista, in uno spirito di solidarietà di partito e di amicizia personale.
Per prima cosa, la lettura del nuovo libro di Fini lui ha confermato in una convinzione che nutro da tempo, e cioè che la parabola politica e culturale di Gianfranco Pini presenta una certa analogia con quella, altrettanto nobile sul piano della storia culturale, della tradizione comunista italiana.
Che cosa c'entra si dirà la storia del Msi e poi di An con quella del Partito comunista? A prima vista niente. Tuttavia entrambe le esperienze a dispetto delle radicali diversità l'esclusione dall'arco costituzionale del primo, e la partecipazione fondante alla Carta repubblicana del secondo mi pare abbi no affrontato la fine delle ideologie e la scomparsa di schemi dottrinali forti per l'azione politica con la stessa ansia di approdare a un'accettazione della realtà così com'è.
MASSIMO SARMI GIOVANNI MARIA FLICKEntrambi i partiti ideologici della Prima Repubblica, insomma, mi pare siano incorsi alla fine della loro parabola in una sorta di conformismo un po' schiavo della realtà (sia sul piano politico-economico che su quello bioetico), senza la capacità di elaborare una autèntica riflessione sul proprio passato, che permettesse di superare quella storia senza tuttavia giungere ad abbracciare acriticamente gli esiti della modernità tout court.
Maria Giovanna MaglieIn ogni caso, ci che mi ha colpito dello sforzo culturale compiuto da Fini è la mancanza di una spiegazione dell'incontro e dell'intreccio della sua storia con quella di Silvio Berlusconi.
Se si considera il fatto che nel libro non compare mai il riferimento all'attuale presidente del Consiglio, potrebbe sembrare che la storia e l'evoluzione di Fini sia semplicemente giustapposta a quella di Berlusconi oppure si ponga, come molti episodi farebbero temere, in alternativa a essa. Non è curioso imbattersi in questa rimozione, che s'aggiunge a quella sul fascismo e su altre figure fondamentali nella storia del Novecento italiano?
MARIA GIOVANNA MAGLIE STEFANO ECOE' come se il presidente della Camera si astenesse da una riflessione sulle vicende della vita politica italiana di questi ultimi sedici anni che hanno reso possibile di fatto la sua attuale evoluzione politica. Questo vuoto nella riflessione di Fini lascia un varco aperto a interpretazioni come quella affacciata da Carlo Galli, secondo il quale il cofondatore del Pdl sarebbe l'espressione di una destra moderna, legalista, egalitaria, consensuale e democratica, in alternativa alla destra caudillistica, populista e autoritaria incarnata da Berlusconi.
Mantovano e D AmbruosoIn qualche modo il libro avalla questa lettura, almeno per quanto riguarda il versante. di una destra che non si riconosce nelle posizioni che il Pdl, nella sua stragrande maggioranza, rispecchia. La mia preoccupazione è che questa scissione ove esistesse veramente metterebbe in discussione l'approdo del Pdl, da sempre considerato un soggetto politico unito sul piano dei valori fondamentali e delle prospettive politiche generali.
Come ho osservato in un precedente intervento, si tratta di decidere se vogliamo costruire un partito simile alla Democrazia cristiana, di fatto una federazione di partiti con una classe politica eterogenea ma capace per ciò stesso di intercettare i voti di segmenti diversi dell'elettorato, o se vogliamo invece dare vita ad un partito che, pur nella cornice di un confronto democratico, giunga a definire una cultura politica condivisa.
LUCIANO RISPOLIIo sono a favore della seconda ipotesi, del secondo modello di partito, nel quale, come è avvenuto per Forza Italia, un aperto confronto democratico permetta di definire un'identità culturale comune, frutto delle diverse identità di partenza. Un altro punto sul quale dissento da Gianfranco Finì è la metafora a cui ha più volte fatto riferimento, circa il rischio di un partito che si trasformi in una caserma, a causa dell'assenza di un libero confronto democratico e della mancanza di rispetto per le tesi minoritarie presenti nel partito. Ritengo questo giudizio quantomeno ingeneroso, poiché tutto si pu dire del Pdl, che si è formato da pochi mesi, fuorché sia una caserma.
LUCA BARBARESCHIL'unificazione di partiti diversi è sempre stato il processo più difficile nella storia dei partiti politici. Si tratta di progetti che richiedono una leadership riconosciuta e tanto, tanto equilibrio, prudenza e soprattutto saggezza politica. A me pare francamente che, nonostante inevitabili difficoltà, il processo di costruzione del nuovo partito proceda in modo più positivo e incoraggiante di quanto io stesso non credessi.
Certo, tutti hanno delle responsabilità affinché questo progetto adempia alle sue ambizioni storiche. In particolare, il ruolo di Fini è determinante per consentire al nuovo partito di istituzionalizzare, come scrivono i politologi, la leadership carismatica di Silvio Berluscoui, cioè di permettere al Pdl di divenire uno degli architravi del nuovo sistema politico dell'alternanza: oggi e nel futuro. Qui si misurerà anche la lungimiranza di Fini, che può essere uno degli artefici del rafforzamento del nuovo partito oppure la causa del suo possibile fallimeiito.
LIANA ORFEI E MARITOConoscendo le doti politiche di Fini sono certo che egli saprà essere il protagonista di una ulteriore fase di crescita del partito, che tutti abbiamo fortemente voluto, Per queste stesse ragioni, ritengo che Finì sappia perfettamente che il fondamento della leadership di Berlusconi non risiede in una supposta volontà monarchica, bensì nella sua capacità di guida politica.
LA FAMIGLIA CONSOLO E GIORGIO PASOTTIIo stesso, che provengo da una esperienza intensamente politica e di partito, ho spesso constatato che la superiorità di Berlusconi rispetto a molti professionisti della politica è consistita nella sua capacità di operare scelte politiche più lungimiranti. E anche oggi, a dispetto dell'accusa di monarchia o di assolutismo, il fondatore del Pdl è capace di interpretare la cultura liberale di massa (vedi testamento biologico e cittadinanza) con un pragmatismo e un buon senso, che spesso difettano in altri esponenti politici.
Sandro Bondi (coordinatore del Pdl)