Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
1. DA SORRENTINO A BERLUSCONI PER L'ADDIO A CARLO VANZINA
Francesco Gallo per l'ANSA
Carlo Vanzina sarebbe stato contento di vedere, come se fosse la sua ultima commedia ma diretta dal cielo, Paolo Sorrentino e Silvio Berlusconi insieme ai suoi funerali uscire, sulle note di Sapore di sale, da una delle più antiche basiliche romane: quella di Santa Maria degli Angeli a piazza della Repubblica. Oltre al fratello Enrico, la moglie Lisa Melidoni, le figlie Isotta e Assia e la figlioccia Virginie Marsan, tutto il mondo del cinema, quello più impegnato e quello cosiddetto più leggero, si è raccolto intorno alla salma del regista figlio di Steno, morto due giorni fa all'età di 67 anni, con autentica commozione.
Il fatto è, come hanno ricordato non solo il fratello, ma anche Vincenzo Salemme, Giovanni Malagò, Carlo Verdone e Gigi Proietti a fine cerimonia, che Carlo Vanzina era davvero una brava persona, un uomo religioso e questo al di là di ogni retorica. Circa trecento persone hanno occupato, già un'ora prima del funerale, lo spiazzo antistante la Basilica opportunamente transennato.
Tra i presenti in chiesa, Pupi e Antonio Avati, Christian De Sica, Jerry Calà, Mara Venier, Lucisano e famiglia, Isabella Ferrari, Anna Falchi, Carlo Rossella, Ezio Greggio, Neri Parenti, Enrico Mentana, Maurizio Mattioli, Marina Cicogna, Mara Venier, Diego Abatantuono, Nicola Maccanico, Ricky Tognazzi e Simona Izzo, Roberto d'Agostino, Corinne Clery, Roberto Andò, Valeria Marini, Aurelio De Laurentiis, Massimo Boldi, Nancy Brilli e Sabrina Ferilli. Sul fronte della politica, il vicesindaco di Roma Luca Bergamo, Maurizio Gasparri, Marianna Madia e Pietro Lunardi.
"La morte non è l'ultima parola, Carlo è vivo" questo il ricordo di Don Andrea Celli, sacerdote e amico del regista. "Carlo - aggiunge - sapeva stare al suo posto e incoraggiare gli altri. Lo avevo incontrato ultimamente, non aveva parlato mai di sé, ma del padre e di voi amici che oggi siete qui in tanti . Il fatto è - conclude Don Andrea - che lui sapeva leggere i sentimenti, per questo era un maestro della commedia all'italiana".
paolo mieli raffaele ranucci ricky memphis
Il ricordo più straziante e commosso, quello del fratello Enrico: "Due giorni prima di andarsene mi ha detto una cosa: stai vicino alla mia famiglia, proteggili. Gli ho risposto: lo farò, ma non ne ho avuto poi la forza. Lui era tutto per me: mio fratello e il mio miglior amico, il mio passato e il mio futuro. Ora sono spezzato a metà. Solo un giorno - continua Enrico - l'ho visto fissare il vuoto. Mi sono avvicinato e lui mi ha detto: 'ho vissuto una vita meravigliosa'. È stato il suo modo di dirmi addio".
E ancora da Enrico Vanzina un attacco ai critici: "Tanti imbecilli hanno detto che il suo era un cinema minore, ma non è vero: lui era superiore. Carlo, dai un bacio a mamma, ora c'è lei a proteggerti". Arrivano gli applausi nella Basilica, ma Enrico si arrabbia: "Niente applausi - dice rivolto ai presenti - a Carlo non piacerebbe, gli applausi fateli dentro di voi". Ma i battimani nella chiesa non si fermano.
2. LA COSCIENZA DI ROMA
Testo di Francesco Rutelli pubblicato da ''Il Tempo''
paolo calabresi marconi con alessia marcuzzi
Che responsabilità, caro Carlo: essere, da bambino, sulle ginocchia di Brigitte Bardot e Anita Ekberg; essere coccolato da Flaiano, Camerini, Alberto Sordi, Monicelli, Corbucci, Leone…Assieme a tuo fratello Enrico, e guidati dall' amore e dal geniale e colto anticonformismo di tuo padre, Steno.
Uno può dire: questi ragazzi saranno condannati a vivere di presunzione, odi complessi di inferiorità. E invece, caro Carlo, voglio dire a tua moglie Lisa e a tutti coloro che ti hanno voluto bene che il miracolo-Vanzina (cui va associato Enrico, cervello, anima e cuore) è stato e rimane quello della semplicità. Una persona umile, diretta.
Ma eccezionale, veramente. Perché, nonostante i lunghi anni della cattiva considerazione da parte di molta intellettualità progressista, il tuo Cinema è stato innovativo e incisivo nel far capire le debolezze dell' Italia del boom, i vizi della borghesia, le strafiche con sotto il vestito niente, le rogne del popolo minuto e gli arrembag gi del capitalismo de' noantri.
Romani, romanissimi (e romanisti, ahimè) avete anche previsto l' Italia pro-leghista di oggi con anni di anticipo!
Ma, soprattutto, ti voglio dire, Carlo, che non ti ho mai sentito pronunciare un giudizio presuntuoso, arrogante, fuori registro. Critico, deciso, penetrante. Ma con le parole di una persona normale, non di un autonominato padreterno. Per questo i tuoi e vostri film hanno trionfato per lunghi anni, hanno sorpreso, hanno contribuito a far capire a noi italiani come siamo. E per questo ti siamo e saremo sempre amici riconoscenti.
matilde bernabei fabrizio del noce
3. CARLO VANZINA: ''DI BERLUSCONI, PIÙ CHE UNA COMMEDIA, BISOGNEREBBE FARNE UN DRAMMA. PERCHÉ LA SUA STORIA HA QUALCOSA DI INCREDIBILE E NEL SUO EPILOGO C’È QUALCOSA DI PROFONDAMENTE INGIUSTO''
Pierluigi Diaco per "Oggi" del 20 aprile 2016
Sono passati quarant’anni da quando Carlo ed Enrico Vanzina firmarono il loro primo film insieme, “Luna di miele in tre”, con protagonisti Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni. Dal 1976 il regista e lo sceneggiatore, figli del grande Steno, hanno realizzato circa sessanta pellicole (“Eccezzziunale..veramente”, “Sapore di Mare”, “Vacanze di Natale”, “Il pranzo della domenica”, solo per citarne alcuni). Con le loro commedie hanno raccontato vizi, virtù, paradossi e stranezze di noi italiani.
Con i loro “cinepanettoni” hanno provocato, con spericolata intelligenza e consapevole cinismo, il cinema “de sinistra” e le retrospettive su Jacques Tati, il cinema che piace solo alla critica e le pellicole che soddisfano solo l’ego di chi le gira. Perché i Vanzina hanno saputo frequentare la leggerezza come solo gli uomini colti sanno fare. Hanno fatto ridere milioni di spettatori sceneggiando e portando sullo schermo l’alto e il basso del nostro Paese, incassando tanti meriti come quello di aver scoperto e valorizzato tanti attori che oggi sono grandi nomi del cinema italiano.
Mentre si preparano all’uscita dell’ultimo film “Miami beach” (nelle sale a Giugno), ambientato nella nota meta turistica americana, incontro Carlo nel suo studio romano ai Parioli. E’ un uomo intelligente, serio, sornione, umile. Nella stanza accanto, suo fratello Enrico ci ascolta e con una dolcezza disarmante, a un certo punto, si alza e mi si avvicina: “Tieni, questa è una foto in cui Carlo è venuto benissimo.
Non è mai stata pubblicata. Con lui c’è mezzo cinema italiano” (la foto è quella che vedete pubblicata nella pagina accanto). Un gesto piccolo, semplice e pieno di premura. Perché i due non solo si vogliono molto bene, ma hanno imparato a rispettarsi anche e soprattutto attraverso lunghi silenzi. Silenzi sempre molti complici. Come complice è il rapporto che da sempre lega Carlo Vanzina con gli italiani di ieri e di oggi: li osserva, li conosce, li studia, li racconta, li porta sullo schermo. E stavolta glieli facciamo pure commentare. Renzi e Grillo compresi.
Lei al cinema ha sempre preso in giro, con efficacia e amabile distacco, i vizi e le virtù di quarant’anni di storia del nostro Paese. Il renziano medio, secondo lei, che caratteristiche ha?
“Diciamo che è poco di sinistra. Il Renziano Doc è molto democristiano, con quella carica e quell’energia tipici dei giovani cattolici e/o dei ragazzi che hanno fatto i boy scout. Anche se i renziani non sono facilmente identificabili, non hanno per adesso caratteristiche così marcate da poter essere definiti con pregi e difetti”
Deve fare un film sui primi due anni di Governo Renzi. Titolo?
“Per ora è impossibile titolarlo perché non c’è ancora materia per farne un film. Ancora non ha assunto una sua connotazione culturale e di costume come poteva avere il berlusconismo nel bene e nel male. Non c’è qualcosa di chiaro, come poteva essere la “Milano da bere” ai tempi di Craxi, che identifica oggi il renzismo. Non ha ancora imposto un modello culturale”.
Mi vuole dire che, al contrario, il berlusconismo è pronto a farsi kolossal cinematografico?
“La parabola di Berlusconi è più interessante, almeno per adesso. Un grande imprenditore che, con non poca incoscienza, decide di buttarsi in politica pagandone un prezzo altissimo. Non gli è stato permesso di fare quello che avrebbe voluto, perché era diverso da tutti gli altri, ma soprattutto perché non era un politico. Di Berlusconi e della sua storia, più che una commedia, bisognerebbe farne un dramma. Perché la sua storia ha qualcosa di incredibile e nel suo epilogo c’è qualcosa di profondamente ingiusto”.
Farebbe fare un film a Beppe Grillo? Su quale tema?
“Sì. E’ intelligente, simpatico e spiritoso. Ma a un patto: deve fare Grillo e non il Grillino”.
Ha raccontato, divertendosi e facendo divertire, gli italiani degli anni ’80 e ’90. Quelli del nuovo millennio come sono, in cosa sono cambiati, fanno più o meno sorridere?
“L’italiano non è mai cambiato e nemmeno i meccanismi della comicità che lo raccontano. L’italiano è trasformista, ma rimane sempre fedele a stesso. Si trasforma con i tempi che cambiano, ma l’essenza è sempre quella: è mammone, un po’ vigliacco, però nello stesso tempo giocoso, affascinante e simpatico. Tutto quello che poi piace all’estero di noi. Tutti noi abbiamo una cultura molto radicata e alla fine siamo tutti fieri di essere italiani. Pur con un certo distacco, siamo rimasti fedeli al nostro Paese e al nostro modo di essere”.
Ha lavorato con attrici come Virna Lisi, Stefania Sandrelli, Monica Bellucci, Sienna Miller e Sabrina Ferilli. Qual è la più “vanziniana” tra queste?
“Ci riflettevo ultimamente. Nel film comico, da Sordi e Totò, la figura femminile è sempre stata un po’ sbiadita, al servizio del protagonista. Cosa che puntualmente è successa anche nei nostri film, per esempio con quelli fatti insieme alla coppia Boldi-De Sica. Invece c’è un’altra parte di film che non sono strettamente comici, ma più delle commedie sentimentali: qui le donne sono state assolute protagoniste. Mi piacerebbe ricordare Virna Lisi che è capitata, quasi per caso, nel cast di “Sapore di Mare”.
luca cordero di montezemolo (2)
Noi avevamo scritto la sceneggiatura pensando a Catherine Spaak, che all’epoca era l’icona indiscussa del cinema “balneare” anni ’60. Lei però era sospettosa e non lo volle fare, quindi, su suggerimento della mia agente Carol Levi, proponemmo la parte a Virna Lisi che non solo era una grande diva, ma che mai avremmo pensato potesse accettare la proposta.
Grazie anche a suo figlio Corrado che lesse la sceneggiatura, accettò la parte ed ebbe un successo straordinario, vincendo sia il David di Donatello sia il Nastro D’Argento. Era la prima volta che un’attrice del suo calibro accettava di fare una commedia. Tra le attrici che hanno lavorato con noi, è tra quelle a cui sono veramente affezionato”.
La più riconoscente?
“Posso dirti che la meno riconoscente, se vogliamo usare questo termine che mi sembra un po’ forte, è stata Isabella Ferrari con la quale recentemente, però, ci siamo risentiti e chiariti. Lei a un certo punto è caduta in un tranello: ha cominciato a fare un tipo di cinema che l’ha spinta a rinnegare il suo passato e quindi anche i lavori fatti insieme. Ovviamente mi è dispiaciuto. E’ stato l’unico caso che ricordo. Adesso manda grandi segnali per tornare a lavorare insieme”.
Nel suo settore hai incontrato più invidiosi o più irriconoscenti?
“Più invidiosi, come del resto ce ne sono in ogni ambiente di lavoro. Il lavoro è poco e, come è noto, la competizione se non è ripagata dai risultati genera invidia”
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Una volta si diceva: “Lasciateci almeno morire democristiani”. Oggi come dovremmo dire?
“Non sono un grande fan dei democristiani, quindi… Diciamo che per me andrebbe bene un epitaffio ideato da Mario Monicelli che diceva: “Non è mai andato alle Maldive”.
Perché lei non ci è mai andato?
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“No e cerco di resistere”.
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