Luciano di Bacco per Dagospia
di Enrico Fierro per Il Fatto
"Marino, Marino... Marino nun c'è, c'avemo solo er Frascati". Ride di gusto, Alberto, mostra ai fotografi un cartello contro il sindaco ("Marino ha l'influenza vaticana") e cita una bella frase di un vecchio film di Dino Risi: "Straziami ma di baci saziami". Parte sotto un sole che picchia a 30 gradi il gay pride romano. "Siamo 40 mila, no, siamo 150 mila", numeri. In piazza, accaldati e coloratissimi, tutto il mondo del variegato arcipelago gay-lgtb, trans, in lotta per i diritti.
"Il sindaco Marino non c'è, quello di Vicenza è salito sul palco del Gay Pride", denuncia un manifestante. Ma la polemica con Ignazio Marino dura poco. C'è l'attore Dario Vergassola a spegnere il fuoco: "Diamogli tempo, è sindaco da poco, e poi questa manifestazione è bellissima, vedete quanti giovani. Ma da Arcore non se ne sono accorti, altrimenti si sarebbero fiondati qui". Finisce del tutto quando arriva un video messaggio del chirurgo che ha dato il più grande dispiacere a Gianni Alemanno, e una sua lettera.
In sintesi: "Con il mio cuore e il mio pensiero sono con voi. I diritti delle persone non possono essere negoziati, non diritti speciali per qualcuno, ma gli stessi diritti per tutti", dice Marino nel messaggio.
Significa che finalmente la Capitale avrà il suo registro delle unioni civili? Risponde il consigliere comunale di maggioranza Luigi Nieri: "La polemica di ieri è appunto di ieri, e come tale è finita. Roma diventarà capitale dei diritti. Il registro delle unioni civili? Faremo tutto". Rilancia Andrea Maccarone, portavoce del pride: "La manifestazione è riuscita, Roma è davvero città aperta. Ora ci aspettiamo che il registro delle unioni civili sia tra i primi provvedimenti del nuovo sindaco".
La folla multicolore, dai vestiti sgargianti e dagli slogan allegri e provocatori, aspetta. Nell'attesa si mostra per le strade di Roma. E sono gay giovani e anziani che si tengono per mano e sventolano le bandiere di "Ondagay". Due, giovanissimi, sono vestiti in abito scuro come se questo fosse il giorno delle loro nozze. Siamo davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore e lì c'è qualcuno, questa volta un uomo e una donna, che si sta sposando. Sul sagrato parenti e ospiti con gli abiti dell'occasione che guardano un po' sbigottiti e divertiti il corteo. I ragazzi, quelli che aspirano a sposarsi tra di loro, li guardano e applaudono. "In Francia potremmo sposarci, in Italia no", dice uno di loro.
Il suo compagno mostra a tutti un cartello: "La mia libertà protegge la tua". "Gli eterosessuali stiano tranquilli", dice ridendo una ragazza che stringe la mano della sua compagna, "noi non vogliamo sposarci con loro". Corteo allegro che non dimentica guerre e lotte per la libertà. C'è la bandiera della pace per la Siria, e quella turca. I toni salgono e diventano da Carnevale di Rio quando arrivano i transessuali brasiliani e colombiani. Le drag queen fasciate in costosi abiti da sera e trucco pesantissimo, li guardano con tanta sufficienza. Loro, i sudamericani, se ne fottono e si concedono ad ogni obiettivo possibile.
Felicissimi i turisti giapponesi, tantissimi, che porteranno a casa impressa sulle loro digitali questa Roma particolare. Tra i più gettonati un trans-angelo, alto un metro e novanta, in ridottissimo bikini, che apre le sue ali color dell'oro. "Sono l'angelo della trasgressione", si definisce sorridendo. E vai con gli scatti e con la musica disco sparata a palla da cinque tir, ognuno con le sue bandiere, e tutti con tantissima gente che balla e lancia fiori, profilattici e inviti al "Muccassassina", lo storico locale gay della Capitale.
Allegria, ma anche tristezza e orgoglio. Dario attraversa la folla a passi timidi, è una drag queen elegantissima, il volto nascosto da occhialoni neri. Ci racconta la sua storia: "Passi avanti ne abbiamo fatti, certo, ma dichiararsi, dire al mondo qual è la tua vera natura, quali le tue scelte di vita, è ancora difficile. Lavoro in una banca importante, ho un ruolo di responsabilità, pensa per un attimo a quello che potrebbe succedere se mi vedessero così. L'ipocrisia ci uccide e ci costringe ad una vita amara". Le "famiglie arcobaleno" hanno deciso di non nascondersi.
Ce ne sono tante, lui e lui, lei e lei, con i figli piccoli per mano o nel passeggino. "Siamo famiglie anche noi, normalissime, con i problemi di tutti, ai nostri figli non manca l'affetto e una educazione aperta al mondo", ci dice Ugo. "Vogliamo che questo amore venga riconosciuto dallo Stato che anche noi finanziamo con le tasse", aggiunge Giusi, anche lei con la sua compagna e con figlioletta al seguito.
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