Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Alfano e Renzi alla corte di Bru-neo Vespa
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
1. IO TARZAN, TU JANE
Claudio Cerasa per "Il Foglio"
Il rischio c'era, si sentiva, si fiutava nell'aria e lo si leggeva nello sguardo di Renzi un secondo dopo quel ghigno un po' così offerto ai fotografi ammucchiati sotto il palchetto di Palazzo Santa Chiara. Clic. Sono le 17.45, siamo a Roma, il teatro è gonfio di giornalisti e all'improvviso Matteo Renzi si ritrova immortalato in un'istantanea esplosiva. Letale.
Lui, l'uomo rottamatore, l'uomo ruspa, il principe del rinnovamento, la Cabriolet del Pd costretto a guardare fisso l'obiettivo con accanto l'uomo dei trenta deputati, l'uomo del partito che non si sa ancora come si chiama, il vice-disastro, come lo chiamano con affetto alcuni spietati renziani o, più semplicemente, come usano chiamarlo i renziani meno spietati, "l'amico di Quagliariello". Clic.
Umberto CroppiDalla foto di Vasto alla foto di Vespa il passaggio può essere mortale, i capelli possono diventare grigi, le didascalie possono essere fatali ("Ecco i ‘partner' della coalizione") e i segnali di discontinuità con il passato possono diventare ricordi romantici. Spariti, puf. Così, dopo il clic, ci mette un attimo Renzi a capire che con l'amico di Quagliariello bisogna giocare. Bisogna invitarlo sul ring. Metterlo a proprio agio. Promettergli lealtà.
Niente colpi sotto la cintura. Dirgli amico mio guarda che non c'è problema, questo governo può durare anche fino al 2018 e la legge elettorale si può fare anche con il tuo Popolo del Quid. Rassicurarlo. Per poi farlo uscire dall'angolo e, uno-due-tre, fargli sentire all'improvviso sulla bocca dello stomaco la differenza di potenza tra un leader legittimato da tre milioni di persone ai gazebo e uno che (e Renzi, diabolicamente, lo ripete in modo ossessivo) al massimo deve "convincere il suo amico Quagliariello".
Tavolo oratoriColpo numero uno (l'amico di Quagliariello quasi sviene): oh tu ma vuoi o no riformare il Senato, e vuoi o no che i senatori prendano euro zero dalla prossima legislatura? Colpo numero due: oh tu lo capisci che se non fai come ti dico sulla legge elettorale (Renzi la vuole subito, Alfano più in là per evitare possibili scivoli elettorali) ci metto un attimo a farla col tuo amico Caimano e a legittimarlo come fosse il solo capo del centrodestra?
Colpo numero tre: oh tu ma lo capisci che il governo o fa come dico io, e non fa melina, o finisce nello stesso centro demolizioni in cui ho infilato gli amici del Pd che mi hanno messo i bastoni in mezzo alle ruote? Insomma: io Tarzan tu Jane.
Stefano Di TragliaE così, per un attimo, Renzi, convinto di aver messo da parte la nuova foto di Vasto, assapora la lama del coltello affondare nel burro, scambia occhiate di complicità con il pubblico, tenta di portare dalla sua il gran ciambellano Bruno, poi si accorge che il partner-non-partner un po' arranca, e allora gli lancia una scialuppa, per farlo stare a galla, divertirsi un po', non farlo scappare dal ring.
E dice che sì, "il lavoro si può riformare insieme", che "la burocrazia si può riformare insieme", che "il governo lo si può far vivere assieme". Come no. Poi però Renzi ricomincia, torna a girare il coltello e avvicina il guantone di nuovo allo stomaco e lo mette al tappeto. Sei tu quello che vuole riformare la Fornero pur avendo votato la Fornero?
L'altro risponde, e Matteo sorride. Avanti così per un'ora. Con Renzi che gioca a mostrare gli abbaglianti del suo spiderino sullo specchietto della Renault 4 dell'amico di Quagliariello. Con Renzi che fa sentire l'altro come il tacchino che si avvicina al giorno del Ringraziamento. E con Renzi che, come Sansone, sa però che la sua forza e i suoi capelli coincidono con la lontananza dalle vecchie cerimonie e dalle vecchie ritualità.
E per questo scalpita, e un po' si preoccupa. Sa che lo scatto resta lì. Che i giornali saranno spietati. Che le didascalie saranno crudeli. E che il pugile avrà messo a segno anche qualche ko, sì. Ma che Sansone per non perdere altri capelli, e ieri un po' li ha persi, e non rimanere intrappolato in quelle foto, dovrà continuare a sfanalare, a non farsi assorbire. E sempre più o meno con quella linea lì, anche sulla legge elettorale. Io Tarzan tu Jane. Clic.
Renzi e Vespa
2. DA ROTTAMATORE A GRAN CERIMONIERE
Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"
In un tempo non lontano annunciò Matteo Renzi che fra i primi impegni da neo leader del Pd sarebbe andato nella Terra dei fuochi. Sembra anche di ricordare un'ulteriore sua recente promessa. Riguardava un'iniziativa da organizzarsi il prima possibile a Lampedusa, dove accadono cose molto brutte, anche solo a vedersi.
Con un po' di sorpresa, e almeno pari sgomento, si è invece visto Renzi presentare il libro di Bruno Vespa. Insieme ad Angelino Alfano, nella Sala Santa Chiara, già sede della conferenza stampa di presentazione del Ncd, a due passi da Palazzo Chigi, Montecitorio e Senato, come dire nel pieno della Roma politica, o della Città Proibita, a volerla proprio considerare in tal modo.
Pubblico teatro Santa ChiaraIl fatto è che quasi mai i luoghi sono neutrali. Non solo, ma lo scenario nel quale il Rottamatore si è lasciato comodamente incastonare strideva parecchio con tanti suoi proclami dell'ultima e penultima ora, «Io non logoro, strappo», «vedrete che infilo un paio di botte », «occorre innescare un cambiamento rivoluzionario», «scardinare il loro sistema» e così via.
Tutto, in quella specie di bomboniera palatina, era in effetti allestito all'insegna dell'ecclesiologia cerimoniale di Vespa. Ben cinque copie del Libro dei libri, «Sale, zucchero e caffè» (Mondadori), geometricamente disseminate sul tavolo dei presentatori, trasmettevano il senso dell'ennesima consacrazione ridimensionando il peso di Renzi e Alfano.
Alle loro spalle, il roseo fondale riverberava la copertina del bestseller e con enormi lettere il nome dell'autore; ma soprattutto la sacra icona del piccolo Vespa in bianco e nero, una specie di Gesù bambino para-istituzionale, incombeva sul capo dei ragazzoni della post-politica. Vestiti oltretutto allo stesso modo, cioè alla maniera del medesimo Vespa, che pure si distingueva - ah, potenza della futilità! - per una cravatta molto più shocking della loro.
Pubblico teatro Santa ChiaraE allora, osservandolo con quel pizzico di scetticismo che i vincitori accecati dal successo nemmeno mettono nel conto, faceva impressione vedere quel giovane, così attento all'antipolitica, così «a piedi tra la gente», o in bici, comunque senza scorta, accanirsi attorno alla più iniziatica e quindi incomprensibile ossessione di palazzo, i maledettissimi sistemi elettorali; e veniva da chiedersi: ma è lo stesso Renzi che nel gran torneo dell'utensileria simbolica contro il «cacciavite» di Letta voleva usare il «trapano»? Lo stesso del «caterpillar», del «finish», dell'»altrimenti ci arrabbiamo»?
Vespa, al suo fianco, pareva così appagato di tale trasfigurazione da assumere una posa di trasognata immobilità. Né salvavano Renzi, che è un naturale e prodigioso primo della classe, le faccette e le sopportazioni dinanzi alle pignolerie di Alfano, né le attese battute («Battute a parte» è la premessa che ripete spesso); mentre dietro a quel gioco segreto di bigliettini scambiati sul tavolo si poteva di già anche cogliere uno - nemmeno il più sfolgorante - dei perenni archetipi del potere: noi sì, voi no.
Myrta Merlino e Gaia TortoraAlla Leopolda, in un gran bel discorso, Alessandro Baricco evocò Holderlin: «Il futuro è un ritorno». Ma ecco che con il medesimo e rassegnato scetticismo di cui sopra questo verso si può storcere nel senso nella regolarità, anzi nella ineluttabilità con cui tutti o quasi gli
homines novi, specie quelli che promettono sfracelli, finiscono per rispondere al richiamo di Vespa; e con ciò, per la gloria anche commerciale del pontefice della terza Camera, si ritrovano inesorabilmente conglobati in un modulo di rappresentazione, in un format di potere, in un insieme di premesse simboliche, e dunque omologati o meglio «vespizzati».
Se ne può trovare conferma nella mesta sorte di Mario Monti, che proprio adagiandosi sulle bianche poltroncine di Porta a porta, su consiglio di qualche geniale stratega della comunicazione, cominciò a dissipare il suo patrimonio di serietà, prima che Bersani spargesse lacrime sul vecchio parroco di Bettola, e Berlusconi continuasse a risuscitare malati, firmare contratti, mostrare il Ponte di Messina e incantare serpenti su quel tronetto.
Per cui paradossalmente Renzi è tornato a essere se stesso solo quando, con evidente maleducazione, si è astratto dal soporifero dibattito e connettendosi altrove ha cominciato a testa bassa a scrivere sms, o forse erano tweet, comunque Vespa sembrava un po' seccato, diamine, proprio adesso...
Matteo Renzi presenta il libro di VespaE non è questione di pretesa superiorità etica, né di radical-chic, o di «puzza sotto il naso», come dice anche giustamente Renzi. Quell'aria da «recita in famiglia», come la battezzò tanti anni fa Enzo Forcella, quel chiamarsi insistentemente e ipocritamente per nome, «Angelino», «Matteo»; quella domandina finale sull'abito grigio indossato al Quirinale, e la rispostina finto offesa del Rottamatore sui problemi dell'Italia, e la zampata ironico-condiscendente di Vespa, «Sa, noi giornalisti siamo così frivoli...», e Renzi che vuole metterci l'ultima parola, «per questo vi vogliamo così bene ». Vero. Ma sappia che la prossima tappa è il servizio di Chi con lui sorridente in famiglia che fa l'occhietto e lava i piatti, come un Alemanno qualsiasi.
Luca Sardella Matteo Renzi presenta il libro di Vespa Vespa con la sua collaboratrice