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Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Fabio Isman per il Messaggero
L' Italia non ha finora praticato abbastanza la diplomazia culturale, dice Francesco Rutelli: una faccenda «in cui io credo molto», spiega il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Anche i suoi predecessori ne tessono le virtù: Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio appena uscito, e Franco Frattini, che sedette alla Farnesina fino al 2004.
«Nel campo, siamo una superpotenza; e non penso soltanto alle bellezze culturali, ma le coniugo anche con le nostre capacità creative: dietro c' è un' autentica industria», dice l' ex sindaco di Roma per due mandati.
«È un tema di cui non si parla mai», spiega il vicesindaco Luca Bergamo; «il sistema culturale produce il sei per cento del Pil», chiosa Gentiloni; «quando nessuno parlava con l' Iran, noi lo si è potuto fare proprio grazie ai restauri che avevamo offerto» e «dove passano l' arte e i commerci non passano le guerre», afferma Frattini.
IL DIALOGO Diplomazia culturale è dialogo. Ma oggi non è forse un po' in crisi? «Anche noi avevamo lottato contro gli immigrati», continua Gentiloni, «ma con modi degni di un grande Paese; usando un linguaggio aggressivo, rischiamo di sembrare una nazione in cerca di guai».
«L' immagine dell' Italia è assai legata proprio alla cultura», spiega Moavero. «Frattini è stato il primo tra i ministri a citare i caschi blu della cultura: anche con l' impegno italiano, ormai sono una realtà», aggiunge Rutelli. «Esportiamo cultura, e l' Italia è un incrocio di culture», aggiunge l' attuale responsabile della Farnesina; e «la diplomazia culturale significa un dialogo internazionale; è un sistema di promozione del Paese all' estero», dice ancora Rutelli.
francesco rutelli con paolo gentiloni (2)
L' IDEA Quest' ultimo ha messo in fila le sue idee in un libro intitolato appunto La diplomazia culturale italiana, e lo presenta, con un parterre di oratori e di vip intervenuti, all' Ara Pacis: «Dove Mussolini usò tra i primi questo concetto: voleva reincarnarsi nell' imperatore; ma le distruzioni operate non sono state certo pari alle sue aspettative». L' idea della diplomazia culturale, a Rutelli è venuta quando ha visto le foto di Apamea, in Siria, «traforata dai mille buchi delle bande organizzate di saccheggiatori».
Ne ha parlato a Paolo Matthiae, lo scopritore di Ebla, e a chi allora comandava i carabinieri dell' arte: l' attuale generale, Fabrizio Parrulli, è in platea, come l' archeologo. Poi, sua è stata la battaglia per far ritornare dai musei americani tanti capolavori scavati clandestinamente in Italia; resta il caso dell' Atleta vittorioso, il bronzo del Getty tratto a riva a Fano e uscito illegalmente dall' Italia, no? «Ho riguardato l' accordo che allora firmai con il direttore Michale Brand: l' unico museo archeologico americano si impegnava a rispettare le sentenze dei magistrati; quindi, aspettiamo».
IL PROGETTO Ma la diplomazia culturale, di che cosa ha bisogno? «Di un progetto pluriennale; di un nuovo Libro bianco sulla Creatività: quello di dieci anni fa è invecchiato; del contributo delle imprese e dei creativi: penso a una sorta di grande patto nazionale», dice Rutelli. E gli esempi in positivo di quanto l' Italia ha creato, certo non mancano.
Non è più quella del 1930, dove, per rifarsi la faccia, Mussolini spediva a Londra, con rischio e temerarietà, 500 dei massimi capolavori italiani; «una qualità in più che ha il nostro Paese, è di non essere arrogante» (Rutelli); «la cultura e la sua diplomazia non sono certamente messaggi di chiusura» (Frattini). Matthiae, ma a Ebla, la situazione quale è? «Sulla collina, si sono arroccati dei ribelli; speriamo che non accadano cataclismi, ma non è certo un bel momento».
LE IMMAGINI Nel libro di Rutelli, le foto di alcuni dei tanti capolavori restituiti; ma anche i Buddha fatti saltare dai talebani a Bamiyan ormai quasi 20 anni fa. In copertina il Marc' Aurelio: perché siamo stati iconoclasti anche noi, e l' imperatore a cavallo è l' unica statua equestre che si sia salvata, soltanto perché creduto Costantino: non lo si deve dimenticare mai. In platea, anche gli ambasciatori: quello brasiliano ha un nome italiano, quello cinese è riveritissimo. Per la prima volta, l' Italia è riuscita a restaurare secondo i dettami che, nel mondo, sono ormai consolidati: anche, nella Città proibita, il trono imperiale, e un tratto della Grande Muraglia.
«Possiamo esportare cultura anche più che ora non si faccia», dice Rutelli, e non pensa soltanto alle mostre. Pensa anche al cinema, perfino al cibo. A un' industria «integrata», che non dia del nostro Paese soltanto una impressione di essere stato grande, ma nel passato.
IL SALVATAGGIO «La diplomazia culturale è qualcosa da cui uno Stato moderno, specie se fortissimo nel settore come noi, non può certo prescindere. Rimbocchiamoci le maniche, e dedichiamole più attenzioni». Sono stati proprio i militari italiani a salvare, i primi, l' incredibile museo di Baghdad saccheggiato; ma ora ci si ricorda soltanto del colonnello Bogdanos, dei marines, che ormai è un procuratore distrettuale a New York. «Nel mondo, tanti si aspettano qualcosa dall' Italia nel settore. Ed è nostro dovere impegnarci ancora maggiormente».
L' Italia ha restaurato in mezzo mondo, «e quei Paesi se lo ricordano ancora». Bisogna stroncare i traffici clandestini: «Sono un modo con cui il Daesh s' è abbondantemente finanziato», dice Frattini. Rutelli, una maggiore attenzione anche alle Case d' asta?
«Anche quella serve»: non passa settimana senza che mettano
in vendita pezzi di cui è accertata la provenienza dai tombaroli italiani; ancor oggi. «È anche un fatto di modernità di un Paese, non soltanto della sua immagine nel mondo», conclude l' autore di un libro su cui riflettere.
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