DAGO IN THE SKY
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia – Presentazione del programma “Dago in the Sky”, in onda venerdì 11 alle 20.40 su SkyArte.
1. D’AGOSTINO: GUARDATE ME E LASCIATE STARE IL CELLULARE
Silvia Fumarola per la Repubblica
Roberto D’Agostino lancia la sua sfida: «L’obiettivo di Dago in the Sky è quello di riuscire per trenta minuti a non far venir la voglia allo spettatore di afferrare il telefonino, cosa difficilissima. Vedo mio figlio come sta seduto davanti alla tv: con la testa china sul cellulare».
vittorio sgarbi e roberto d agostino
Dopo l’esperimento della scorsa stagione, l’inventore di Dagospia ricomincia il suo viaggio tra arte cultura e costume su Sky Arte da venerdì alle 20.45. «È il completamento delle puntate andate in onda prima dell’estate, il tentativo di offrire una scintilla di curiosità su quello che sta accadendo intorno a noi. Con la rivoluzione tecnologica ti dicono: “Tu non servi più”, eppure sai fare il tuo lavoro, il talento è lo stesso». Sette appuntamenti, dai tatuaggi al corpo, dalla politica al food, dalla spiritualità alla religione, dalla ricchezza alla puntata che apre la serie, venerdì, dedicata a arte e omosessualità in cui interviene Vittorio Sgarbi.
anna federici e marco molendini
A 25 anni dalla rissa entrata nella storia della tv — all’Istruttoria di Giuliano Ferrara, in cui il critico d’arte si beccò uno schiaffo da D’Agostino — la pace. «Vittorio è stato straordinario, ha parlato un’ora sulla mia terrazza senza mai urlare “capra”» racconta D’Agostino.
«Ci siamo conosciuti nell’86. Venne a Roma accompagnato da Marta Marzotto, siamo diventati amici, poi il dissidio, la trasmissione del ’91... Siamo un po’ due discoli, ci piace fare i dannunziani col duello, la sfida. La forza è sempre stata la nostra debolezza. L’ho chiamato, abbiamo chiacchierato e abbiamo fatto questa puntata fantastica. L’omosessualità oggi è stata legittimata dalle unioni civili, con Vittorio e la professoressa Eva Cantarella siamo andati alle radici. Qualche anno fa, quando Sgarbi era assessore a Milano, organizzò la mostra “Vade retro” che venne rimossa dalla sindaca Moratti per oscenità. Vittorio spiega che “tutta l’arte è omosessuale, se uno non è omosessuale non è artista. L’artista è una madre. L’uomo si fa donna e diventa madre dell’opera, la donna è in concorrenza con stessa”».
salone delle feste per dago roberto d agostino e vittorio sgarbi
anna cerofolini vittorio sgarbi
Sulla politica ha le idee chiare: «E’ il relitto perfetto», dice D’Agostino «completamente svuotata di potere. Il referendum? Voto no per salvare le avventure giovanili di Matteo Renzi. Lo faccio da genitore». Indaga sul web: «Con Internet è cambiato il nostro mondo, tutti raccontano che quella della rete è una vita pornicizzata, ma è davvero così? Alla fine Dio è ciò che manca quando non manca nulla. Ne parlo con Vito Mancuso. Se digito su Google la parola “spiritualità” ha 6 milioni di risultati perché oggi la religione è sinonimo di violenza, guerra: è qualcosa che ci divide. Invece c’è bisogno di spiritualità».
Il kitsch, tema caro a Gillo Dorfles, è cambiato ai tempi di Instagram: «Internet ha trovato nel gusto del cattivo gusto, nel trash, una forma di comunicazione velocissima» osserva il giornalista. «Vedi i capelli di Trump che si fa il riporto coi peli della schiena e capisci che il kitsch ha preso il sopravvento, in fondo è l’arte della felicità. Parliamoci chiaro, un sedere come quello di Kim Kardashian anni fa sarebbe stato coperto da un telo da circo... Perché oggi è il più cliccato? Perché c’è gente che si mette le protesi per avere un culone così?».
anna federici mauro luchetti e dago
2. LA MIA TV A MISURA DI CELLULARE
Salvatore Dama per Libero Quotidiano
«Internet è come l' invenzione della stampa a caratteri mobili. Gutenberg aveva dato a tutti la possibilità di leggere un libro. Privilegio che prima apparteneva solo ad amanuensi e potenti». Come nel ‘400, dice Roberto D' Agostino, «oggi stiamo vivendo un nuovo Rinascimento. Una rivoluzione digitale che ha cambiato la storia del mondo». Di questo parlerà la seconda stagione di "Dago in the Sky", in onda su Sky Arte da venerdì 11 novembre.
«È un tentativo di vedere effetti e difetti, errori e orrori di questa nuova era».
roberto d agostino vittorio sgarbi roberto pisoni
E cosa è venuto fuori?
«Dico una cosa retorica. Internet ha dato potere al popolo. Con il telefonino, la gente ha sempre un computer in tasca connesso col mondo. E questo le permette di avere un peso che prima non aveva. Ci volle un secolo per passare dal Medioevo al Rinascimento.
Oggi abbiamo la caduta del muro e davanti ai nostri occhi c' è tanta polvere che ci impedisce di capire qual è l' orizzonte. "Dago in the Sky" è il tentativo di vedere come sta avvenendo la mutazione in una serie di ambiti».
anteprima di dago in the sky (2)
Fondatore di Dagospia, D' Agostino torna in tv con un format a misura di web: «Ho rovesciato sullo schermo il display del telefonino».
Che significa?
«Quando ho pensato questo programma mi sono detto: ok, faccio delle interviste. Ma poi...».
Cosa?
raffaella gresele, dago e anna cerofolini
«Mi sono domandato cosa cazzo gliene frega alla gente di due che parlano tra di loro in tv? Quelli sono programmi novecenteschi, oggi il pubblico vuole essere coinvolto. Gli intervistati guardano direttamente lo spettatore. Non me. Il ragionamento è questo: se tu mi escludi, io sto davanti alla televisione con il telefonino. Le persone camminano, guardano la tv, scopano con il cellulare in mano».
Come fare per non perdere l' attenzione?
«Avevo materiale per fare puntate da due ore e mezza. Ma teniamo tutto in mezz' ora.
Perché, dopo poco, la gente ne ha già le palle piene. Tutto deve essere concentrato. È il principio con cui do le notizie su Dagospia».
Solo titolo e sommario.
«Perché la gente legge solo quelli. Ha altro da fare. E anche io: voglio scopare, voglio fare una passeggiata col cane, voglio andare al cinema.
Qual è il tema della prima puntata?
«Partiamo con l' omosessualità. Oggi non è più quella di ieri. E per capire come si è sviluppata dobbiamo partire dal passato, dal suo rapporto con l' arte. Ne parlano Vittorio Sgarbi e la grecista Eva Cantarella».
A seguire?
«Ci occuperemo della politica ai tempi della rivoluzione digitale. Titolo della puntata: il "relitto perfetto"».
Ecco.
«Dal 1989 in poi, Internet, blog, app, social network hanno svuotato la democrazia liberale. Non serve più. Oggi gli unici regimi che hanno forza sono quelli oligarchici e autocratici: la Russia, la Cina, la Turchia».
La politica l' annoia?
«È che non interessa più al lettore. Perché sa che non cambierà la sua condizione sociale ed economica. Lo scrittore Guy Telese ha detto che "le elezioni in America non contano niente: ormai il presidente Usa non ha più potere". Sottoscrivo».
Gli Stati Uniti hanno perso l' egemonia?
«Erano gli sceriffi del mondo. Ma dal 2001 non è più così. Per cui Trump o Clinton...».
E l' Italia?
«Stesso discorso. La disoccupazione e la crisi economica non dipendono dalle scelte di Renzi. È un vento che spira in ogni angolo del mondo. L' Oxford University dice che tra vent' anni perderemo il 47% dei mestieri, ci saranno 140 milioni di disoccupati».
Quali altri sconvolgimenti ha portato l' era digitale?
«Il cibo. Una volta era la fame atavica. Ora è una nuova religione. I cuochi sono chef.
Ne parlo con Cracco. Gli chiedo cosa resterà di lui».
E lui?
«Un uovo. "Io so cucinare l' uovo", mi ha risposto. Allora l' ho portato nella mia cucina e l' ho messo alla prova. La puntata si chiama il "Palato immaginario"».
Altro tema?
«Il corpo è un' altra storia.Dal tatuaggio alla scarificazione, dal body building al botox».
L' invasione degli ultra-corpi.
«Una volta c' era il precetto cristiano: "Dio ti crea a sua immagine e somiglianza". E non potevi toccare niente. Oggi la farmacia ha battuto la Chiesa, la scienza ha messo nel sacco la fede. Il corpo è una macchina. Un pezzo si rompe? Lo si sostituisce. Vuoi avere il culo di Kim Kardashian? Ti metti una protesi et voilà. Il corpo fa share, fa ascolto».
È il trionfo del kitsch.
«Analizzeremo anche questo fenomeno. Prima era visto come il cassonetto delle vergogne, il cattivo gusto».
E ora?
«Ai tempi di Instagram ha messo le ali. Oggi il kitsch pensa, concede interviste. È diventato "l' arte della felicità". E parlo del cattivo gusto nella sua forma ruspante, nella sua forma intellettuale, il Camp, e nella sua forma becera, il trash. Il kitsch è simpatico, popolare, dà una possibilità di comunicazione con gli altri. Il bon ton e lo chic no, sono divisivi».
cerolini, gresele e daniela bonvino
Con Cafonal, Dagospia ha inventato un genere.
«Negli anni Ottanta c' era Capital. E spiegava ai nuovi ricchi qual era lo stile dei veri ricchi: l' Aga Khan, Gianni Agnelli, Marco Tronchetti Provera. Così gli imprenditori della Brianza, di Latina, di Battipaglia, hanno iniziato a portare l' orologio sul polsino».
Dove nasce Cafonal?
«Davanti ai buffet. La gente va alle feste, bussa alla porta di un' alta società che non gli appartiene. Ma davanti al cibo si tradisce. Quando arrivano le pennette diventano tutti fedayn all' attacco. Al grido di: "Nel dubbio, magnamose tutto!". E allora vedi quei piatti che diventavano cofane».
Manca il cibo dell' anima.
«Parleremo pure di spiritualità, del passaggio da "Dio a d'Io". La religione, intesa come islam e cattolicesimo, è ideologica e bellicosa. La spiritualità ha preso il sopravvento. In una società dura e impietosa, Dio è ciò che manca quando non manca nulla».