Paolo Mastrolilli per La Stampa
Prendere un’ape, volando alla velocità di una farfalla. Parafrasando la mitica definizione di Mohammed Ali, possiamo dire che il “match del secolo” è finito così, con Manny Pacquiao inutilmente lanciato ad inseguire Floyd Mayweather. Solo che Manny non è mai riuscito davvero ad afferrare la sua ape, che invece lo ha punto in continuazione. Alla fine, decisione unanime dei giudici: Floyd resta imbattuto, e diventa il campione mondiale unificato dei pesi welter. Ha vinto ai punti, ma soprattutto ha dimostrato di essere superiore, rendendo probabilmente inutile anche l’idea di chiudere la sua carriera a settembre con una rivincita.
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Quello di questa mattina fra Mayweather e Pacquiao era stato presentato come il “match del secolo”, e se le cose stanno davvero così, la boxe non sembra avere un futuro radioso. E’ stato un bel combattimento, ma niente di epico. Se entrerà nei libri di storia, sarà solo per il record di Floyd salito a 48 incontri senza sconfitte, e per l’assenza di concorrenza.
Fino dal primo round Mayweather, approfittando della sua agilità, l’allungo e l’abilità difensiva, ha tenuto a distanza Pacquiao. Il filippino era più aggressivo, ma concludeva poco, mentre l’americano trovava sempre qualche spazio per colpirlo. Niente di straordinario, ma un dominio che è stato praticamente costante. Nemmeno quando la fine si avvicinava, durante gli ultimi due round, Manny ha trovato la maniera di accelerare il ritmo e mettere davvero in difficoltà l’avversario.
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Alla fine Pacquiao ha detto che secondo lui stava vincendo, e perciò non ha sentito la necessità di affondare. E’ una sensazione che ha avuto solo lui, però. Mayweather invece ha confermato che è stanco, e quello in programma a settembre sarà il suo ultimo match, con un avversario ancora da inventare. Questa mattina, davanti ad una platea piena di vip, ha dimostrato di essere il migliore, almeno della sua generazione. Andare avanti, a questo punto, non ha più molto senso.