Paolo Rodari per \"Il Riformista\"
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
Non c\'erano né Benedetto XVI né Giorgio Napolitano. Ma c\'erano i due uomini a loro più vicini, don Georg Gaenswein e Gaetano Gifuni. Quindi, il mondo \"teo-con\" che conta: hanno accompagnato l\'ambasciatrice Usa in Vaticano Mary Ann Glendon, Michael Novak e Michael Ledeen (quello della Bibbia teo-con \"Machiavelli on Modern Leadership\").
E, ancora, una platea di politici e uomini di Chiesa importante: Gianni Letta, Renato Schifani, Rosi Mauro, Eugenia Roccella, Paola Binetti, Livia Turco, Pier Ferdinando Casini, i cardinali Giovanni Battista Re, Stanislaw Rylko e Bernard Francis Law, monsignor Rino Fisichella, Giulio Andreotti e il prefetto Gianni De Gennaro. A testimonianza di come la presentazione romana avvenuta ieri dell\'ultimo lavoro di Marcello Pera \"Perchè dobbiamo dirci cristiani\", interessi da vicino soprattutto le due istituzioni, Chiesa e Stato.
Perché la questione è molto semplice e l\'ha spiegata il cardinale Camillo Ruini presentando il libro assieme a Massimo D\'Alema e all\'autore: il dibattito tra Stato e Chiesa si muove tra due poli, «quello di coloro che vorrebbero espungere il cristianesimo dalla nostra cultura pubblica, o almeno ridimensionare la sua presenza, e quello di coloro che cercano invece di mantenere e rimotivare questa presenza, ritenendola oggi particolarmente necessaria e benefica».
La tesi di Pera (che ieri si è detto contento di avere guadagnato almeno tre lettori: oltre al Papa, D\'Alema e Ruini) è lineare: al di fuori del cristianesimo il liberalismo nega se stesso. Al di fuori del cristianesimo non c\'è l\'Europa, l\'Occidente manca della propria identità. E, dunque, un dialogo col mondo laico, come pure col mondo delle alte culture e fedi, non può dimenticare questa premessa: non possiamo non dirci cristiani.
Una tesi approvata appieno da Benedetto XVI che al libro ha scritto una prefazione sotto forma di lettera. Una «lettera inconsueta», ha detto ieri Ruini. Perché il Papa offre in quattro delle cinque prese di posizione sull\'argomento delle prospettive in qualche modo nuove.
Botta di sonno per Gianni Letta - Copyright PizziCosì, se la posizione riguardante il rapporto Europa/cristianesimo è in linea con quanto la Chiesa ha più volte sostenuto (il fondamento dell\'Europa è cristiano), echi di novità si riscontrano laddove il Pontefice spiega il liberalismo che si radica nell\'immagine cristiana di Dio, la multiculturalità come concetto contraddittorio, la necessità che al dialogo interreligioso ne subentri uno interculturale e, infine, il nesso che lega liberalismo e la dottrina cristiana del bene. Posizioni, a conti fatti, più da cardinale Ratzinger che da Benedetto XVI (ma questo è un altro discorso).
Ruini ha confermato in tutto la posizione del Papa secondo il quale un dialogo interreligioso oggi è impossibile: occorre dialogare non sul nucleo dogmatico ma sulle conseguenze culturali delle religioni, «ossia dei diritti attribuiti o negati all\'uomo, i costumi sociali consentiti o proibiti, le forme di relazioni interpersonali ammesse o censurate, gli istituti politici raccomandati o vietati».
Insomma, sì a un dialogo sulle conseguenze del proprio credere. No a un dialogo sulle diverse teologie. Un dialogo che il Papa ha voluto la Chiesa mettesse in campo fin dal giorni in cui ha chiamato al dicastero vaticano che si occupa del dialogo con le altre fedi il cardinale Jean-Louis Tauran al posto di monsignor Michael Fitzgerald.
D\'Alema ha svolto un suo canto, incentrato attorno a un termine oggi forse troppo abusato: laicità. Che significa sì riconoscere che l\'«impronta cristiana è forte» ma anche che «non è esclusiva nel patrimonio culturale europeo». Insomma, per dialogare occorre distinguere fede e cultura e garantire «la laicità dello Stato e della politica».
Per Ruini le cose stanno diversamente: «I cristiani debbono reagire all\'emarginazione in atto dalla cultura pubblica europea» anche perché «tuttora il cristianesimo è la sorgente a cui si alimenta l\'autocomprensione normativa della modernità».
E «non riconoscere questo dato decisivo, e voler fondare invece l\'unità europea soltanto su di un astratto \"patriottismo costituzionale\", lascia l\'Europa senza una precisa identità e senza un principio realmente unificante, oltre a dividere l\'Occidente allontanando l\'Europa dall\'America». Parole confermate da Pera: «Il cristianesimo - ha detto - è stato l\'atto battesimale dell\'Europa» perché «siamo figli della cultura e della tradizione cristiana».