Alberto Dandolo per Dagospia
Premessa. Siamo in Libano per fare "una cosa seria seria" per dirla alla Lucia Annunziata (ve la ricordate qualche anno fa quando nel promo di un suo programma sostenne che lei faceva cose "serie serie" di contro ai vari e avariati dibattiti televisivi sul Festival di Sanremo?). Stiamo qua, con un gruppo di colleghi, a cercare di capire e raccontare gli effetti della tragedia siriana su questo Paese e la sua gente. E questi racconti li leggerete sui giornaloni.
Buddha BarQui vogliamo lasciare uscire il "cafonal" che è in noi, e che non riesce proprio a sopirsi. Accanto ad ogni dramma c'è la vita che continua a scorrere. Con tutti i suoi chiaroscuri. Con gli alti e i bassi, il bello e il brutto, il buono e cattivo gusto. E non potevamo quindi rimanere indifferenti al volto più "dis-umano" della capitale della terra dei cedri, non potevamo restare impassibili di fronte alla "cafonalissima" Beirut.
Intanto siamo arrivati qua in pieno codice rosso. Dopo un'ora che avevamo posato i culi sulle sedie di una kebaberia del centro due signori imbottiti di esplosivo hanno pensato bene di farsi saltare in aria davanti all'Ambasciata iraniana. Risultato: 26 morti e 140 feriti.
Ma Beirut è Beirut. E sa sempre come reagire. E' rinata tante volte dalle sue ceneri. E a quest'attentato ha reagito con la freddezza e la (forzata) indifferenza di sempre. Beirut sembra impassibile di fronte alle tragedie che la colpiscono. Sembra algida e distaccata. Ma non è così. Beirut è come una madre che ha perso molti dei suoi figli. Una madre che di fronte alle nuove perdite non ha più manco una lacrima. E guarda avanti con coraggio e forse con rassegnazione.
playmate beirutDopo un paio d'ore dall'attentato Beirut ha ripreso infatti la vita di sempre. Con i suoi eccessi e le sue "per-versioni". Beirut è la capitale indiscussa del piacere e della movida in Medio Oriente. Qui ci sono più banche e discoteche che uffici pubblici. Questo vuol dire banalmente che circola molto denaro e molta voglia di far festa. Nonostante tutto e nonostante una guerra a pochi kilometri.
Il libanese di Beirut esprime se stesso e la cultura del suo popolo alla guida. Qua so matti. Ogni macchina per strada fa di testa sua. Non esistono regole, non esiste il rispetto di alcun codice stradale. Tutti fanno quel che cazzo vogliono e come vogliono. L'"altro" è solo un ostacolo. Qui vige un individualismo sfrenato. Ai limiti del sopportabile. E' infatti cosa molto difficile "far gruppo" in sta città. La gente ti accoglie con cortesia e con rispetto. Ti fa arrivare (metaforicamente) fino all'uscio di casa sua ma poi non ti fa entrare. Il loro unico nucleo affettivo è quello della famiglia d'origine. "Tutto il resto è noia". Rottura di maroni (e di maroniti!).
Pier Beirut bIl quartiere più vivo della movida cittadina si chiama Hamra. E' pieno di locali e club. Aperti fino all'alba e dove scorrono fiumi e fiumi di alcol (ma il 60% della popolazione non è islamica?). Questo è il quartiere più tollerante e più aperto (è quello che si espone di più rispetto agli altri). Tanti i club in cui è possibile far casino o incontrare allegre signorine e signorini a tariffe occidentali. Ma il fenomeno più nuovo (e francamente triste) è quello della prostituzione (anche minorile) di alcuni cittadini siriani che si sono riversati qui a causa del conflitto. E che non hanno speranza e hanno visto nella vendita del "piacere" l'unico modo per sbarcare il lunario.
Qui la tariffa base è 200 dollari americani. Noi italiani ci facciamo sempre riconoscere. Alcuni ragazzi ci dicono che i loro clienti migliori e i più numerosi arrivano dal paese del Pompetta (ahimè il nostro). Che qua è considerato una specie di mito (ma perché non si trasferisce qui? Aridategli il passaporto!). E dopo la parola "pizza" la più usata è "bunga-bunga". Nnamo bene!
Pier BeirutA dimostrazione che Beirut risorge dalle sue ceneri e simbolo di questo "atteggiamento" è un luogo: il club Q018.
Vi domanderete perché. Semplice: questa, che è la discoteca più cool del momento, nasce fisicamente su una collinetta dove sono sepolti 20.000 corpi. In realtà sotto il pavimento luccicante della pista da ballo c'è una enorme fossa comune. Quella che risale al conflitto estenuante che ha colpito Beirut negli anni a cavallo tra i '70 e gli '80.
Insomma qua "si balla sui morti" ed è un degenero totale. La serata più tosta è quella sponsorizzata da una nota marca di vodka (vedi foto). In questa serata si beve solo vodka. Se ne beve fino a perderei sensi (dicono che nei bagni si navigli a vista tra i vomiti e collassi). Qua le più disinibite sono le ragazze e c'è pure un gruppo di ballerine travestite da soldatesse (vedi foto).
Milk BeirutMa Beirut è anche tollerante con il mondo gay. Qua ci sono più saune omo che a Milano. La più famosa e lussuosa (carissima) si chiama "Spartacus". E' tutta un trionfo di architettura araba (vedi foto). Una babele di archi, colonnati, mosaici, piscine. Qua ci vengono i libanesi ricchi ( per lo più cristiani maroniti o ortodossi) e occidentali arrapati ( manco a dirlo folta la clientela italiana).
E poi c i ha colpito un locale: l'Elephant Gun (vedi foto). Qua si riuniscono i radical chic di Beirut. ‘Na banda di fulminati simpatici e figli di papà che si sentono artisti. L'ultimo spettacolo che hanno fatto era una commedia molto sofisticata e ben curata nei costumi e nelle musiche. Non è mancata nemmeno la scena dal vago sapore "sado". Un uomo legato a un guinzaglio portato a spasso dalla sua donna come un cagnolino (vedi foto). A dimostrazione che Beirut ha preso tutto il meglio e il peggio dall'occidente e dal mondo arabo. Lo ha frullato ed è diventata quello che è.
la movida di beirutPs: curiosità: questa domenica al Teatro Nazionale di Beirut si è tenuto il concerto di Vinicio Capossela. Sold out!
BEIRUT