Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Tutti nudi nel "Tempio di Elefantina" di Raffaele Curi e Alda Fendi
Tutti nudi nel "Tempio di Elefantina" di Raffaele Curi e Alda Fendi
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
DAGOREPORT
La crisi ci ha privato di molte cose. Alcune essenziali, altre meno. Fino all’ultimo i romani hanno temuto che il tradizionale spettacolo di Raffaele Curi non venisse recitato. Difficile spiegare agli stranieri cosa significhi per gli indigeni questo spettacolo che a uno extraregionale può sembrare vacuo e demenziale. Si è verificato il caso, ampiamente documentabile, di non romani che, dopo essersi insinuati in questa che sempre più è diventata una cerimonia tribale, hanno reagito ognuno secondo la propria natura. Chi dando in escandescenze e chi lanciando minacce al regista con toni alterati.
Il pontefice massimo della cerimonia, che tradizionalmente precede di qualche giorno la Pasqua, dovrebbe esserne soddisfatto. Gli antropologi hanno studiato a fondo il Curi’s Day, presentato ogni anni con un titolo diverso, per ingannare la jella, ma in realtà sempre uguale nelle sue insondabili superficialità. Lo fanno risalire agli zeruschi, la misteriosa popolazione che ha preceduto gli etruschi e di cui sappiamo poco perché aveva poco o niente da trasmettere.
Da loro Curi sembra avere direttamente ereditato la tradizione di uno spettacolo che, grazie a mesi di lavoro, sembra raffazzonato all’ultimo da uno smemorato ebbro di santità. Facendo sfilare una serie di elefanti in un filmato, il regista ci ha ricordato la sua estetica: l’elefante in un negozio di cristalleria. Ma solo quando sono comparsi i tradizionali nudi il pubblico ha tirato un sospiro di sollievo: gli zeruschi vivono ancora!
Indimenticabile il riferimento alle “Cinquanta sfumature di grigio”, cripto citate da seminudi maschili e femminili in sadopantaloni di cuoio che facevano schioccare la frusta. Un ultimo tocco la sonorità esplosiva che rendeva gli spettatori consapevoli dell’umana debolezza delle loro orecchie.
Intanto sullo schermo transitavano citazioni sacre e profane, mirabilmente insensate e avulse dal contesto peraltro assente. Lo zerusco, diceva Jakobson, non ha significati o significanti, è apertamente insignificante!
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