Ieri si è tenuto a Tokyo il “Feti-Fes”, festival del fetish con cento stand distribuiti su sei piani, visitato da cosplayer, artisti del bondage, e la proiezione di film a tema nella sezione “Underground Fetish Film Festival”. Per ragioni legali, la nudità totale era proibita, così come era vietato toccare i performer. In realtà, erano tutti nudi o quasi, i capezzoli coperti dal nastro adesivo.
Nessun altro posto, in Giappone, ha mai visto tanti amanti del sadomaso riuniti sotto un unico tetto. C’erano le “chubby girls” (ragazze pienotte in calore), i fanatici dell’ “omorashi” (eccitazione dall'avere o dal vedere la vescica piena), le “manaita” (ragazze dal seno piatto), si poteva praticare il “panchir” (paghi per fare la foto sotto la gonna di una ragazza), sparare la pistola ad acqua su una giovane con la maglia bianca, farsi frustare in viso, e via bancarelle di “zentai” (la tuta in spandex), attrezzi per la tortura, catene, manette.
Lo shibari, antica forma artistica di legatura giapponese, è andato a gonfie vele, così come il “nonsummerjack”, cioè la pratica di depilarsi davanti a tutti, lasciando quasi niente all’immaginazione. Alla fiera si sono visti tanti “otoko no ko”, ragazzi vestiti da ragazze, difficilmente distinguibili dal sesso opposto, transgender, gay, lesbiche e cross-dresser, tutti a passeggiare per il labirinto dei desideri proibiti.
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