Francesco Persili per Dagospia
«Un giornale che guarda avanti, una buona notizia per l'Italia». Ore 19 e 45 quando Mario Monti dice sì a Casini. Già, perché quella che va in scena al Palazzo delle Esposizioni non è solo la celebrazione, come sostiene il premier, di «un momento di rinnovata vitalità di una colonna del sistema informativo italiano». La presentazione del nuovo Messaggero, infatti, diventa il party per festeggiare "il contratto con il Professore", un'intesa politica destinata a proseguire anche nei prossimi mesi.
Caltagirone Fornero Monti Clini La Regina e CominLa santa alleanza tra Casini e Monti chez Caltagirone si consolida tra cinquanta sfumature di "ignorantissimo" fritto de' noantri (olive ascolane, alici e arancini, etc.) e le immagini proiettate sulle pareti dell'Open Colonna su cui campeggia la M (di Messaggero e di Monti) in mezzo ad una agorà riservata ai soci della meglio Roma potentona che comprende le più alte cariche dello Stato (il presidente della Camera, Gianfranco Fini e quello del Senato, Renato Schifani) e il governo al gran completo, monsignori e i più alti rappresentanti delle forze dell'ordine, il sottosegretario Gianni De Gennaro, il portavoce del presidente della Repubblica, Pasquale Cascella e il vicepresidente del Csm, Michele Vietti.
Monti Fornero Orfeo Mario MontiUna rete di poteri che mette insieme Palazzo e consigli di amministrazione, impresa e finanza, cinematografari e direttori di giornali, il mondo Rai e i circoli sportivi, lo star system capitolino e i papaveri dello sport italiano. Si fa prima a dire chi manca: Bersani. E questo conferma il valore tutto politico dell'operazione (M), Mario Monti bis.
«Le crisi fanno soffrire ma sono anche un fermento da cui possono nascere idee e stimoli nuovi», scolpisce l'ottavo imperatore de Roma Francesco Gaetano Caltagirone, presidente del gruppo editoriale, che invita a reagire affinché «l'Italia torni a essere vincente e il Messaggero con l'Italia». Così nelle immagini del filmato che ripercorre i 134 anni dello storico quotidiano della Capitale viene dato ampio risalto alle vittorie azzurre ai Mondiali e all'Oscar a Benigni in mezzo alle prime pagine da collezione per l'uomo sulla Luna, in morte di papa Giovanni Paolo II e con quel No gigante del 12 maggio 1974, il giorno - non solo del primo scudetto della Lazio - ma del referendum per l'abrogazione della legge sul divorzio contro «il tentativo clerico-fascista di sopprimere la democrazia e l'autonomia dello Stato».
Giuseppe Patroni Griffi Giulio AnselmiNella buona come nella cattiva sorte, il quotidiano fondato nel 1878 da Luigi Cesana, «ha protetto la Costituzione - rimarca Azzurra Caltagirone, vicepresidente del gruppo editoriale - si è battuto per i valori civili di questo Paese e ne ha spinto la modernizzazione. L'ha sempre fatto con passione, dedizione ed equilibrio», senza mai cedere «al qualunquismo e all'antipolitica». Anche se, poi, politicamente, il giornale di via del Tritone, come ha scritto Giuseppe Talamo in «Il Messaggero e la sua città», si è contraddistinto nel corso della sua storia per aver adottato «atteggiamenti ispirati da un buon senso fin troppo facile, con venature di moralismo spicciolo e di ripetuta condanna della politica».
Giovanni TotiDalla scalata di Cefis alla guerra dei Perrone, dal tycoon anni Ottanta Gardini - che va a canestro con l'acquisto della Virtus Roma, quella del cubo al Palaeur, di Michael Cooper e Dino Radja - fino all'avvento di Caltagirone, Il Messaggero ha raccontato (anche) un capitolo fondamentale di storia dell'establishment italiano e dell'intreccio tra capitalismo e potere politico.
A cosa servono i giornali, dunque? A favorire accordi, a mettere a punto strategie, a rinsaldare patti di governo (presenti e futuri) anche quando cambia la grafica, e con le pagine, aumentano gli approfondimenti. Tocca al direttore de Il Messaggero, Mario Orfeo, annunciare il varo di una nuova sezione, Macro («una finestra aperta sulla società contemporanea...», ma è meglio stare attenti agli spifferi) e tagliare simbolicamente il nastro della grande opera di ingegneria editoriale (e politica): «Il ponte che lanciamo tra passato e futuro si fonda su una simbiosi tra il giornale di carta e il giornale on line».
Giovanni FlorisAd ascoltare quello che il Porfirio Rubirosa dei Parioli, Malagò, si diverte a presentare come «l'uomo più potente di Roma», c'è tutta la Roma che conta, e che vuole continuare a contare. Monti saluta il suo caro amico Rutelli che gli presenta la moglie Barbara Palombelli («Posso darti un bacio?», osa il Professore). Qualche metro più in là ci sono a poco distanza, l'uno dall'altro, i gemelli diversi Gianni Letta e Goffredo Bettini, registi della politica capitolina per (più di) un ventennio.
Casini e BettiniPresenti anche il sindaco Alemanno e quello mancato, Zingaretti. C'è anche chi avrebbe potuto esserlo, Raffaele Ranucci, senatore del Pd, che sulla barca di sua proprietà presentò Pierferdy ad Azzurra Caltagirone, e chi, al momento, lo esclude. Come fa Luisa Todini, consigliere d'amministrazione Rai, che parla di parla di primarie Pdl («se fanno emergere volti nuovi sono salvifiche...») e dell'abbraccio tra Barack Obama e sua moglie Michelle («Una meraviglia: da soli si fa molto, in due si cambia il mondo»...) ma sul suo futuro non si sbilancia: «Sono fortemente impegnata a fare la mamma, ho una serie di attività e sono felice di fare politica pagando gli stipendi a chi lavora. E, poi, Roma, per ora, il sindaco ce l'ha...».
Gianni LettaMa l'asso nella manica di Caltagirone si chiama Alfio Marchini, erede di una delle più importanti famiglie di costruttori romani - lo zio, Alvaro, calce e martello, fu quello che donò al Pci la sede di Botteghe Oscure. Il grillino in giacca e cravatta, a quanto pare, ballerà da solo. Scenderà, infatti, in campo a capo di una lista civica senza politici. Dalla Lista Beautiful del sindaco piacione (Rutelli) al sindaco tronista che assomiglia a Ridge? Mentre impazza il toto-nomi per il Campidoglio, si fa concreta la possibilità che, se continuano ad aumentare i candidati, finiremo per tenerci altri 5 anni Aledanno.
Gianni De Gennaro Barbara PalombelliTra pettegolezzi e chiacchiere che circolano nel salone, il gossip più insistente è quello sulle possibili dimissioni (per ragioni di salute) del capo della Polizia, Manganelli. Intanto si rivedono anche il socialista di ritorno, Tremonti e il teorico dello sbullonamento del modello Roma, Umberto Croppi, non manca l'us(ur)ato sicuro dell'infotainment politico e il gotha degli attori della scuola romana: il maestro Gigi Proietti e l'allievo Enrico Brignano, i cognati irresistibili della commedia all'italiana, Carlo Verdone e Christian De Sica, che scatta una foto a Diego Della Valle e Proietti e poi si ferma a chiacchierare con Dagospia di Roma («avrebbe bisogno di una manutenzione migliore delle strade»), dell'Italia («questo è il Paese non solo di er Batman, ma di Benedetto Croce e di tanta gente onesta»), del Satyricon della Regione Lazio e delle feste con ancelle e maiali: «Sembrava un film mio, la rappresentazione perfetta in forma di commedia del generone romano».
Andrea Vianello e Bianca Berlinguer Azzurra Caltagirone e Corrado CliniMentre si sbriciola ogni confine tra realtà e commedia, cade anche la barriera tra vero e verosimile con Monti che riconosce dignità (e utilità) al retroscena politico, «categoria che fa della verosimiglianza, un postulato di verità». E, dunque, dietro la M del nuovo Messaggero non c'è solo «un giornale nuovo ma fedele alla tradizione» che, secondo i desiderata di Orfeo, continuerà ad essere schierato dalla parte dei cittadini, ma anche il quotidiano nazionale che, come sostiene il premier, prova ad alzare l'asticella della sfida. Per non rassegnarsi ad un destino già scritto, quello di diventare l'house organ del Monti bis.
Mara Carfagna
Catricala Antonio dietro a sinistra Paolo Liguori