1. IL PAPA ARRIVA NELLE FILIPPINE: DAGO-REPORTAGE DA MANILA E DALLE SUE CONTRADDIZIONI 2. UN PAESE SPACCATO A METÀ TRA ULTRA-RICCHI E STRACCIONI, TRA BARBONCINI CON LE SNEAKERS E FAMIGLIE CHE VIVONO NEI CIMITERI, LEXUS FIAMMANTI E BUS SCALCINATI 3. LA CHIESA FILIPPINA HA PROCLAMATO IL 2015 “ANNO DEI POVERI”. MA NESSUNO HA AVVERTITO I 40 PIÙ RICCHI DI MANILA CHE VALGONO IL 70% DEL PRODOTTO INTERNO LORDO DEL PAESE 4. NONOSTANTE UNA CRESCITA DEL 6-7% ANNUO, IN 27 MILIONI VIVONO SOTTO LA SOGLIA DELLA POVERTÀ. L’EMIGRAZIONE PIÙ ALTA DEL MONDO: 10 MILIONI VIVONO E LAVORANO ALL’ESTERO 5. CITTÀ TAPPEZZATA DI SOUVENIR CON BERGOGLIO, CHE HA PARLATO DI POVERI E DI “CHARLIE HEBDO": “NON SI UCCIDE IN NOME DI DIO. SONO PREOCCUPATO PER L’INCOLUMITÀ DEI FEDELI”

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  • DAGO-REPORTAGE FOTOGRAFICO DALLE FILIPPINE

     

    1. IL PAPA NELLE FILIPPINE NELL’«ANNO DEI POVERI»

    Paolo Affatato per http://vaticaninsider.lastampa.it/

     

    «I poveri sono i nostri maestri». Ama ripetere questa frase di san Vincenzo de’ Paoli il cardinale di Manila, Louis Antonio Tagle, quando parla dell’«Anno dei poveri», proclamato dalla Chiesa filippina per il 2015. Aggiungendo che «nelle periferie si va a imparare». Ed è significativo che proprio in questa cornice si inscriva il viaggio di papa Francesco, sbarcato oggi a Manila dopo la tappa in Sri Lanka. Bergoglio stesso, parlando ai giornalisti sull’aereo, ha confermato che il viaggio nelle Filippine avrà come filo rosso il tema dei poveri.

    BERGOGLIO SULL AEREO CON PADRE FEDERICO LOMBARDI BERGOGLIO SULL AEREO CON PADRE FEDERICO LOMBARDI

     

    L’Anno dei Poveri si inserisce in una preparazione di nove anni avviata dalla Chiesa locale in vista del 2021, quando cadrà il 5° centenario dell’evangelizzazione, del primo battesimo e della prima Messa celebrata nell’arcipelago. Quello, il 2021, sarà l’anno della «missio ad gentes», mentre, fino a quella data, ogni anno avrà un suo tema speciale.

     

    La cifra della «misericordia e compassione» – questo il titolo ufficiale scelto per il viaggio del Papa – non può essere compresa senza inserirla nell’ampia categoria della «povertà» che ha suscitato le riflessioni della Chiesa locale. «Una Chiesa povera e per i poveri» è una delle espressioni di papa Francesco più citate in questo frangente da vescovi, sacerdoti e religiosi.

     

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    D’altronde il viaggio papale ha come uno dei momenti centrali la visita di Francesco a Tacloban, nell’isola di Leyte, la provincia colpita violentemente dal tifone Hayan a novembre 2013, con un bilancio di 6.245 vittime accertate, e oltre 16 milioni di persone coinvolte. Nell’arcidiocesi di Palo, Bergoglio incontrerà i superstiti e benedirà un nuovo centro per i poveri (soprattutto orfani e anziani), a lui intitolato, il «Pope Francis center for the poor», realizzato anche grazie ai fondi del Pontificio Consiglio Cor Unum.

     

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    La Chiesa filippina indica il Cristo crocifisso come «il povero per eccellenza, spogliato anche della dignità, oppresso, disprezzato, impotente, miserabile», hanno scritto i vescovi. Il fine è prima di tutto un messaggio di consolazione, dato che «a ogni povero la Chiesa dice: Cristo è con te. Ha preso la tua nudità, la vulnerabilità, la fame, la malattia, la vergogna». Da quelle stessa croce si irradia un messaggio di risurrezione: «Io sono venuto a portare la vita in abbondanza. Beati voi che siete poveri, Beati voi che avete fame perché sarete saziati».

     

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    L’Anno dei Poveri mette in risalto anche la le cifre impietose della situazione sociale ed economica nelle Filippine: nonostante una crescita economica tra il 6 e il 7% annuo, oltre un quarto della popolazione (il 27% su circa 100 milioni di abitanti) vive sotto la soglia di povertà. La disoccupazione è ufficialmente al 7% e genera l’emigrazione più alta al mondo: circa 10 milioni di persone che assicurano 26 miliardi di dollari di rimesse l’anno.

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    Le Filippine hanno, inoltre, una delle più inique distribuzioni del reddito del pianeta. Il patrimonio dei quaranta filippini più ricchi nel paese (e delle poche famiglie capitaliste), secondo la rivista Forbes, rappresenta il 76% del prodotto interno lordo del paese. Gli osservatori parlano del cosiddetto «crony capitalism», il «capitalismo clientelare» o «di famiglia», spiegando come le leve del potere politico ed economico siano saldamente nella mani di un gruppo ristretto di clan familiari. Il presidente filippino Benigno Aquino jr viene da uno di questi clan, il Cojuangco-Aquino.

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    Per questo, scrivono i vescovi, l’«Anno dei Poveri è un richiamo anche per i ricchi», e questo significa in primis arginare la corruzione nella politica: «Urge interrompere l'uso improprio dei fondi del popolo, fermare la distruzione indiscriminata dell'ambiente, ridistribuire la ricchezza equamente, costruire un'economia che risponda a criteri di giustizia, fornire istruzione che rispetti la dignità di tutti, come esseri umani e figli di Dio».

     

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    La corruzione è un tema-chiave su cui negli ultimi anni la Chiesa è tornata più volte, definendola «cancro del paese». Nel 2014 una mega-truffa ha riportato l’attenzione sul controverso meccanismo del «Fondo prioritario per assistenza allo sviluppo» (Pdaf), ribattezzato anche «pork barrel». Si tratta del contributo erogato dallo Stato a ogni parlamentare per progetti sociali da svolgere a livello locale. Una vasta campagna di sensibilizzazione, che ha visto la Chiesa tra i protagonisti, ha chiesto, in nome della trasparenza, l’abolizione del Fondo. Ma Benigno Aquino jr si è rifiutato di abolirlo.

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    Nell’Anno dei poveri il richiamo è anche ai pastori: la povertà «è uno scandalo sociale, per cui non si può incolpare solo il governo, bisogna capire il nostro ruolo in esso, la nostra responsabilità personale», dicono i vescovi. Anche i sacerdoti sono chiamati a lasciare i comfort e a riabbracciare una vita semplice, vicina ai poveri, fatta di sobrietà.

     

     

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    2. PAPA FRANCESCO NELLE FILIPPINE: "NON SI UCCIDE IN NOME DI DIO, MA NON RIDICOLIZZARE FEDE"

    ANSA.it

     

    Non si uccide in nome di Dio ma non si ridicolizza la fede altui. E' il messaggio del Papa che, dall'aereo che lo sta portando dallo Sri Lanka alle Filippine, incalzato dai cronisti, torna a parlare del terrore dei giorni scorsi a Parigi. "Essere miti, umili non aggressivi" - è il messaggio del Papa - è "miglior modo per rispondere" a minacce di attentati. Il Papa è "preoccupato per l'incolumità dei fedeli", per sé ha paura ma anche "una sana incoscienza" e ha paura del dolore fisico. "La libertà di religione" - ha detto ancora Francesco - è essenziale, e "non si uccide in nome di Dio". La "libertà di espressione è un diritto, ma anche un dovere". Neppure "si offende la religione", ma in questo caso "non si reagisce con violenza".

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    Libera espressione sì, "ma se il mio amico Gasbarri dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno". Così il Papa, in volo verso Manila, ha spiegato il "limite" alla libertà di espressione: la fede non sia ridicolizzata. Non si "giocattolizza la religione degli altri".

     

    Gli organizzatori hanno calcolato in due milioni le persone che hanno accolto il Papa al suo arrivo a Manila, sia in aeroporto che lungo le strade. Lo ha detto il portavoce padre Federico Lombardi.

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    "Forse è una mancanza di rispetto - ha risposto il Papa a una domanda sui kamikaze e sui bimbi usati come kamikaze - ma credo che in ogni attacco suicida c'è qualcosa di squilibrio mentale e umano, c'è qualcosa che non va nelle persone, nel senso che danno alla propria vita e a quella degli altri. Sì, il kamikaze dà la propria vita, ma non la dà bene, i missionari per esempio danno la propria vita ma per costruire, quando si dà la vita per distruggere c'è qualcosa che non va".

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    Saluto allo Sri Lanka - "Dio benedica e protegga lo Sri Lanka". Con questo tweet Papa Francesco ha salutato il Paese asiatico per proseguire il suo viaggio che lo ha visto sbarcare a Manila nelle Filippine. Una volta sceso dalla scaletta è stato il presidente del Paese, Aquino III, ad accoglierlo. All'aeroporto di Manila un'accoglienza calorosa con centinaia di giovani che cantano e ballano.

     

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    Folla sterminata ad accogliere Francesco anche nelle zone subito fuori dall'aeroporto, inquadrate dalle immagini del Ctv, il Centro televisivo vaticano. Molti i sacerdoti e i vescovi, tra i quali l'arcivescovo di Manila, il cardinal Luis Antonio Tagle. Si sono salutati con un forte abbraccio e grandi sorrisi. Tira un forte vento e appena il Papa si è affacciato dal portellone dell'aereo è volata la papalina. Anche a Manila, come era già accaduto all'aeroporto di Colombo in Sri Lanka, due bambini hanno offerto al Papa un omaggio floreale, con fiori banchi e gialli, i colori del Vaticano.

     

     

    3. PAPA IN SRI LANKA: NEL CUORE DEL CONFLITTO ETNICO,"PACE"

    Giovanna Chirri per www.ansa.it

     

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    Non è facile imparare a perdonare, e perdonarsi, dopo aver visto, subito o anche compiuto tanta violenza, come quella che per decenni ha opposto tamil e cingalesi. Prima condizione è non dimenticare il "sangue sparso". Ma soprattutto bisogna lavorare per una "riconciliazione più grande, in cui il balsamo del perdono e della misericordia possa portare tutti alla guarigione". Papa Francesco ha nuovamente indicato la strada della verità, dell'ammissione degli errori, e della reciproca riconciliazione come via per far passare lo Sri Lanka dalla assenza di guerra a una pace vera.

     

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    Lo ha fatto nel santuario di Madhu, nella zona di Mannar, a nord del Paese, nelle province dove i tamil avevano cominciato a concentrarsi a partire dagli anni Sessanta. Lì dal 2007 al 2009 si è svolta la fase più cruenta del conflitto, con l'esercito governativo che ha annientato le "tigri", ma ha poi militarizzato la regione, violando una serie di diritti umani dei civili, come documentano Ong, una commissione di inchiesta e vari rapporti dello Osservatorio internazionale sui diritti umani.

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    Madhu è un luogo frequentato non solo da cristiani, e simbolico per questi ultimi giacché dalla sua origine ha assistito tra l'altro nel 1544 alla persecuzione anticristiana da parte del re di Jaffna, alla persecuzione, nel Sei-Settecento, dei calvinisti olandesi contro i cattolici e, da ultimo è stato, dal 1990 campo profughi per gli sfollati del conflitto, zona demilitarizzata ma comunque coinvolta in combattimenti furiosi.

     

    Nel santuario, riaperto al culto nel 2010, papa Francesco è giunto nel pomeriggio, in elicottero da Colombo, ed è stato accolto da una folla grande, capace di passare dalla festa alla preghiera, grazie al modo composto e sincero di accogliere l'ospite con danze e ghirlande di fiori, ai canti sacri. Anche dolenti e come pensosi, simili a quelli che la notte scorsa hanno accompagnato centinaia di migliaia di fedeli lungo il litorale dell'Oceano Indiano, per raggiungere il luogo della canonizzazione del primo santo di qui, Giuseppe Vaz.

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    A Madhu il compito di salutare papa Francesco è stato assolto da mons. Joseph Rayappu, il vescovo di Mannar che ha sempre difeso i diritti dei tamil e ha anche reso testimonianza davanti alla Commissione per la riconciliazione nazionale. I due giorni nell'ex Ceylon, - ieri con l'appello ai leader religiosi a non essere "equivoci" contro le violenze in nome di Dio, e oggi con la reiterazione dell'appello a "riconciliazione, giustizia e pace", - sono quasi una scuola per l'uomo contemporaneo, chiunque egli chiami Dio, per costruire una vera fratellanza, che cambi la vita dei popoli e delle persone.

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    Un modo di essere uomini, e perciò capaci di curare le ferite più purulente, che il Papa considera l'unico possibile per pacificare il mondo. Come al mattino, nella messa con più di cinquecentomila persone lungo l'oceano, anche nel pomeriggio nel piccolo santuario bianco su cui svettano le bandiere blu dello Sri Lanka, davanti a circa 300mila persone, il Papa oggi ha parlato attraverso la preghiera, - presenti un gruppo di famiglie sia tamil che cingalesi duramente provate dalle ostilità - tenendo anche in mano per diversi minuti la statuetta della Vergine di Madhu.

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    Ciò non toglie che la sintonia provata nei confronti del neopresidente Sirisena - eletto a sorpresa anche dalle minoranze e da tutti gli srilankesi stanchi anche dei metodi arroganti del predecessore Rajapaksa e della incuranza di questi per i problemi di una vera pacificazione - possa sostenere anche la azione della Chiesa srilankese e della diplomazia del Papa, per questi obiettivi, che accomunano il piccolo e per molti lontano Sri Lanka ai grandi e ai piccoli di ogni angolo del pianeta. Papa Francesco neppure oggi ha rinunciato ai fuori programma, e ha visitato il monaco buddista Banagala Upatissa, che lo aveva invitato ieri, e ha incontrato i vescovi del Paese, ai quali ieri aveva cancellato un incontro conviviale.

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