Gian Guido Vecchi per il "Corriere della Sera"
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
«Terribile». Lontano dai microfoni, il Papa sosta davanti alla lapide che all'esterno ricorda il 16 ottobre 1943, il rastrellamento nazista del ghetto, «terribile», mormora, mentre ascolta la sorte dei 1.021 ebrei che finirono a Birkenau, lo sguardo fisso davanti a sé: tornarono in 17.
Quando riprenderà la richiesta di «perdono» della Chiesa per le «mancanze dei suoi figli e figlie» e per «tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dell'antisemitismo e dell'antigiudaismo», esclamerà: «Possano queste piaghe essere sanate per sempre!».
VINCENZO PAGLIAL'arrivo del Pontefice alla sinagoga di Roma, quasi ventiquattro anni dopo Giovanni Paolo II, non può che cominciare da lì. «Il silenzio dell'uomo non sfugge al giudizio» dirà più tardi, nel Tempio, il rabbino capo Riccardo Di Segni: e il giudizio è quello di Dio.
«Anche la Sede apostolica svolse un'azione di soccorso, spesso nascosta e discreta», alzerà lo sguardo Benedetto XVI mentre un sopravvissuto scuote la testa: ma anche Ratzinger non nomina Pacelli né parla del Papa, solo la «Sede» di San Pietro.
E in queste due frasi, insieme così nette e rispettose dell'altro, c'è tutto il senso della visita del Pontefice, scandita da applausi ripetuti, al Tempio di Roma. Le differenze sulla valutazione di Pio XII e il suo silenzio restano ma «il cammino di dialogo, fraternità e amicizia» è «irrevocabile», sillaba Benedetto XVI, cattolici ed ebrei «rimangono spesso sconosciuti l'uno all'altro» ma hanno responsabilità comuni di fronte alle «sfide del nostro tempo»: la pace nel mondo e il dovere biblico di «custodire il creato» e proteggere l'ambiente, ricordano sia il Pontefice sia il rabbino.
UN RABBI DE NOANTRI SIAMO TUTTI EBREI,GIANFRANCO FINIE ancora la difesa della vita, della dignità umana, la misericordia, «vivere la propria religione senza strumentalizzazione politica e senza farne strumento di odio», scandisce Di Segni, «testimoniare l'unico Dio» in un mondo che lo ritiene «superfluo» e si «fabbrica» falsi idoli, riflette Benedetto XVI. La visita «ha rasserenato il clima», sorride il rabbino capo. «La nuova stagione è solo agli inizi», dice il presidente degli ebrei italiani, Renzo Gattegna.
E certo l'attesa era grande, un silenzio perfetto ha accompagnato le prime parole di Benedetto XVI agli «amici e fratelli». Parole forti, a compimento degli innumerevoli interventi nell'ultimo anno. Il Papa ricorda l'impegno di Wojtyla per «superare ogni incomprensione e pregiudizio» e spiega: «Questa mia visita si inserisce nel cammino tracciato, per confermarlo e rafforzarlo». Parla della «stima e dell'affetto» che «il vescovo e la Chiesa di Roma, come pure l'intera Chiesa cattolica, nutrono per questa comunità e le comunità ebraiche nel mondo».
PAOLO GARIMBERTIRIOTTA VINCI E VESPASoprattutto torna sul Concilio Vaticano II, un punto decisivo, visto che l'auspicio di un'intesa con i lefebvriani- che lo contestano - aveva creato un po' di agitazione, tra gli ebrei: «Se le aperture del Concilio venissero messe in discussione, non ci sarebbe più possibilità di dialogo», aveva appena ricordato Di Segni. E il Papa: «La dottrina del Concilio» è «un punto fermo cui riferirsi costantemente nell'atteggiamento e nei rapporti con il popolo ebraico», il cammino iniziato con la dichiarazione Nostra Aetate «è irrevocabile».
La sinagoga è colma di autorità. Tra gli altri, ci sono il rabbino capo di Haifa, Shear Yashun Cohen, il rabbino David Rosen, i cardinali Bertone e Kasper, Fini e Schifani a rappresentare i vertici dello Stato, Gianni Letta per il governo. Ma soprattutto ci sono 15 sopravvissuti ad Auschwitz.
A loro vanno gli applausi più lunghi e commossi, Benedetto XVI si alza due volte a salutarli, levando le mani congiunte. Parla del «dramma singolare e sconvolgente della Shoah», mentre in sinagoga si mormora qualche dubbio sulla scelta dell'aggettivo «singolare» anziché «unico»: lo «sterminio del popolo dell'Alleanza di Mosè», che fu «sistematicamente programmato e realizzato sotto il dominio nazista».
JOSEPH RATZINGER TARCISO BERTONE SHAMEL RICCARDO DI SEGNI E RABBINO HAIFA SHEARRYASKUV HA KOHEN_3MAURO MASILa sinagoga applaude quando nomina i cattolici che «reagirono con coraggio» per salvare gli ebrei, e tace quando parla della «Sede apostolica». Prima, era stato Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana, a nominare Pio XII.
Parlando a fatica, la voce incrinata dal pianto: «Se sono qui in questo luogo sacro, è perché mio padre e mio zio trovarono rifugio nel Convento delle Suore di Santa Marta a Firenze. Non fu un caso isolato. Per questo, il silenzio di Pio XII di fronte alla Shoah duole ancora come un atto mancato». Alla fine, resta il canto «Ani Ma'amin» dei deportati. E la voce arrochita del Papa che legge in (ottimo) ebraico il Salmo 117: «La fedeltà del Signore dura per sempre».