Federico Geremicca per La Stampa
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
Il primo, Romano Prodi, non si vede in circolazione da una vita e ormai si limita a spedire al «suo» partito cartoline d'auguri talvolta da Bologna, tal altra dagli angoli più remoti del mondo (stavolta dal Sudan, pare).
ROSI BINDI MASSIMO D'ALEMAIl secondo, Walter Veltroni, primo e osannato segretario democratico, gira l'Italia presentando il suo libro (a Mestre, sabato, davanti a un migliaio di persone). E ieri ha preferito andarsene a Milano a chiacchierare in tv con Fabio Fazio. Il terzo, il professor Arturo Parisi, polemista di razza e ideologo delle «primarie all'italiana», se ne è rimasto in Emilia dopo aver letto una certa intervista di Massimo D'Alema. E il quarto, infine, Francesco Rutelli, co-fondatore del Pd assieme a Piero Fassino, è stato bloccato in casa da un'influenza che gli è parsa mandata da nostro Signore.
SARUBBI E TUADINon è che sia determinante, perché c'erano tutti gli altri, da Marini appunto a Fassino e da D'Alema a Letta: però un giorno, magari, qualcuno dovrebbe prendersi un po' di tempo e riflettere sul perché il Pd sembra diventato un partito che mangia i padri. Ne utilizza la spinta (Prodi e Veltroni), ne metabolizza le intuizioni e le scelte (Parisi e Rutelli) e poi, se proprio non li rottama, certo fa poco o nulla per continuare a farli sentire parte della famosa «ditta».
ROSI BINDI MASSIMO D'ALEMAE per altro, a giudicare da quel che s'è sentito ieri nell'affollatissima sala del Marriot, i parricidi non sono nemmeno finiti: perché la voglia di Dario Franceschini di sistemare come si deve un altro padre come Massimo D'Alema, è il «fatto» che ha lasciato il segno più profondo nella Convenzione.
Ognuno dei casi citati, naturalmente, fa storia a sé. Prodi disertò il Lingotto - e dopo la crisi di governo lasciò del tutto il campo - in polemica con Veltroni, «reo» di aver dato al Pd un profilo che portò alla fine del suo esecutivo; Veltroni, a sua volta, ha scelto il suo «aventino» fatto di romanzi e impegno civile in odio a Massimo D'Alema, colpevole di aver segato il ramo sul quale sedeva il segretario;
ROSI BINDI FRANCO MARINIArturo Parisi, invece, non ne poteva più da tempo, e dei tre sfidanti alle primarie dice che se la situazione è al punto in cui è, «provo imbarazzo a distinguere tra le responsabilità»; Francesco Rutelli, infine, è sempre più lontano dal Pd che pure fece nascere sciogliendo la Margherita, «perché non è un partito socialdemocratico quello che avevamo in testa».
Dunque, ognuno ha la sua storia, il suo percorso, le sue colpe e le sue ragioni. E però, prese tutte assieme, le «diserzioni» di ieri diventano un fatto politico e - forse - un caso: il caso di un nuovo partito che, nato per unire e fondere culture diverse, ad ogni curva perde un pezzo. E un pezzo nemmeno da poco, come dicono i nomi degli assenti.
ROSI BINDI E COLANINNOPer provare a capirsi: è come se Forza Italia e An si fossero fuse nel Pdl e, uno dopo l'altro, avessero perso leader del peso di Berlusconi, Fini, Tremonti e diciamo Alemanno... Non c'è, probabilmente, da farne un dramma: ma da ragionarci sopra e cercare una spiegazione, forse sì. A meno che non si intenda archiviare e spiegare il tutto, ricorrendo al pragmatismo superficiale - al cinismo - di certo modo di far politica: disertano perché hanno perso, sono dei presuntuosi che o fanno le star o non sanno mettersi al servizio del loro partito.
PIERO MARRAZZOPuò essere. Ma quanto è forte - e quanto, perfino, è eticamente rassicurante - un partito che mangia i padri come fossero brioches? E se due più due fa ancora quattro, che garanzia hanno gli elettori che, dopo le primarie, i leader sconfitti non abbandoneranno il campo e anzi davvero «chiunque vincerà, staremo tutti col segretario»?
Preoccupante, inoltre, è che non è che disertino leader cattolici piuttosto che laici, oppure ex comunisti o solo ex dc: il rigetto sembra non riguardare né provenienze né fede religiosa, diffondendosi trasversalmente.
Ecco: forse l'unico suggerimento che si può inviare allo stato maggiore dei democrati ora che si avviano verso le primarie, è non far sì che la consultazione degli elettori - per i toni, gli argomenti, e l'astio che li accompagna - getti le premesse per altre «diserzioni». Perché è vero, come dicevamo, che il Pd è un partito che per ora mangia i padri. Ma è altrettanto vero, come proverbio certifica, che tante volte l'appetito vien mangiando...