Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Mattia Brighenti per ''la Repubblica''
Perizoma, copricapezzoli di strass e morbidi boccoli che accarezzano le spalle. La vediamo uscire così dall' immensa coppa di champagne posizionata al centro del palco. È Albadoro Gala - al secolo Angelica Massafra - star italiana del new burlesque che La Verità ha incontrato a Roma in occasione del festival internazionale Caput Mundi da lei stesso fondato.
Chiacchierando dietro le quinte, tra boa di struzzo, vestaglie di seta, bustini pieni di lacci e ciglia finte, scopriamo che la seducente artista prima di diventare la regina dello spogliarello era una «lady di ferro», totalmente votata al business. Il motivo del cambiamento di vita, sei anni fa, è stato un terribile quanto singolare incidente.
Era andata per qualche giorno in Puglia, dai suoi genitori per staccare la spina dallo stress del lavoro...
«Da anni vivevo e lavoravo a Roma, ma cominciavo a sentirmi oppressa, il mio capo era molto rigido, ho conosciuto il lato feroce del business. Quando mi sono trovata a dover licenziare tante brave persone, il clima si era fatto davvero insostenibile».
Così si è concessa un po' di relax nel suo paesino natale?
«Lunghe passeggiate per riflettere. Ma un giorno, men tre camminavo nei vicoletti del centro storico, mi sono sentita chiamare da una signora anziana vestita di nero che stava pelando le patate sul ciglio della strada: "Alba doro, Albadoro!". Io risposi: "Non sono Albadoro, quello è il nome di mia madre", e assai infastidita tirai dritto».
Poi che cos' è accaduto?
«Ho sentito un rumore di passi spediti alle mie spalle e poi il vuoto. Mi sono risvegliata in ospedale senza ricordare nulla. Quella signora vestita di nero mi aveva accoltellato al petto con il pelapatate».
Una «fuori di testa»?
«No, si trattava di una vecchia amica di mia madre che in gioventù era innamorata di papà e nutriva da sempre un profondo rancore».
E poi, una volta guarita, è tornata a Roma con la convinzione di cambiare lavoro, di stravolgere la sua esistenza?
«Ero psicologicamente provata e non facevo altro che domandarmi se la mia vita di prima dell' incidente avesse o meno un senso, fantasticavo sui miei sogni di bambina con una certa nostalgia.
Avrei voluto fare la ballerina, ma a causa del seno troppo prosperoso, una quarta misura già a 12 anni, la mia famiglia mi fece rinunciare alle lezioni di danza. Per me fu una delusione pazzesca».
A quel punto, per un caso del destino, è stata fermata per strada da un autore televisivo che le ha proposto di partecipare a un reality sul burlesque. Lei però non aveva l' aria della femme fatale, o sbaglio?
«Ero un mezzo uomo: capelli legati, niente trucco, scarpe francesine e abito maschile.
Mi chiamavano pitbull al lavoro, eppure nel mio cuore c' era ancora quella bambina che sognava il palcoscenico.
Dunque decisi di accettare l' offerta».
Il suo datore di lavoro come la prese?
«Mi licenziò dopo la prima puntata del programma facendomi anche una telefo nata al vetriolo: "Sei la vergogna dell' azienda, hai mandato in fumo la tua carriera e anche la mia reputazione", alludendo alle maliziose performance televisive».
Forse avrà mandato in fumo la carriera da manager, ma non quella da stella del burlesque, perché dopo il programma ha spiccato il volo, no?
«Da lì ho inanellato un' esibizione dopo l' altra con cachet sbalorditivi, fino ad arrivare all' estero, negli Stati Uniti, invitata al grande festival di New York da Angie Pontani, icona mondiale del burlesque, che mi ha definita "sex bomb"».
In che cosa consiste un suo spettacolo, è diverso da uno spogliarello classico, è meno volgare?
«Se è vero che mi spoglio fino a rimanere con il perizoma e due piccoli adesivi glitterati sul seno, è ancor più vero che una brava artista del burlesque giocherà sempre e solo sul filo dell' allusione e farà dimenticare al pubblico di essere nuda, creando curiosità e divertimento. La tecnica con cui si costruiscono i numeri è basata su una sequenza di dettagli, anche minimi, che stimolano immagini inconsce nella mente di chi guarda, come se premessi un bottone nel cervello del pubblico».
Per esempio?
«Mi accarezzo il viso e «per caso» mi sfioro un labbro con un dito, indugio lasciando che la bocca si apra leggermente».
Capita però che qualche uomo la scambi per «disponibile» a un contatto ravvicinato, diciamo così?
«Raramente ho bisogno di spiegare la mia professione e se accadono episodi spiacevoli con qualche maschietto, so che sono frutto di ignoranza e non di una mia mancanza».
Si è mai sentita in imbarazzo durante un' esibizione?
«Quando in platea ho notato due genitori con il figlioletto di sei anni che indicandomi con il dito ha detto "Guarda mamma, la fatina!" e la anche la volta che è a vedermi venuto mio papà».
Che cosa si prova a essere guardate senza abiti da un' immensa platea?
backstage caput mundi burlesque (4)
«Penso sia un momento liberatorio, in cui ci si svincola dalle sovrastrutture e si è se stesse con la propria femminilità».
Per questo le donne comuni si avvicinano al burlesque attraverso corsi amatoriali, oppure lo fanno per essere più seduttive con mariti e fidanzati?
«Quelle che ho incontrato finora lo hanno fatto per ritagliarsi uno spazio segreto, per esprimere lati che altrimenti rimarrebbero repressi, con conseguenze anche spassosissime. Mi ricordo di un' allieva dalla taglia over che alla fine di un mio corso non vedeva l' ora di spogliarsi, quando all' inizio non aveva neppure il coraggio di specchiarsi».
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E il fattore peso e taglia non conta?
«Il bello del burlesque è che accetta canoni di bellezza molto diversi tra loro: dalla burrosa all' atletica, con una predilezione per i decolleté mediterranei, ma senza limiti rigidi».
Spogliarsi, dunque, è consigliato a una donna emancipata o si rischia di essere tacciate di esibizionismo fine a se stesso?
«Emancipazione vuole dire prima di tutto poter fare quello che si vuole senza l' obbligo di giustificarsi. E poi la seduzione è donna, fa parte della nostra natura. Forse il peggiore esibizionismo è quello di chi si infila nei panni del maschio per avere successo in un mestiere che in realtà non ama».
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