Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
1- QUANDO IL MUSEO È «MAXXI», ROMA DA BERNINI ALL'ARCHISTAR
Paolo Conti per "il Corriere della Sera"
Nicolai Ouroussoff della Architecture Review del New York Times cita Gian Lorenzo Bernini e prima ancora papa Urbano VIII che, scommette, «rimarrebbe estasiato di fronte al Maxxi, il nuovo museo di arte contemporanea... Uno dei principali patrocinatori culturali nella storia di Roma sapeva che le grandi città non possono restare immobilizzate nel tempo». Per questo, scrive, lasciò tutto lo spazio al grande Bernini al punto da far fondere i bronzi del Pantheon per realizzare il baldacchino di San Pietro.
Però: il Maxxi come un capolavoro barocco e Zaha Hadid come Bernini. Il neonato Museo nazionale delle arti del XXI secolo (150 milioni di euro di costo, aprirà a primavera con tre mostre su Gino de Dominicis, Luigi Moretti e Studio azzurro) non è ancora aperto ma già stupisce e scatena passioni polemiche. Roma, dopo il ventennio fascista e la ventata razionalista, è poco abituata all'architettura contemporanea.
ZAHA HADID000L'Auditorium di Renzo Piano e la discussa teca per l'Ara Pacis di Richard Meier fanno eccezione. La Nuvola di Massimiliano Fuksas è in costruzione all'Eur. Ma ora la novità è il megacontenitore di Zaha Hadid, nel cuore del quartiere Flaminio. La parola a chi lo ha già visto e analizzato. Achille Bonito Oliva curerà la mostra su de Dominicis: «È una scultura architettonica, una grande forma percorribile e tridimensionale caratterizzata dal temperamento di Zaha che tende ad assicurare autonomia al suo intervento. La funzionalità dello spazio? Si raggiungerà confrontandosi direttamente con i contenuti».
ZAHA HADID FRANCESCO RUTELLIE qui siamo al vero punto critico. C'è chi sostiene che l'indiscutibile imponenza del Maxxi sia «in sé» un'opera che potrebbe soffocare il contenuto, cioè quell'arte contemporanea che in Italia attendeva da anni il suo museo nazionale. Bonito Oliva: «Prima, col movimento moderno, il contenitore rispondeva alla funzione. Ora col postmoderno occorre una conciliazione tra le diverse istanze...».
Concorda Franco Purini, ordinario di Progettazione architettonica alla facoltà di Architettura «Valle Giulia» de La Sapienza: «La mia opinione è ampiamente positiva. All'inizio avevo qualche perplessità per il carattere effimero di un'architettura immaginata come 'opera fluida'. Invece, col cantiere e la conduzione del progetto, ha acquistato solidità e miracolosamente si è ambientata nel contesto. Il paragone col barocco non è così campato in aria. Da cittadino romano sono soddisfatto ». Ma inevitabilmente non tutti sono sulla lunghezza d'onda di Bonito Oliva, Purini e del critico del New York Times .
ZAHA HADID FRANCESCO RUTELLI BARBARA PALOMBELLIL'architetto Firouz Galdo (suo il restauro della sede romana della galleria di arte contemporanea Gagosian, in pieno centro, un piccolo contenitore ma più che neutro) divide il giudizio: «Sull'oggetto architettonico in sé nulla da dire, tanto di cappello. Detesto chi polemizza sui grandi oggetti architettonici contemporanei, fanno bene all'architettura e al dibattito. Ma sul Maxxi mi chiedo: gli artisti che esporranno avranno sufficiente libertà, in un contenitore così 'protagonista'? Lì l'opera c'è già, è il museo... forse, in questo caso, un piccolo passo indietro da parte dell'autore rispetto alle necessità della funzione, non ci sarebbe stato male».
VEDUTA INTERNA DEL MAXIChiedere un giudizio a un architetto su un altro architetto, indubbiamente, è come sollecitare il parere di un cuoco sulla pietanza di un collega. Ma stavolta Paolo Portoghesi, architetto e urbanista, non delude: «Come sempre l'Italia è in ritardo. Già ai tempi del Guggenheim di Bilbao di Frank Gehry si capì che è sbagliato investire tutti i soldi sull'oggetto architettonico quando mancheranno per comprare le opere».
UMBERTO CROPPI E MARIO RESCAMa il Maxxi le piace o no? «No, perché non esprime la sua funzione. L'edificio mi pare brutto all'esterno e interessante all'interno: ma come lo è uno snodo stradale. Un elemento dinamico senza un movimento diventa statico. Insomma, la Hadid è una straordinaria disegnatrice molto sopravvalutata come architetto. E le opere d'arte contemporanea? Io credo non si saprà dove e come metterle...».
TRACY ROBERTS CON STEFANO E PIERLUIGI TOTISe la polemica è il sale della cultura, il Maxxi avrà sapori forti. E gli artisti? Mimmo Paladino (uno dei principali protagonisti della Transavanguardia lanciata proprio da Bonito Oliva) non ha ancora visto il Maxxi («Sono al lavoro nel mio studio») ma sbotta: «Il paragone con Bernini è esagerato. Comunque non amo questa architettura gigantesca, non se ne può più di certi specchietti per le allodole. Sarebbe tempo che l'architettura se ne stesse un po' tranquilla». Parola d'artista...
TRABAJADORES DIETRO LE QUINTE2- PARLA ZAHA HADID, LA FIRMA DEL MAXXI, NUOVO MUSEO-ICONA...
Francesca Giuliani per "la Repubblica"
Fuggita via da un´ora e mezza di telecamere, flash, microfoni, siede in una sala bianca al primo piano. C´è un tavolo apparecchiato di bianco, una coca cola, i suoi due collaboratori più stretti. Zaha Hadid è "dentro" la sua creatura, il Maxxi, che si è aperto per tre giorni, in occasione del completamento della struttura architettonica.
VERSO L ATTOVAGLIAMENTOE´ la prima donna a vedere concretizzato il proprio immaginario in un´opera così imponente, la prima a firmare, nella città dei papi e degli imperatori, un edificio pubblico. Una impressionante creatura museo nella Roma dove sono nati i Musei Capitolini e i Vaticani.
SILVIA FENDI E FIGLIA DELPHINE DELLETREZCome si sente ad aver riportato un primato così straordinario?
«Sono felice di essere qui, oggi. Sono stata a Roma per la prima volta quando avevo dieci anni e ci sono tornata tante volte quando studiavo architettura a Londra perchè mio fratello viveva non lontano da qui, a Monte Mario: ho avuto modo di apprezzare a fondo la città. Quando poi, nel 1998, ho saputo del bando di concorso per un museo, ho voluto subito partecipare. Ma confesso che prima ho fatto una telefonata per essere sicura che non fosse uno scherzo».
Preferisce non sottolineare quindi una differenza di genere, nel giorno in cui ha raggiunto questo particolare traguardo?
«Io non penso mai "ho fatto bene" in quanto donna, anche se so quanto sia dura per le donne in generale, in ogni professione. Ricevo tantissime lettere di ragazze che vogliono occuparsi di architettura. Le incoraggio, tutte. Ma so che per loro è sempre un po´ più difficile».
Dieci anni di lavori. Ha mai dubitato che questo giorno sarebbe arrivato?
«Sono sempre stata molto ottimista. Ho pensato "magari ci vorrà un po´ di tempo, ma si farà"».
Il Maxxi di oggi è quello che aveva immaginato? Il progetto e la sua realizzazione corrispondono in maniera soddisfacente?
«Sì, direi di sì. Anche se c´è ancora molto da fare, edifici da completare, qui fuori. Però sì: è come il modello. E questo può essere positivo, o magari no. Certamente risulterà più animato dopo gli allestimenti. E anche le proporzioni avranno un diverso equilibrio».
C´è un artista che le piacerebbe vedere esposto qui?
«E´ un museo di arte contemporanea: dovrà essere di valore e livello riconosciuti. In Inghilterra abbiamo tanti artisti, anche giovani, molto interessanti. Dalla videoarte alla pittura alla grafica. E scultura soprattutto».
Artisti come Anish Kapoor, per esempio?
«Kapoor, certamente: è suo il medaglione che porto oggi al collo. Ma anche Damien Hirst o tanti altri straordinari».
Un consiglio ai curatori che utilizzeranno gli spazi?
«Questo è un "campus", uno spazio fluido, libero, in cui è fondamentale l´interazione tra interni ed esterni, dotato delle tecnologie più moderne. Chi allestirà mostre qui dentro potrà veramente divertirsi. E ogni tanto verrò ad assicurarmi che non facciano cose troppo strane».