Mattia Feltri per "La Stampa"
Foto di Umberto pizzi da Zagarolo
Che non avrà un capitolo nella storia delle agitazioni di piazza, lo si era capito dall'aria che tirava. Non tanto lì, dove comunque pioveva parecchio e c'era vento. Ma in tutta la città, sin dalla mattina, con i graduati del Popolo delle libertà convocati in vertici telefonici e incontri multilaterali per trovare la soluzione.
TUTTI ATTENTI!Quando il pleonastico sit-in stava per cominciare, i pezzi grossi erano tutti a Palazzo Grazioli, a casa di Silvio Berlusconi, per comunicargli l'esito del lavorio: «Pensaci tu!». E là, in piazza Farnese, dove gli attivisti e i simpatizzanti di Renata Polverini erano stati convocati alla manifestazione contro l'esclusione dalla gara delle liste del Pdl, non restava che scambiarsi istruzioni: «Aho, ma contro chi stamo a manifesta'?». Contro i radicali? Contro i giudici? Contro Napolitano? «Contro tutti quelli che nun ce fanno vota'».
Insomma, chiariti gli intenti programmatici si poteva cominciare, anche se stare sotto al palco e sotto al diluvio è sempre un grande impiccio, e perlomeno gli ombrelli aperti aiutavano il colpo d'occhio.
SOSTENITOREGià piazza Farnese è una piazzucola, quanto a dimensioni, e si è contato che ci fossero dalle mille alle duemila persone, il solito ottimista ne denunciava cinquemila, ed era comunque un capolavoro di sobrietà in tempi in cui mobilitazione non è se non si millanta il milione. E però, certo, era un'adunata messa in piedi in un paio di giorni, non c'era da aspettarsi chissà che, i militanti bravini si erano presentati con almeno due ore d'anticipo, e quando gli oratori hanno tentato di dare fuoco agli animi, gli animi erano già zuppi.
RENATA POLVERINIPoi, certo, la militanza è la militanza, ci si scuoteva, lo sventolio delle bandiere (berlusconiane, polveriniane, romane e romaniste del Popolo di Roma) era ininterrotto. Si intonava qualche coro («non mollare mai», «democrazia / democrazia»). Si battevano le mani e i piedi nonostante i furori sembrassero sopiti da superiori ragioni meteorologiche. Un anonimo dirigente locale, con un bel vocione adeguatissimo, si è messo a baritonare: «Ladri... di speranza. Ladri... di futuro. Ladri... di democrazia».
RENATA POLVERINIMa il grosso si era distratto, faceva capannelli, si attendeva che perlomeno arrivasse qualche big. «Grazie di sopportarci!», gridava Barbara Saltamartini dal palco, bravissima a correggere al volo l'imbarazzante refuso: «Volevo dire, grazie di supportarci». E' una giornata così, nata storta. La stessa Saltamartini, parlamentare eroica nella missione di tenere su gli astanti, aveva un crollo psicologico e finiva, elencando i relatori, col presentare se stessa: «Interverrà Barbara Saltamartini... Ehm, scusate, la Saltamartini sono io. Volevo dire Beatrice Lorenzin...».
RENATA POLVERINIAlla fine, però, i capoccioni sono arrivati e hanno parlato tutti, a cominciare da Fabrizio Cicchitto e per proseguire con Maurizio Gasparri, a dare un senso a questo strano pomeriggio. Il capogruppo del Pdl alla Camera a dire che lo Stato di diritto sarà ripristinato, il capogruppo del Pdl al Senato a dire che i cavilli non fanno democrazia. Interventi brevi, però, che c'era poco da dire, e semmai c'era da aspettare sera, l'incontro al Quirinale, la convocazione eccezionale del Consiglio dei ministri.
RENATA POLVERINIE così sembra che nella noia siano girati un paio di saluti romani - e qualcuno ne trarrà motivo di scandaletto - e se infine tutto sembrava perduto ci ha pensato la Polverini a regalare un brivido. Aveva detto il necessario: ci batteremo di qui e di là, i diritti sacrosanti, la libertà e la democrazia eccetera.
RENATA POLVERINIE continuava, fra uno slogan e l'altro, a ritirare fuori un bel paragone col mare - «voi non siete una piazza, siete il mare!», «voi non siete un popolo, siete il mare!» - e non si comprendeva dove volesse andare a sbattere finché, all'ultima metafora, si è svelata: «Voi siete il mare e dunque... Tutti insieme... Forza... Come può uno scoglio / arginare il mare / anche se non voglio / torno già a volare».
E tutti a fare oh-oh, sulle note di Battisti e da sottofondo a una Polverini in versione Filiberta. Alla fine lei li ha congedati, che poverelli non si schiodavano: «Andate a fare campagna elettorale che dobbiamo vincere». Hanno lasciato la piazza, verso calze asciutte.