Foto di Franco Cavassi per Dagospia
1 - È GIORNALISMO...
Da "Italia Oggi"
È stato consegnato l'altroieri a Sergio Romano il premio «È giornalismo», nel corso di una cerimonia tenutasi presso l'Hotel Four Seasons di Milano. La giuria era costituita da Giorgio Bocca, Curzio Maltese, Gianni Riotta e Gian Antonio Stella. «È come se ricevessi una laurea honoris causa in giornalismo», ha detto Romano, ricordando che ci sono due capitoli della sua vita rimasti in sospeso.
MINZOLINI«Feci dieci mesi di praticantato in un piccolo giornale del Piemonte che però chiuse. E così dovetti cercarmi un altro lavoro. In seguito mi iscrissi all'università a giurisprudenza.
Ma in contemporanea», ha raccontato Romano, «mi misi a lavorare e la laurea, mi mancavano solo tre esami, rimase nel cassetto. Quest'ultimo capitolo l'ho chiuso poi ricevendo una laurea honoris causa. E oggi, con questo riconoscimento, chiudo anche quello che era rimasto in sospeso nella mia attività giornalistica».
2 - METTI UN GIORNO A PRANZO, IL SOCIALISTA ANARCHICO BOCCA E IL BORGHESE LIBERALE ROMANO...
Francesco Briglia per Vanity Fair
A sentire «il Bocca», come lo chiama affettuosamente la moglie Silvia, «non è che ci fosse molta scelta, a meno di premiare delle scamorze. O Romano, o Romano. Perché, in un giornalismo decaduto, un giornalista vero è diventato una rarità. E lui è di gran lunga il migliore: un giornalista indipendente, onesto e bravo».
Michelle tra i PelatiMa chissà se si aspettava che sarebbe finita così, con «l'ambasciatore Romano» (come lo chiamano tutti, per via dei suoi trascorsi diplomatici) seduto accanto a lui, a casa sua, a impartirgli amichevoli lezioni di tecno-ottimismo, dal basso dei suoi 80 anni.
L'occasione è appunto l'assegnazione a Sergio Romano, editorialista del Corriere della Sera e di Panorama, dell'annuale premio È Giornalismo, fondato 15 anni fa dall'imprenditore Giancarlo Aneri, con lo stesso Bocca, Biagi e Montanelli (oggi sostituiti in giuria da Curzio Maltese, Gianni Riotta e Gian Antonio Stella).
MASSOBRIOLa cerimonia è prevista per il 24 marzo, ma Aneri, che del premio è l'anima e di giornalismo si nutre, non ha saputo resistere alla tentazione di togliersi un piccolo sfizio personale: mettere faccia a faccia «il grande socialista anarchico e il grande borghese liberale». Il premiante e il premiato. E dunque eccoci qua, a casa Bocca, un bell'appartamento su due piani, in una tranquilla via privata dietro Santa Maria delle Grazie, a Milano.
MalteseAMBASCIATOR NON PORTA PENNA
L'appuntamento è per le 12.45, venerdì 12 marzo. Ad accoglierci, un intenso profumo di pesce (moscardini con verdure preparati da due premurose cameriere, scoprirò poi) e un Bocca perfettamente a proprio agio nei suoi 90 anni ad agosto. Indossa un cardigan da montagna aperto su camicia rosa, mentre l'ambasciatore, che in taxi ha confessato di amare Radio Popolare («Mi fanno sempre domande intelligenti») e odiare Roma («Dopo un anno sono scappato a Milano, perché avevo bisogno di un sano decoro borghese»), è in giacca di tweed e occhiali Bulgari.
Bocca sorride ma non favella. E a rompere il ghiaccio pensa dunque la moglie (Silvia Giacomoni, genovese, una ventina d'anni più giovane, anche lei a lungo giornalista di Repubblica): «Allora, Ambasciatore, come sta? Sa che leggo sempre la sua posta, sul Corriere? Per me è una cosa bizzarra, ma mi piace».
Romano: «Pensi che riceviamo 11 mila lettere al mese. Niente carta e penna, tutte email. Un lavoro che mi ha disciplinato e che mi sta assorbendo del tutto. Poi, dipende anche dal tasso di rabbia degli italiani».
Bocca: «Ce n'è così tanta, di rabbia, che ormai a me scrivono solo dei pazzi, gente che non ragiona».
Giacomoni: «C'è anche da dire che il Corriere è un giornale a cui si scrive di più, a Repubblica meno».
Romano: «Beh, però Corrado Augias, con la sua rubrica, è bravo, no?».
Bocca: «Sì, bravo... Un po' fru fru».
Giacomoni: «Bene: che dite, cominciamo?».
CARO BOCCA, LEI È DISPERATO
«Il Bocca» siede a capotavola, Romano alla sua destra, Aneri alla sua sinistra, con accanto la signora. Il tavolo è lo stesso dove, esattamente 10 anni fa, Montanelli partecipò all'ultima riunione dei giurati dell'È Giornalismo, tormentato dal gatto Michelino, ormai defunto, «al punto da volerlo strozzare».
Adesso ne hanno altri tre: Chiara e Valle, da Chiaravalle, e poi Sofia, arrivata insieme alla nuova cameriera moldava con accento russo, che a Bocca ogni volta «pare di sentire Breznev» - Leonid, il segretario del Partito comunista sovietico, l'uomo che ordinò l'invasione della Cecoslovacchia e quella dell'Afghanistan.
grandi venetiA un certo punto, davanti a un piatto di ravioli di ricotta e spinaci e a una bottiglia di vino rosso (per Bocca, «l'unica cosa veramente buona che esiste al mondo»), l'ambasciatore Romano, garbatamente, la butta lì: «Arrivando, dicevo che conosco le sue idee, ho letto i suoi libri (l'ultimo, Annus Horribilis, è un ritratto amaro e sconsolato dell'Italia "ladra e corrotta", ndr). E vorrei dirle che lei è disperato. Come Piero Ottone. Non è il Paese che volevate e ora siete disperati».
Bocca: «Perché sembrava che l'Italia potesse diventare una vera nazione. E invece ci ritroviamo senza più nemmeno una pubblica opinione. Leggi i giornali ed è un continuo bordello».
Hunziker AneriRomano: «Io ho sempre avuto meno speranze. Dall'estero, la fragilità del sistema politico e della società italiana è sempre stata chiara. Basta cambiare punto di osservazione. L'Italia era bellissima, vista da Mosca».
I DIECI FIDANZATI DEL CORRIERE
Primo giro di barbaresco, e arrivano i moscardini. La conversazione si fa più spigliata, e Bocca e Romano passano a darsi del tu. Si finisce a parlare dei fatti delle ultime settimane, protagonista il Tg1 di Augusto Minzolini.
Romano: «A me sorprende piuttosto che trattino il Papa come fosse un re. Se fa un appello per la pace in Nigeria, quella non può essere una notizia».
Bocca: «È una Gazzetta Ufficiale, e pretende anche di essere un vero telegiornale».
Romano: «Essere giornalista di Murdoch non deve essere tanto comodo neanche quello, no?».
Bocca: «Però sono molto professionisti. Il Tg di Sky è il migliore».
Romano: «Mi chiedo come facciano certi giornalisti a rivendicare indipendenza, in un Paese in cui il 90% dei giornali ha un proprietario interessato a dettare la linea. È chiaro che di certe cose non si può scrivere».
Bocca: «Stamattina leggevo del nuovo consiglio d'amministrazione del Corriere: ci sono tutti i grandi capitalisti italiani...».
Romano: «Almeno sono tanti. Come dicono le premurose madri americane alle loro figlie: meglio uscire con due ragazzi che con uno. È questo il vantaggio del Corriere: siamo una fidanzata con 8-10 ragazzi».
POVERI GIORNALISTI
Siamo al caffè. Romano chiede se può accendere il sigaro. E Bocca si lamenta. Non per il fumo, ma perché stamattina gli è arrivato «un altro libro di Marco Travaglio». E lui si è «seccato. Beh, basta: non puoi fare un libro ogni 5 giorni. C'è troppa ingordigia».
Romano: «La popolarità è una droga. E poi, in Italia, troppi giornalisti vogliono essere anche letterati».
Bocca: «Tutti i giornali, in generale, sono molto peggiorati. A Repubblica, per esempio, nessuno corregge più niente. E guarda anche questo nuovo quotidiano, Il Fatto: aveva una grande occasione, un po' come Repubblica degli anni d'oro. E invece è tutta poltiglia: ha sposato il pettegolezzo e l'ha fatto diventare giornalismo».
FeltriAMARCORD
Bocca chiede ad Aneri un ultimo goccio di vino. Ma la bottiglia è andata. E scatta l'amarcord.
Romano: «L'ultima volta ci siamo visti alla presentazione di un libro di Terzani. Sarà vent'anni fa, ricordi?».
Bocca: «Sì. Tu eri alla mia sinistra. E avevi già scritto tutto, preso appunti. Mi sono detto: bravissimo questo qua».
Aneri: «Lei, Ambasciatore, conosceva Montanelli e Biagi?».
Romano: «Biagi l'ho visto a qualche Festival di Venezia e durante qualche suo viaggio all'estero. Montanelli invece lo vedevo spesso».
Bocca: «Una cara persona».
Romano: «Cattivo quanto ci vuole».
Bocca: «Cattivo così così. Ma aveva il dono della battuta. Tu, Romano, sei diversissimo da lui, no? Semmai assomigli un po' a Ronchey, un giornalismo razionale».
Romano: «Da ingegnere...?».
IL FUTURO È GIÀ QUI
La signora va a chiamare un taxi per l'ambasciatore, che tra poco ha un'intervista con una Tv svizzera. Ma la conversazione ferve, e Romano mette in tavola un nuovo argomento: «Io credo ci sia anche nervosismo, tra i giornalisti della carta stampata, perché sentono che la loro professione è a rischio estinzione. Con Internet».
Bocca: «Io Internet non lo uso. Semmai, attraverso il mio segretario».
Romano: «Il futuro è lì. E anche le televisioni sono a rischio, come dimostra l'esperimento di Mentana Condicio, un talk show su Internet per aggirare i divieti in Tv».
Bocca: «Con tutta questa tecnologia, mi pare ci sia un'involuzione verso il peggio».
Romano: «Per i blog, vale quello che diceva un mio amico sovietico a proposito di Gorbaciov: "È come una pepita: c'è un po' d'oro, ma quante scorie". Ora siamo nella fase dell'irresponsabilità, necessaria per rompere e liberare gli schemi. Ma prima o poi verrà il tempo delle regole anche per l'informazione su Internet, e le leggi sulla diffamazione varranno anche lì».
Bocca: «Bah, non so tu, ma io ho la sensazione di essere sorpassato, di essere di un'altra epoca».
Romano: «Io no: corro dietro, cerco di tenere il passo. Mi diverte l'idea che siamo andati oltre».
P.S. Nella piccola via privata dove c'è casa Bocca - chiusa con cancelli ai due lati, affacciati su due diverse perpendicolari - fino a qualche anno fa vigeva una regola non scritta, ma ferrea. Destino, infatti, aveva voluto che ci abitasse anche Vittorio Feltri, attuale direttore del Giornale e da sempre grande nemico di Bocca (sua ultima dichiarazione, a Gramellini della Stampa: «Di Feltri non penso niente, perché mi fa paura»). E dunque i due si erano tacitamente accordati: uno esce di qua e l'altro esce di là. Bocca al cancello est, Feltri al cancello ovest.
Per rispetto delle consuetudini, con Aneri e l'ambasciatore Romano siamo entrati e usciti da est.