Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
"Io Siamo" Passera,Veltroni,Malagò e Latella al Circolo Aniene
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
1. MARCO TRAVAGLIO E PIPPO CIVATI PRESENTANO INSIEME IL LIBRO CONTRO MATTEO RENZI
La minoranza Pd prepara l'agguato a Matteo Renzi. Il segretario dem non è mai stato digerito dalla sinistra del Nazareno, nè tanto meno è stato digerito il patto col Cav per le riforme. Così per il premier e segretario del partito continua la guerra interna le mura amiche. Ma dopo aver minacciato scissioni e voti contrari in Parlamento sulla legge elettorale e sulla riforma del lavoro, adesso la minoranza dem sposta il terreno di battaglia in libreria. In questi giorni approda sugli scaffali un libro edito da Chiarelettere dal titolo "Matteo Renzi, la vera storia". L'autore è Davide Vecchi, ma la prefazione è firmata da Marco Travaglio. Marco Manetta più volte sul Fatto Quotidiano ha criticato il premier e ora lo fa direttamente prestando la sua firma ad un volume che di certo farà discutere molto.
davide vecchi alessandra sardoni marco travaglio
FUOCO AMICO - Ma la vera novità è che a fare uno spot al libro che dovrebbe "smascherare" Matteo ci pensa un suo compagno di partito, Pippo Civati. In una libreria romana proprio Civati insieme a Travaglio ha presentato il libro di Vecchi. Un colpo basso per il premier che si vede ancora una volta pugnalato alle spalle da un uomo del suo partito.
"Berlusconi considera Matteo Renzi il suo unico erede: populista, bugiardo e gattopardesco. Quanto basta", dice nella prefazione del volume il giornalista del Fatto Quotidiano. "Tutto in dieci anni. Da anonimo segretario fiorentino della Margherita a presidente del Consiglio", si legge invece sulla scheda dell'evento, "Questo libro racconta la vera storia di Matteo Renzi. La storia degli accordi, dei compromessi e di tutto ciò che muove la sua macchina politica".
2. #LOSTINVELTRONI, AL CIRCOLO CANOTTIERI ANIENE L’ITALIA (P)UNICA
Boris Sollazzo per www.giornalettismo.it
Coppe, trofei di ogni tipo, ma soprattutto coppe. Nel mobile più scrauso ci sono medaglie antiche, o almeno così sembra. È il Circolo Canottieri Aniene, per loro corre una collega, Federica Pellegrini. L’avete mai vista? Un’extraterrestre, lei, lo è di sicuro. No, non come me. Lei ha pure i superpoteri.
Non divaghiamo, piuttosto. Non ero mai entrato in questo strano posto. Credo che il direttore mi abbia spedito qui perché pregustava già il mio disagio in tutto quel lusso, sorrideva sotto i baffi mentre immaginava l’essere peggio vestito di tutto l’universo (il sottoscritto) a questa parata di umani ricchi e agghindati. D’altronde sono abituato a grotte marziane e crateri lunari.
In ogni caso, il sospetto che vengano tutti da un altro pianeta ce l’ho subito. Di sicuro più ricco del mio. Bel posto, sia chiaro. Per dire, la sala in cui si presenta il libro di Corrado Passera, Io siamo, non ha le sedie per i convenuti. Non solo, almeno. Ha divani e poltrone. Roberta Maggio, infine, non c’è e ormai quest’assenza sta diventando sospetta: qualcuno ci sta tenendo lontani di proposito.
Si parte. C’è il presidente dell’Aniene e del Coni, Giovanni Malagò, che fa gli onori di casa introdotto da Maria Latella. Sono già disorientato dall’inizio, questa volta, dall’ambiente. Ma mi fa paura il fatto che lei trovi visionario e piacevole che Corrado Passera, l’invitato d’onore, l’autore del libro e ultimo grande discesista in campo, abbia usato una metafora per il paese, fatto di smottamenti e simili. Ride lei, ridono tutti del disastro idrogeologico di questi giorni. Era funzionale all’introduzione dell’autore, quindi va bene così.
Rabbrividiamo, brrr.
Le prossime sfide dell’Italia. Così si chiama l’incontro. Pare che Gianni Letta abbia intanto perso la sua: Berlusconi, preoccupato che Passera possa scippargli voti, ha impedito al suo fido sodale di intervenire. Non lo facevo così pessimista, Silvio. Io ero convinto fosse Enrico e già ero pronto a chiamare Chi l’ha visto, perché ormai nessuno lo vede da mesi. Al massimo appare a qualche fedele, ma nulla di più. Ora inizia a sparire anche lo zio, visto che il grande vecchio dietro Silvio ormai è Verdini. O tempora, o mores.
Le prossime sfide dell’Italia. Così si chiama l’incontro. Più che da una sfida, però, il pubblico sembra uscito da una guerra. Punica, almeno, vista l’età media. Mentre Malagò si vanta che lì all’Aniene trovi la Pellegrini come la 90enne che fa fisioterapia, in acqua e a secco, io questa sera vedo solo il secondo modello. Corrado Passera, con Io Siamo, è sceso in campo. Ma stia attento: di questa platea potrà usufruire come elettorato solo in caso di elezioni anticipate. Al 2018 ci arriverà una qualificata minoranza dei presenti. Forse.
Le prossime sfide dell’Italia. Una, Passera, l’ha già affrontata: presentare il suo libro, per due volte in due settimane, con Flavio Tosi. Che sembra un miracolo maggiore di quello che gli è riuscito con Poste (chi mi ospita sulla Terra, mi ha raccontato leggende straordinarie su cosa fossero prima). Ma la verità è che il nostro, forse, rende se chi ha accanto non ha troppo carisma. Anche perché lui sarà intelligente e abile – anzi, lo è -, ma ha il carisma di un Bersani di centro. Mentre gli altri due ne hanno da vendere.
Le prossime sfide dell’Italia. Ecco, a proposito di sfide: Giovanni Malagò è romanista, Walter Veltroni juventino. Corrado Passera ha pubblicato per Rizzoli. Ora, io non voglio dire nulla. Se non, forse, rigore. No, non quello della Merkel. Rigore per la Juventus.
Si comincia. Malagò parla di tutto in questa serata. Obesità giovanile, scuola, olimpiadi invernali, Charles Manson e l’Ilva. Problemi, speranze e serial killer, insomma. Sembra che a scendere in campo sia lui, non Passera: chissà, forse è cominciata la campagna elettorale all’Aniene. O il Coni lancerà un OPA sul paese.
corrado passera giovanna salza e la nonnina
Poi getta nel panico le prime file. Confessa il suo amore per Veltroni, dicendo «che avrò anche amici con cui magari vado a cena o in barca, ma lui è nel mio cuore e ne ho una stima infinita. Merita tutto, nessuno può fare qualsiasi cosa meglio di lui». C’è chi si chiede se le cene dei cretini di Malagò siano quelle in cui è stato recentemente invitato.
Passera parla di… momento, che la sapevo. Ah sì, di… Momento, dai, recupero su twitter qualche battuta. Ah, nessuno faceva “live twitting”. Nessuno forse sapeva neanche cos’era un social. Giuro, però, che ho seguito. Ma quello che ha detto è sparito in un attimo. Un leader incisivo quanto il nome del suo movimento. Italia punica. Pardon, unica.
E poi c’è Walter. Che ancora un po’ si sente sindaco di Roma e si risente, e lo dice, quando l’autore parla di Roma cinica. Che monta su una metafora del mondo fondata sul correttore dell’iPhone che fa diventare sa sto arrivando. La conoscenza con l’urgenza di fare, di arrivare.
Ti racconta storie normali di ragazzi eccezionali, dice la parola Africa alla seconda frase, pensi che come presidente della Repubblica ti piacerebbe. Di sicuro, ti manca tanto come sindaco di Roma, anche se magari l’hai criticato a suo tempo. Ma quando c’era lui, i sindaci arrivavano in orario. Lo senti parlare e pensi che Alemanno e Marino dopo Veltroni è stato lo stesso trauma per la Capitale che ha avuto il Napoli passando da Maradona a Montezine e Beto. Con tutto il rispetto per i due brasiliani, che almeno qualcosa di buono lì lo fecero.
Passera getta nel panico l’uditorio. Dopo un’ora abbondante di interventi dei tre, dice «siamo solo all’inizio». C’è chi già prova a simulare un malore. La Latella se ne accorge e chiama l’ultima domanda. Malagò e Passera dicono che il passaggio da imprenditore di successo a civil servant è traumatico ma necessario. Veltroni dice che lui ha fatto il contrario. Ci credono pochissimo gli astanti, ma lui che spera nel Colle non lo direbbe neanche sotto tortura.
Finito. Non ci sono domande. Sì, ora Passera è diventato un politico. Gli piace ascoltarsi, ma non confrontarsi con il suo elettorato. Ottimo. Ho fame, la cosa non mi dispiace. A Veltroni quello vicino a me vuol chiedere quale sarà il suo prossimo film, a margine della presentazione. Uno, vicino a me, con la voce alla Walter Finocchiaro di Compagni di Scuola dice “Natale ar Quirinale”. L’alieno si ricorda di Veltroni nell’Aula Magna del Tasso. Quando ancora non diceva “ma anche”. O forse sì. Nostalgia canaglia. Avevamo entrambi meno capelli bianchi.
Come sempre ci ho capito poco. Come sempre, dalla Leopolda al Frentani di Rizzo, passando per lo streaming del Pd e l’Aniene, nessuno sembra davvero conoscere il paese. Ma tutti sembrano conoscersi tra loro. Però ho deciso, pedinerò Veltroni. Scusa Renzi, scusa Rizzo. Sul nostro pianeta siamo volubili, ora ho un nuovo mito.
3. BERTINOTTI CON IL CARDINAL FISICHELLA: "IL DIALOGO CON I CATTOLICI È UNA NECESSITÀ STORICA"
Massimo Nardi per www.zenit.org
carlo e marina ripa di meana e andrea
Al di là della notorietà del personaggio, per lunghi anni protagonista della scena sindacale e politica, quello di Fausto Bertinotti può definirsi un percorso emblematico. Punto d’approdo di una generazione che – negli anni ’60 – visse d’ideali laici nutriti di marxismo, e che, dopo la sconfitta storica del socialismo, reinterpreta oggi quegli ideali alla luce della dottrina sociale della Chiesa.
Questo il senso del libro-intervista Sempre daccapo (sottotitolo: Globalizzazione, socialismo, cristianesimo), cofirmato da Fausto Bertinotti e don Roberto Donadoni, direttore di Marcianum Press, editrice del volume.
bruno pisaturo isabella gherardi sandra verusio
Il libro, che reca una prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi, è stato presentato a Roma il 19 novembre presso l’Aula Magna della LUMSA, con la partecipazione degli autori e gli interventi di mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e del parlamentare europeo Sergio Cofferati.
Seguendo il classico iter del lettore che, prima d’acquistare un libro, guarda la quarta di copertina, riportiamo due frasi – pubblicate, appunto, in quarta di copertina – che stabiliscono una ideale correlazione tra Fausto Bertinotti e Papa Francesco (che poi, a ben vedere, costituisce il leitmotiv di questa originale opera saggistica).
carlo ripa di meana fausto bertinotti marina ripa di meana
Bertinotti: “La sfida di Papa Francesco è un’evidente testimonianza di fede che, in questo ordine mondiale, esprime in totale autonomia la denuncia non solo dei mali del mondo, ma anche delle cause che hanno generato un sistema economico che fa del denaro il proprio idolo”.
Papa Francesco: “Che cosa possiamo dire di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei? È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro!”.
fausto bertinotti rino fisichella sergio cofferati
Sulla base di questa premessa, ecco i punti di vista emersi nel corso della presentazione.
“Non entrerò nelle questioni interpretative e politiche trattate nella prima parte del libro”, ha spiegato mons. Fisichella. “L’ambito di mia pertinenza si rivolge all’importanza del dialogo e alle domande di senso che emergono da queste pagine. Sono pagine che provocano una serie di domande per il credente… e la fede ha bisogno d’interrogarsi”. A tale proposito, l’arcivescovo ha citato Sant’Agostino: “La fede, se non è pensata, è nulla”.
fisichella cofferati bertinotti saluta carlo ripa di meana
“In questo libro – ha continuato mons. Fisichella – ho individuato più elementi di condivisione: il primato della coscienza, che per noi cattolici si pone sempre in rapporto a Dio; la dignità della persona e i pericoli che la minacciano; la posizione critica sull’ideologia della competitività e della concorrenza, dove la persona è ridotta alla stregua di merce…”.
L’alto prelato si è quindi soffermato sulle problematiche legate allo sviluppo di Internet. La Rete non è un semplice strumento bensì un’autentica cultura, nella misura in cui modifica il linguaggio e, di conseguenza, i comportamenti dell’uomo. Alcuni medici americani ritengono che, col tempo, l’uso di Internet potrebbe addirittura modificare la struttura del cervello. Il cambiamento epocale in atto non è stato ancora approfondito a sufficienza, e nemmeno i rischi che ne derivano, primo fra tutti la scomposizione della società in un agglomerato di persone. “È un problema che accomuna credenti e non credenti – ha concluso il presule – ma che riguarda soprattutto noi cattolici, che facciamo della comunità il centro del nostro agire”.
invitati alla presentazione libro di fausto bertinotti
È stata poi la volta di Sergio Cofferati, che non si è detto sorpreso dell’interesse religioso manifestato da Bertinotti, al quale va riconosciuto “lo sforzo di comprendere senza steccati”, partendo del particolare per arrivare al generale: un atteggiamento culturale che oggi si è perso.
lella bertinotti marina ripa di meana
Cofferati ha quindi affrontato i nodi problematici del nostro tempo. “Il fordismo era un processo duro ma semplice da interpretare. Quel modello oggi non c’è più, sostituito da un modello di rete meno facilmente interpretabile”. Questo ha fatto sì che il cambiamento in atto venga percepito ma non governato: i vecchi partiti erano luoghi di acculturazione, i nuovi partiti non lo sono più. Il veloce cambiamento del lavoro ha comportato la caduta verticale dei diritti delle persone: “Una società dove i diritti vengono messi in discussione è una società che perde di valore”. Con la conseguenza che, nella drammaticità di questa crisi, le due grandi culture a sfondo sociale e religioso sono destinate a convergere.
Il libro di Bertinotti – ha detto infine il parlamentare europeo – mette un punto fermo a un pezzo di storia ma, per fortuna, lascia una conclusione aperta.
L’ultimo intervento è stato quello dell’autore, Fausto Bertinotti, che ha ringraziato don Roberto Donadoni per il rapporto collaborativo che ha consentito la stesura dell’opera. “I temi trattati in questo libro – ha detto Bertinotti – mi hanno accompagnato per tutta la vita politica. Ma vi sono anche domande che toccano l’intimo esistenziale e che non sempre emergono nell’agone politico…”.
“La nostra generazione – ha continuato l’ex presidente della Camera – è stata fortemente investita dal Concilio Vaticano II, ponendo le premesse di un dialogo che è proseguito con i movimenti pacifisti e che è diventato oggi una necessità storica. Perché siamo di fronte al rischio di una catastrofe: la perdita della dimensione di società. Oggi la società non è niente e l’economia è tutto: una tappa dell’alienazione e della mercificazione finora sconosciuta. Con il rischio di una mutazione antropologica dell’umanità”.
Quindi Bertinotti ha definito questo stato di cose come una conseguenza della “storia grande e terribile del ‘900”. La sconfitta storica delle politiche che cercavano di liberare l’uomo dallo sfruttamento ha fatto sì che si creasse “un nuovo sistema capitalistico fondato sulla disuguaglianza”. Le parole di Papa Francesco sulla “terza guerra mondiale” sono drammaticamente profetiche.
“La modernità, con tutte le sue contraddizioni – ha detto ancora Bertinotti – non aveva come esito una società autoritaria basata sulla mercificazione dei rapporti”. Il marxismo e il cristianesimo hanno in comune l’idea di rivolgersi a tutti e non solo alle élite. Questo stato di cose ripropone l’importanza e la necessità del dialogo: le culture sconfitte devono riprendere la discussione daccapo (da cui il titolo del libro: Sempre daccapo).
marina rita di meana lella bertinotti e sergio cofferati
L’auspicio finale di Bertinotti si sostanzia quindi in un atteggiamento di drammatica consapevolezza ma, al tempo stesso, di sfida rinnovata. Che guarda alla costruzione di un dialogo fra gli “eredi sconfitti del mondo operaio e del mondo cattolico”. Perché i “vinti giusti” hanno perso la battaglia ma, nel perderla, hanno posto “il seme della rinascita”.