Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
ALAIN ELKANN - Copyright Pizzi1 - GARIMBERTI ALLA CORTE DI MITTERRAND JR...
Frederic Mitterrand si impone come "maitre a penser" di Roma cultual. C'erano solo "vip laureati" nella "sua" villa Medici, a Roma, per partecipare alla prima giornata di dialogo sul tema della crisi: il presidente della Rai Paolo Garimberti col ciuffo laccato a penzoloni, il regista di tutti noi Ettore Scola, il prossimo single Alain Elkann, Ernesto Galli della Loggia, Piero Melograni, Giuliano Ferrara più il fratello Giorgio, Gaetano Quagliariello, una coppia delle meraviglie di carta formata Alessandro Baricco e Susanna Tamaro, monsignor Bruno Forte. Con l'innamorato Bondi che ha approfittato dei giardini della villa per passeggiare (mano nella mano) con l'onorevole PDL Manuela Repetti, mentre Scola sceglieva le sale nelle quali esporre alcuni suoi disegni.
La Tamaro stringeva la mano a monsignor Forte, esclamando "Finalmente la conosco! E' la prima volta", per poi sedersi a fianco del ministro. Garimberti si metteva in posa su una sedia per l'immancabile foto di rito (chi non lo aveva mai visto di persona diceva: "Quanto è piccolo! Per questo va bene a Berlusconi"). Melograni proponeva gli "stati generali della cultura", mentre si discuteva sulle tesi di André Glucksman, favorevole alla crisi. Nell'aria una domanda: "Dov'è Carlà?"
2 - PENSARE LA CRISI TRA ITALIA E FRANCIA E SCOPRIRLA PIÙ SIMPATICA DEL PREVISTO
Da "Il Foglio"
Alla fine scopriremo che non tutte le crisi vengono per nuocere, e comunque non quella in corso: è questa l'aria che tira tra i partecipanti al convegno di due giorni (si intitola "Pensare la crisi", si è aperto ieri e si concluderà stamattina), organizzato dall'Accademia di Francia e dal ministero per i Beni culturali. Un'occasione di confronto sull'asse Roma-Parigi, tra importanti intellettuali, scrittori, registi e giornalisti delle due nazioni "cugine", aperta ieri dal ministro Bondi e dal ministro del Budget francese Eric Woerth, il quale ha subito precisato che il suo ruolo è di dare soluzioni concrete alle emergenze della crisi, più che "pensarla".
ALESSANDRO BARICCO E SUSANNA TAMARRO - Copyright PizziI trenta relatori convenuti hanno parlato di lotta alla deregulation, di un nuovo patto di coesione sociale, di rinnovamento nelle modalità di gestione del potere economico e politico. E se lo storico Ernesto Galli della Loggia ha fatto un "elogio del populismo", che oggi evidenzia le insufficienze delle società democratiche e le chiusure delle oligarchie, il sociologo Giuseppe De Rita ha spiegato perché la "verticalizzazione" del potere, ovvero la classica risposta alle crisi (così è stato dopo il '29 e dopo le due guerre del Novecento), oggi non è più sufficiente. Va riequilibrata, visto che i tradizionali vertici (economici, in particolare) soffrono di unacrisi (appunto) di autorevolezza forse senza precedenti.
De Rita ha anche spiegato perché una nazione come l'Italia (caratterizzata da piccola impresa, lavoro nero e maggioranza di case di proprietà) risenta meno di altre della negatività del momento. Un momento che promette di durare a lungo, nell'analisi dello storico ed editorialista Alexandre Adler, il quale vede nell'America il motore primo della crisi.
Il senatore del Pdl Gaetano Quagliarello invita a riflettere sulla ricerca di soluzioni non ideologiche e non conformiste, mentre il filosofo André Glucksmann nota come "pensare la crisi" sia una tautologia - la parola "crisi" già significa, nella sua radice greca, pensiero - e invita a non pensarla necessariamente come un fatto patologico, ma come l'occasione per considerare le cose a lungo termine. Il capitalismo è sempre stato in crisi, dice Glucksmann, "e per questo ‘piaceva' a Marx, che contava sulla sua crisi definitiva".
ALESSANDRO BARICCO - Copyright PizziOggi siamo costernati dall'idea di cinquanta milioni di disoccupati, "ed è evidente che si tratta di una prospettiva che va evitata con ogni mezzo. Ma non dobbiamo dimenticare che negli ultimi trent'anni un miliardo di persone - in India, in Cina - sono state raggiunte dalla globalizzazione, e questo oggi consente di poter sperare in un futuro migliore per i loro figli".
Il vero problema e la radice della crisi, ha aggiunto il filosofo, sta nell'esserci illusi sulla "morte del diavolo". Vuol dire che "non abbiamo tenuto conto della cattiveria degli altri, che ci siamo illusi su una condivisione del rischio, che non abbiamo capito come la volontà di nuocere esista anche nel capitalismo, non soltanto nel terrorismo. C'è il kamikaze che per esistere ammazza e si ammazza, e c'è il dirigente d'azienda che prova piacere a distruggere le aziende degli altri".
"C'è in giro una certa simpatia per la crisi", scherza lo storico dell'arte Flavio Caroli. A proposito delle ripercussioni della crisi sul mondo dell'arte dice che "qualcosa doveva accadere, dovevano sgonfiarsi i fenomeni speculativi cresciuti negli ultimi quindici anni". Il suo collega francese Jean Claire parla di una crisi dell'arte che è crisi della cultura "slegata dal culto".
La speculazione nell'arte assomiglia a una profanazione, dice, e ha la stessa qualità: per questo l'arte produce tutt'al più divertimento, non idee. Il filosofo Bernard-Henri Lévy usa il terremoto abruzzese come paradigma della crisi mondiale (veloce nella distruzione, selettivo negli obiettivi, gravido di pericoli mafiosi, dice Lévy citando Saviano).
ALESSANDRO BARICCO - Copyright PizziMentre per la scrittrice Susanna Tamaro la radice di questa crisi è da cercare nelle due grandi ferite belliche del secolo passato, di cui siamo ancora tutti figli, nipoti e bisnipoti, e nelle risposte alienanti e distruttive (degli uomini e delle loro antiche relazioni) che hanno svuotato la parola e annichilito la capacità di comunicare. Tornare al Decalogo, dice, è allora la strada maestra per "risanare il nostro tempo".