Roma piange al CalifFuneral
1. CHIESA GREMITA PER I FUNERALI DEL CALIFFO
Lastampa.it
La pioggia non ha fermato i tanti fan di Franco Califano che questa mattina hanno voluto portare il loro ultimo saluto al «Califfo», nella Chiesa degli artisti di piazza del Popolo. Non solo romani sono accorsi a salutare per l'ultima volta l'artista che ha cantato Roma e le donne, ma anche appassionati della sua musica venuti da tutta Italia. «Ora senza te tutto il resto è noia. Grazie maestro» recitava uno striscione tenuto da un gruppetto di fan.
Tutto esaurito ormai nella piccola chiesa, al di fuori della quale il servizio d'ordine e le transenne hanno dovuto contenere la folla sotto una pioggia battente. Tanti anche gli amici e gli artisti che gli hanno portato un ultimo saluto, da Renato Zero a Enrico Brignano a Edoardo Vianello. In piazza anche uno striscione dei 'Boys Roma' dell'Inter, squadra di calcio di cui il "Califfo" era tifoso.
Il 21 aprile, giorno del Natale di Roma, il cantante sarà ricordato con un concerto-tributo in una piazza della capitale. A confermare le due iniziative è stato il sindaco di Roma Gianni Alemanno subito dopo i funerali dell'artista. «Il comune di Roma - ha spiegato Alemanno - ha proposto che una piazza sia a disposizione di tutti gli amici di Califano, e dei suoi colleghi artisti, perché possano cantare le sue canzoni o recitare una poesia.
Questo sarà il modo migliore per festeggiare il Natale di Roma». Per quanto riguarda la via a lui dedicata, il sindaco ha detto: «Lui amava molto la Garbatella, speriamo di trovare una via che possa intitolare a suo nome perché quello era il luogo dove lui voleva andare a vivere».
Per Alemanno, «è scomparso un grande poeta di questa città, che ci ha insegnato una grande umanità e un grande amore per Roma. Era una persona fuori dalle righe, nulla di corretto, nulla di preciso, ma era un grande poeta. Penso che non ci sia un romano che non si senta almeno un po' Califano, che non l'abbia invidiato per il suo successo con le donne. Il Califfo, nonostante fosse una persona controversa, era profondamente amato e meritava questo amore».
2. QUANDO IL CALIFFO SEDUCEVA. SENZA RIMPIANTI
Giovanna Cavalli per "Il Corriere della Sera"
Il Califfo, se la prescelta meritava, sapeva anche aspettare. «Veniva a trovarmi a casa mia, a Genova, con un mazzo di rose per la mamma. Poi ci mettevamo in macchina, sotto il portone, con lei che ci sorvegliava dal balcone», racconta Marina Occhiena, l'ex bionda dei Ricchi e Poveri, con cui Franco si cimentò in un lungo e (a lungo) inconcludente corteggiamento. «E certo, visto che io avevo 17 anni e lui 29 ed era l'estate del 1967».
Tony SperandeoSi erano conosciuti ad un'audizione milanese. «Ci presentammo alla casa discografica Carosello, eravamo quattro squattrinati, con i panini, il coltello e il salame nel portabagagli di uno scassone». Il direttore artistico era Califano, li trovò niente male, gli scelse anche il nome d'arte, li caricò sulla Oldsmobile decappottabile, se li portò al Cantagiro e Marina anche altrove. «L'ho fatto aspettare un bel po', anche se era davvero bello, bello che pure le pietre si giravano a guardarlo. Gelosa no, non gli chiedevo mai dov'era stato quando non era con me». Non solo fiori.
Tony Sperandeo intervistato«Una notte, saranno state le tre, tornavamo da un locale, una banda di ragazzotti ubriachi ci infastidì. Lasciala perdere, nonno, questa è troppo bella per te». Capirai. «Franco si tolse la giacca. Quante botte che gli ha dato, ma tante».
Me innamoro de te, sennò che vita è. Dopo di che avanti un'altra, era la dura legge del Califfo. «Sa perché l'ho lasciato? Perché fumava a letto come un pazzo e non ne potevo più di essere affumicata, io che non toccavo una sigaretta, ma proprio non riusciva a resistere» racconta la pirotecnica Patrizia De Blanck, che comincia dalla fine.
Sveva Belviso sotto la pioggia«Ci conoscemmo allo Scacco Matto di piazza del Popolo, avevo trent'anni, lui mi chiamava Contessa mia, era bellissimo e dannato, però gli piaceva poco la mondanità e i posti che frequentavo io, tipo Montecarlo».
Natalino e Guglielmo Giovannelli MarconiImpresentabile? «No, non erano per lui. Parlava romanesco, ma era un signore». A farla capitolare furono due fette di cocomero. «Era notte fonda, mi venne voglia di anguria, ci fermammo ad un baracchino per strada, Franco ne prese due fette. Il tizio dormiva sodo, avrebbe potuto andarsene senza pagare. E invece no. Non ci si approfitta di chi lavora, mi disse, e gli lasciò i soldi sul banco».
Un anno o giù di lì. «Andammo a Parigi. Quando era con me, era con me, quando era via, non mi ponevo il problema se fosse solo o no. Prima che me lo chieda: sì, a letto ci sapeva fare, parecchio».
L'amore che non scordi è sempre l'ultimo, ti resta dentro finché non volti pagina. «Ogni mattina trovavo sul cuscino un biglietto o una lettera, potevano essere fogli di tre pagine pieni di parole d'amore o anche biglietti con su scritto svegliami domani» ricorda Vanessa Heffer («Per me scrisse Bimba mia») che gli fu accanto per quattro anni, lei 18, lui 50. «Le donne impazzivano, le attirava come una calamita» giura Rino Barillari, storico paparazzo romano. «Non ci provava mai, gli si buttavano addosso loro. Milleccinque? Ma de che, ne ha colpite molte di più».
Max TortoraSenza sforzamme già te vojo bene, spero che duri 'n pò de settimane.